Può l’arte emancipare la mente dalle forme oppressive della società in cui viviamo? I – We – Yes, titolo della mostra inaugurata da studioconcreto a Lecce, sembra rispondere proprio a questo quesito. Nonostante derivi dai suggerimenti che appaiono sullo schermo prima di formulare un sms in inglese – e dunque risulti evidentemente carica di no-sense – la locuzione rispecchia perfettamente il pensiero e la poetica che animano Claire Fontaine, artista/collettivo nato a Parigi nel 2004, protagonista della personale in questione.
Difficile inquadrare la natura di questa entità artistica: dietro Claire Fontaine vi sono Fulvia Carnevale e James Thornhill, che in un’intervista dell’anno scorso hanno dichiarato essere dei semplici “assistenti” di questa “artista concettuale, femminista” – come si legge dal sito ufficiale. D’altro canto risulta ben chiaro il fine ultimo del suo lavoro, che attraverso una pungente ironia punta a dissacrare l’intero sistema nel quale siamo immersi. Né un duo, né un’artista, dunque, ma una vera e propria prassi che si concretizza unicamente nell’unione delle loro esperienze.
Per I – We – Yes, aperta il 15 luglio 2020 e visitabile fino al 15 settembre 2020, Claire Fontaine ha deciso di ribadire il proprio pensiero circa la situazione globale che stiamo vivendo attraverso una serie di serigrafie realizzate su carta di giornale, materiale che ritroviamo anche nell’installazione che si estende lungo l’intero pavimento dello spazio, e una scultura a parete. Untitled (On vous intoxique), Untitled (Retour à la normale) e Untitled (I – We – Yes), tutte del 2018, sfruttano vecchi fogli di giornale per riaccendere lo spirito di ribellione che caratterizzò l’occupazione dell’Accademia di Belle Arti di Parigi nel 1968: immagini tratte da manifesti dell’epoca servono in questo caso a smascherare gli schemi precostituiti della comunicazione attuale, la quale invade ormai ogni sfera della nostra esistenza, mettendoci allo stesso tempo in guardia dall’inevitabile sottomissione che silenziosamente esercitano. Newsfloor (Il Manifesto), intervento site-specific ideato nel 2020 che muta in base allo spazio in cui si trova, prosegue idealmente il discorso delle serigrafie trasportandolo però sulle pagine di quotidiani recenti: i drammi dell’oggi sono ancora al centro del dibattito, e forse non è un caso se si è costretti a calpestarli, dissacrandoli insieme all’auraticità dell’opera d’arte.
A chiudere il cerchio è Passe-partout (Palermo) (2018-20) dedicata alla città nella quale Claire Fontaine risiede da tre anni: la scultura costituisce uno strumento per accedere a luoghi impossibili, inesplorati, e per aprire al contempo una breccia nella presunta inaccessibilità concettuale/contenutistica dell’opera d’arte.
In occasione dell’inaugurazione, Claire Fontaine – rappresentata dalla sola Fulvia Carnevale – ha tenuto una lecture che ha inaugurato il ciclo intitolato Performance di parola tra gesto e architettura promosso da studioconcreto. Partendo dal concetto di “studio”, indagato a fondo e nella sua piena totalità, l’artista è passata a evidenziare le perplessità che caratterizzano l’odierna comunicazione umana, filtrata dai social e dalle piattaforme di incontro, per arrivare a formulare una nuova idea di cooperazione sociale la cui riuscita passerebbe necessariamente dalla messa in pratica del cosiddetto “sciopero umano” – termine coniato dalla stessa Claire Fontaine – strumento che permetterebbe la definitiva emancipazione dell’uomo da ogni forma di negazione della libertà.
Parafrasando le parole dell’artista, non si tratta soltanto di scendere in piazza a manifestare, magari anche in maniera irruente e decisa: si tratta, piuttosto, di assumere un atteggiamento che modifichi radicalmente il proprio essere rispetto a ciò che si era prima, prendendo definitivamente coscienza di noi stessi e delle nostre capacità di autodeterminazione. E l’unico modo per penetrare tutti gli aspetti della vita umana – sociale, economico, lavorativo, politico, artistico – è quello di cooperare tutti insieme, superando le individualità che il capitalismo impone e promuove. I – We – Yes, dunque: questa la risposta che, da suggerimento prodotto da un algoritmo informatico, diviene l’unica soluzione possibile. Se Claire Fontaine non è un duo, bensì un’unica entità artistica, allora tutto questo non è un’utopia, ma qualcosa di strettamente necessario.
Claire Fontaine – I – We – Yes
studioconcreto, Lecce, via Francesco Ribezzo 5-3
Dal 15 luglio 2020 al 15 settembre 2020
studioconcreto.net