La personale di Claudia Losi allestita presso la Rocca Roveresca di Senigallia “affonda le proprie radici nel passato – come sottolinea il curatore Leonardo Regano – perché dà corpo a una ricerca iniziata da Losi già durante gli studi intrapresi presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna”.
Nel corso degli ultimi due anni, tale ricerca si è ulteriormente sviluppata attraverso una serie di esperienze che hanno portato l’artista a interfacciarsi con diverse realtà italiane ed estere: dal NTU – Centre for Contemporary Art di Singapore, con un workshop dedicato alle differenti declinazioni semantiche del concetto di luogo naturale (febbraio 2021), all’Hansen House Center of Design, Media and Technology di Gerusalemme, il quale, oltre a un workshop organizzato dalla Bezalel Academy of Arts and Design, ha ospitato anche una performance e una serie di lavori dell’artista (novembre – dicembre 2021), fino al workshop dedicato agli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Urbino (dicembre 2021) e all’incontro con i ricercatori del CIMeC – Centro Interdipartimentale Mente/Cervello dell’Università di Trento e Rovereto (febbraio 2022), ai quali Losi ha descritto i diversi aspetti legati al progetto.
Quest’ultimo ha aggiunto un tassello importante all’intero percorso di ricerca, in quanto ha affinato ancor più il carattere scientifico che già lo contraddistingueva – l’artista, infatti, non ha mai rinunciato a prenderlo in considerazione nella creazione dei propri lavori. Così, l’analisi dei rapporti tra l’uomo e l’ambiente in cui vive, filtrati dai diversi idiomi con i quali il primo comunica, ha portato all’approfondimento del significato di “luogo naturale, espressione che in sé – spiega Losi – già contiene due concetti piuttosto complessi, rappresentati, per l’appunto, dai termini ‘luogo’ e ‘naturale’”. Oltre alle esperienze vissute a Singapore e a Gerusalemme – territori nei quali l’accezione di luogo naturale assume valenze diametralmente opposte, alimentate, nel primo caso, da impulsi avveniristici e per certi versi paradossali, e, nel secondo, da condizioni sociali e geopolitiche alquanto complicate – determinanti nell’elaborazione delle sue riflessioni sono stati alcuni viaggi effettuati nelle Ebridi Esterne della Scozia, e, in particolare, nell’arcipelago di Saint Kilda: un luogo unico ed estremo, caratterizzato da una straordinaria biodiversità marina, spopolatosi negli anni Trenta, ma frequentato fin dall’Età del Bronzo – classificato come patrimonio mondiale dall’UNESCO, attualmente è occupato stagionalmente da un gruppo di volontari del National Trust for Scotland e da una base militare.
Impressione dopo impressione, confronto dopo confronto, la stratificazione dei diversi momenti è andata condensandosi proprio in Oltre il giardino (2022), lavoro di 15 metri realizzato con la collaborazione del centro di ricerca sul tessile Lottozero di Prato e dell’azienda Aròmata di Pistoia, il quale funge da pellicola cinematografica dell’intero progetto: una sorta di racconto verbale e, allo stesso tempo, visivo, che, nel raccogliere interpretazioni personali sul significato di luogo naturale, espone, in realtà, l’idea universale di ciò che si nasconde dietro tale espressione – al suo interno, meticolosamente ricalcate dall’artista, troviamo le diverse riposte fornite alla domanda annunciata in partenza, declinate nelle forme del disegno e della scrittura.
La grande opera, tuttavia, non è che l’ultimo atto di un’avventura iniziata più di un decennio fa – il sito www.beingthereoltreilgiardino.com ne ricorda le tappe principali – il cui cammino è ben descritto dalle altre opere esposte per l’occasione: la scultura della serie Ossi (2019) richiama alla mente il Balena Project avviato nel 2004 e confluito nel libro d’artista The Whale Theory (2021), contenente riflessioni sull’immaginario connesso al grande cetaceo e sulle relative implicazioni storiche e naturalistiche; la fotografia Marmagne (1999 – 2000) appartiene a una serie di dieci esemplari realizzati durante la perlustrazione di un impianto di allevamento di trote abbandonato, nel centro della Francia, il cui stato induce a riflettere sugli effetti antropici prodotti nell’ambiente, e sulla forza dirompente di quest’ultimo, in grado di rigenerarsi sempre da un momento all’altro; l’installazione Cose che sono cose (2015), infine, riporta alla mostra How do I imagine being there? organizzata nel 2016 presso la Collezione Maramotti di Reggio Emilia, altro step fondamentale della costruzione dell’intero progetto.
Being There. Oltre il giardino non solo ci pone, dunque, davanti al complesso equilibrio che ci unisce al mondo naturale, così variegato e suscettibile di differenti interpretazioni, ma ci spinge anche a fare i conti con l’elemento tempo, che dalla genesi di tutte le cose continua a scandirne incessantemente ogni fase, e con ciò che concerne la prosecuzione della nostra esistenza, legata tanto al caldo terreno della certezza, quanto al fresco vento dell’immaginazione. Non a caso, nell’intento di proseguire il cammino sulla medesima strada, Losi suggerisce altri dilemmi ai quali provare a dare una risposta, ossia “in che misura un luogo è descritto dalla geologia, dalla geografia, dalla storia, e in che misura è invece immaginato?”, oppure“cosa significa pensare e sentire un luogo?” e “come possiamo cercare di ‘abitare’, prendendo una posizione, in questo grande sistema interrelato che è il mondo?”. Quesiti ai quali non è facile rispondere, ma per i quali è utile rifletterci su.
Claudia Losi – Being There. Oltre il giardino
A cura di Leonardo Regano
Progetto realizzato grazie al sostegno di Italian Council (IX edizione, 2020)
Dal 4 giugno 2022 al 25 settembre 2022
Rocca Roveresca, Senigallia, Piazza del Duca 2
