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CASE CHIUSE: una ricognizione sugli spazi segreti di Paola Clerico

Il mondo dell’arte è intimamente diviso: da un lato i contesti classificano il partecipante, musei per gli artisti e fiere per i galleristi, rendendone quindi la frequentazione necessaria, pena l’esclusione, dall’altro questi ambienti preposti, alienati e alienanti, stancano. Hong Kong, Basilea, New York, Parigi, Milano, Bruxelles: ovunque ci sia l’evento la fauna del settore si […]

Il mondo dell’arte è intimamente diviso: da un lato i contesti classificano il partecipante, musei per gli artisti e fiere per i galleristi, rendendone quindi la frequentazione necessaria, pena l’esclusione, dall’altro questi ambienti preposti, alienati e alienanti, stancano. Hong Kong, Basilea, New York, Parigi, Milano, Bruxelles: ovunque ci sia l’evento la fauna del settore si riunisce, quasi immemore di dove si trovi, perché questi contesti sono intercambiabili. Si chiacchiera, si commenta superficialmente attenti a non criticare niente e nessuno, si posta con tanto di posizione per testimoniare che “io c’ero” (possibilmente all’opening).
Forse anche per questo germogliano sempre più spesso alternative atte a ripristinare modi più intimi di lavorare, possibilità di interazioni concrete, scambi artista-curatore-pubblico, volutamente destituitesi dal main stream.
Case Chiuse è in questo senso una reazione, un progetto nato nel 2014. Mostre organizzate secondo un calendario flessibile in spazi privati altrimenti inaccessibili, case, laboratori, officine, sotterranei e giardini con l’obiettivo di “incontrare arte in un contesto diverso”, come spiega l’ideatrice Paola Clerico. Il titolo provocatorio allude all’idea di intimo e destinato a pochi, qualcosa che si svolge in luoghi generalmente inaccessibili, poiché privati. Ogni appuntamento di Case Chiuse è accompagnato da un testo, che va a sostituire il comunicato stampa; lo scritto, a volte firmato da Paola Clerico altre volte da curatori coinvolti, non contiene indicazioni pratiche, ma piuttosto una chiave di lettura di come si è lavorato e dello spirito che ha accompagnato la mostra: in questo articolo, nella sintesi dedicata a ciascun appuntamento, ne è stato riportato uno stralcio.

Case Chiuse 06 - Tamara Henderson - Ph Henrik Blomqvist
Case Chiuse 06 – Tamara Henderson – Ph Henrik Blomqvist

CaseChiuse #06 | Laboratorio Francesco Russo – via Giuseppe Bruschetti 1, Milano | 2018
TAMARA HENDERSON
attorno CARLA ACCARDI

Tra i tantissimi appuntamenti che hanno affollato l’agenda della settimana dell’arte milanese 2018, Tamara Henderson attorno Carla Accardi è stato una pregevole chicca, settimo appuntamento del progetto Case Chiuse.
Dopo lo screening in versione digitale alla Tate Modern di Londra Seasons End: Out of Body, definito da Andrea Lissoni, autore del testo d’accompagnamento, “il più splendente manifesto” della poetica dell’artista canadese, è stato proiettato al Laboratorio Francesco Russo per la prima volta in 16mm. Seasons Ends:Out of Body è una sorta di diario di quella che potremmo definire la “saga” Seasons Ends ed è stato girato dall’’artista durante gli ultimi due anni di lavoro e di viaggi. Nel film gli elementi sono performativamente assemblati in modo quasi ritualistico, seguendo una partitura concepita in maniera scrupolosa, così come per l’ubicazione nello spazio espositivo che sembra organizzato per una cerimonia.  Il film, introdotto da un set di tende, dipinti e disegni che appaiono come personaggi fuoriusciti dalla pellicola, invita lo spettatore a scivolare da una stanza all’altra in “un insolito film espanso”.
L’approccio della Henderson si fonda sull’alterazione di oggetti di uso quotidiano innestati in immaginari onirici, oscillazioni tra regni spirituali che attivano un linguaggio visivo poetico e personalissimo.

Un film è una macchina sentimentale. Assolutamente personale e necessariamente collettivo, un film motiva, eccita, strugge, devasta, cuce relazioni nomadi che si intessono, si sfilacciano, si tessono di nuovo ad ogni fase di riprese, per poi perdersi ed eventualmente riformarsi in arcipelaghi, ricostituirsi solo temporaneamente ed altrove. Inoltre, accoglie proiezioni, fantasmi, ospiti potenziali per cameo inaspettati.

Case chiuse 5
Case chiuse 5

CaseChiuse #05 | Elettrauto – piazza Carlo Emanuele II, detta Carlina 21, Torino | 2017
A CONSTRUCTED WORLD
IF YOU DON’T WANT TO WORK WITH US WE’LL WORK WITH YOU

Innestato nello spazio di una vecchia officina elettrauto, questo lavoro del duo australiano è basato sull’inclusione di più soggetti nella pratica artistica e volto a ripristinare la reciprocità tra artista e collezionista. A Constructed World, in linea con la ricerca pregressa imperniata sulle forme di relazione con il pubblico, offrono ai collezionisti interessati un vero e proprio contratto che permetta uno scambio tra artisti e collezionisti non solo su base economica, ma anche di conoscenza.

Il progetto prevede il reclutamento di collezionisti che acquisiscano le opere d’arte, multipli, lavori d’archivio, documenti e pubblicazioni di A Constructed World. Sono disponibili due posizioni distinte: una per collezionisti emergenti e l’altra per collezionisti affermati. Le relative descrizioni delle mansioni delineano le esigenze specifiche, le conoscenze e gli impegni richiesti per adempiere a questi ruoli, per cui i candidati di successo potranno presentarsi o come partecipanti o come collaboratori.

CaseChiuse 04 - Gabriele de Santis - Credit Henrik Blomqvist
CaseChiuse 04 – Gabriele de Santis – Credit Henrik Blomqvist

CaseChiuse #04 | Casa Vautrin/Vudafieri – via Melzo 5, Milano | 2017
GABRIELE DE SANTIS

Avvalendosi dell’ironia che contraddistingue il suo operare, Gabriele De Santis indaga l’iconografia del presente, manipolandone linguaggio e simboli e pensando l’arte “come uno strumento romantico di decifrazione dell’era contemporanea”, come dichiara lui stesso. La sua Casa Chiusa è quindi un enigmatico tripudio di colori fluo e ricontestualizzazione di texture standardizzate.

Il pappagallo invaderà il cortile e gli spazi domestici in un gioco di scambio tra atmosfere, climi e linguaggi. La comunicazione, la bellezza, l’ironia, la capacità di parlare senza riflettere, l’atto della ripetizione e dell’imitazione, tutte caratteristiche di questo volatile, sono prese in prestito dall’artista, assunte come metafora del presente.

Case Chiuse 03 - Vascellari - Ph. Matteo Girole
Case Chiuse 03 – Vascellari – Ph. Matteo Girole

CaseChiuse #03| Casa Bonacossa – via Necchi 14, Milano | 2016
NICO VASCELLARI 

Durante le sue passeggiate, Nico Vascellari incontra una serie di animali morti, che raccoglie e assurge a simboli dell’eternità, rendendoli bronzei al fine di una riflessione sui riti sepolcrali. Le sue creature abitano Case Chiuse #03, episodio necessariamente allestito in uno spazio esterno, un giardino privato nel cuore della vecchia Milano, cortocircuito tra ambiente naturale e ambiente domestico. Questo zoo inanimato – raggiungibile attraversando un corridoio di foglie secche, quasi fosse un cammino iniziatico da dover inevitabilmente percorrere – è illuminato da tutte le lampade di Casa Bonacossa portate all’esterno da lunghe prolunghe e appese al grande albero centrale.

La naturalità dell’animale è come congelata, o meglio, sospesa in un tempo non definibile, ma straordinariamente connessa con qualcosa di intraducibilmente originario, primigenio, come i resti di Ercolano e Pompei. In questi lavori si condensa l’energia generatrice propria della natura e il moto continuo dell’evoluzione.

Case Chiuse 02 - ph. Matteo Girola
Case Chiuse 02 – ph. Matteo Girola

CaseChiuse #02|Ex-casa Cipelletti – via Anfiteatro 9, Milano | 2015
ALDO MONDINO / TAREK ABBAR

In un minuscolo appartamento milanese, nonché ex bordello usato nell’800 dalle milizie francesi, ha luogo il terzo appuntamento di Case Chiuse che vede il dialogo tra le mappe anatomiche di Mondino e i disegni di Abbar, artisti dalle poetiche formalmente differenti le cui opere riescono però a compenetrarsi proficuamente attraverso fantasia e sguardo “altro”. L’approccio fantastico è potenziato dal racconto scritto appositamente da Federico Florian sull’incontro tra Abbar e Mondino in via Anfiteatro.

Le opere di Aldo Mondino e di Tarek Abbar, seppur formalmente molto diverse, s’incontrano e si compenetrano in via Anfiteatro nei comuni presupposti concettuali che sottendono le loro rispettive ricerche: la seria e profonda osservazione della realtà; l’amore per il viaggio inteso come ricerca dell’altrove; l’impegno politico stemperato dall’approccio ludico e dalla sottile ironia; lo sguardo puro che accoglie lo stupore e la meraviglia – tutto ciò che, sintetizzando, può essere definito come arricchimento attraverso l’immaginazione

Case Chiuse 01 - ph. Matteo Girola
Case Chiuse 01 – ph. Matteo Girola

CaseChiuse #01 | Garage Soccol – via Giulio Cesare Procaccini 29, Milano | 2015
ROBERTO CODA ZABETTA / CARLO VALSECCHI

Mille metri quadri sotterranei per far dialogare l’opera di un pittore, Coda Zabetta, e di un fotografo, Carlo Valsecchi, contraddistinti da una comunione d’intenti, ovvero il superamento di direttive conoscitive canoniche, ma anche da approcci formali ben distinti. Le astrazioni materiche di Coda Zabetta si intrecciano agli scatti limpidi di Valsecchi, originando una coreografia suggestiva.

La nostra mostra non ha titolo, ne ho pensati molti, ma li ho esclusi tutti. Quello che ho abbandonato più a malincuore è stato “pas de deux”: un termine a me caro, che nel balletto definisce l’esecuzione di una sequenza di passi a due. L’immagine di due danzatori che procedono sincronicamente avrebbe potuto raffigurare e sintetizzare con precisione la reciprocità di metodo e di ricerca artistica dell’incontro tra Roberto Coda Zabetta e Carlo Valsecchi

Case Chiuse 00 - Nick Devereux - Ph Simona Cupoli
Case Chiuse 00 – Nick Devereux – Ph Simona Cupoli

CaseChiuse #00 | Casa Clerico – via del Bollo 5, Milano | 2014
NICK DEVEREUX

I lavori di Nick Devereux – disegni, collages, pitture – sono sintesi tra figurazione e astrazione: sculture create da oggetti ritrovati, brani di tessuto e pezzi di vetro alle quali la sua tecnica trasformistica infonde attraverso la pittura una vita insospettata. Il suo è un lavoro incentrato sulle possibilità dello sguardo e la percezione umana. Nel progetto pilota di Case Chiuse, l’artista si cimenta in un’impresa romantica e assurda: la ricostruzione del Flakturm Friedrichshain distrutto a Berlino alla fine della Seconda Guerra Mondiale, uno dei maggiori disastri artistici della storia contemporanea. Avvalendosi delle fotografie in bianco e nero delle opere, Devereux crea con collage e disegni la prima tappa di una versione compressa del suo contenuto.

Il progetto si struttura così: ho archiviato le fotografie originali in una serie di categorie legate al soggetto e alla composizione, poi le ho riassemblate in dei collage. Questi conservano alcuni aspetti delle tele originali, ma offuscano e nascondono le immagini e ciò che i quadri originali rappresentavano. Diventano successivamente diorama scultorei da cui dipingo le grandi tele.