Siamo ormai abituati a visitare mostre organizzate in spazi che in passato venivano considerati non convenzionali: case private, luoghi abbandonati, negozi, supermercati. Ma a quando si può far risalire l’esigenza di esporre in contesti diversi da quelli tradizionalmente deputati?
Secondo Giulio Carlo Argan, un primo tentativo può essere rappresentato dalla mostra d’esordio del gruppo impressionista, allestita presso lo studio del fotografo Nadar, in Boulevard des Capucines a Parigi, nel 1874: esempio non solo di rifiuto nei confronti dei luoghi fino a quel momento ritenuti adatti a organizzare un’esposizione ufficiale, ma anche di un primigenio esercizio di curatela – si pensa sia stato Camille Pissarro a metterlo in atto in maniera preponderante.
Non sappiamo se Paul Gauguin visitò quella mostra – aveva ventisei anni e frequentava l’Académie Colarossi, sulla riva opposta della Senna – ma, di certo, la bi-personale che riunisce per la prima volta opere di Chiara Camoni e Luca Bertolo, il cui titolo si ispira proprio a uno dei lavori più famosi dell’artista parigino, costituisce un altro esempio di come l’arte possa vivere in spazi diversi da quelli abitualmente utilizzati. D’altronde, per chi si fosse avventurato a Bologna in questi giorni, avrà notato la presenza di iniziative simili: penso alle personali Cave Canem e Meshwork di Daniele Cabri e Veronica Montanino, la prima allestita presso lo Studio Legale Iusgate – organizzata da Studio Cenacchi Arte Contemporanea e accompagnata dal testo critico di Maria Chiara Wang – la seconda, presso le sedi dell’azienda Zefyro e dello Studio Legale e Tributario Silaw in Palazzo Hercolani, curata da Manuela Valentini e Olivia Spatola; oppure alla bi-personale Nella schiena e un desiderio di Stefano W. Pasquini e Tolemaide, a cura di Anna Rosa Callegari e organizzata presso lo studio di consulenza legale e fiscale Ferri & Associati.
1897. Dove andiamo?, mostra di Camoni e Bertolo che presenta opere appartenenti agli ultimi anni della loro ricerca,è promossa e organizzata, invece, dallo Studio Spada Partners, associazione di consulenza tributaria, finanziaria e societaria avente sede anche a Milano (quella principale) e a Roma, grazie alla collaborazione con lo SpazioA di Pistoia e a un’idea della curatrice e docente Rischa Paterlini. La realtà diretta da Roberto Spada non è del tutto estranea, in effetti, alle vicende dell’arte contemporanea, dal momento che proprio quest’ultimo possiede una notevole collezione di opere video, fotografiche, installative, pittoriche e scultoree – Richard Mosse, Shirin Neshat, Kiki Smith, Luigi Ontani, Charles Avery sono solo alcuni dei nomi che vi fanno parte – e che lo stesso Studio sostiene da tempo iniziative che coinvolgono direttamente l’operato degli artisti – penso a Poster Quotidiano della Fondazione Arca Onlus, cui hanno partecipato, tra gli altri, Filippo Berta, Thomas Braida, Nina Carini, Matteo Fato, Giovanni Frangi, Massimo Kaufmann, ecc.
Così, dev’essere stata la sensibilità di Spada a convincere Camoni e Bertolo a presentare loro lavori nella recente sede bolognese di Viale Vicini, oltre alla conformazione stessa dello spazio – articolata e, al tempo stesso, domestica, familiare – e alla “grande data che aggetta dalla facciata dell’edificio”, che riporta, come specificato nel foglio di sala, quella, appunto, del 1897.
In quell’anno, Gauguin realizzò il grande dipinto Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?, esplicitando riflessioni che hanno influenzato, in qualche modo, anche il percorso dei protagonisti della mostra in questione, divenendo così il nodo principale attorno al quale si è sviluppato quest’ultimo discorso espositivo.
Col medesimo spirito che fu dell’artista francese, affetto da una “terribile sete per l’ignoto” e desideroso di scoprire un “aspetto [di sé] ancora sconosciuto”, Camoni e Bertolo si chiedono se vi sia un modo di “bucare la bolla dell’eterno presente da cui ci sentiamo avvolti”. La risposta di entrambi è sintetizzata da un comune tentativo di evasione dalla realtà – lo stesso attuato da Gauguin più di un secolo prima – che si esplica attraverso due modi apparentemente diversi: nel caso della prima, coincide col guardare a un tempo diverso rispetto a quello presente, col plasmare forme arcaiche e accennate che configurano un culto di divinità materne e fanciulle; nel secondo, l’evasione consiste, invece, nell’interpellare il nostro tempo in maniera diretta, con proposizioni e immagini che forniscono nuove possibilità di realtà a quelle che consuetamente viviamo.
Lo stesso, in verità, potrebbe dirsi anche per le teste germoglianti dei vasi e delle Ninesse di Camoni, le quali presuppongono anch’esse altrettante opportunità di rinascita, quasi volessero costituire un rimando alle speranze nutrite in questi ultimi anni a favore di una generale svolta ecologica – le seconde risalgono però al 2015, a quando tali speranze non erano così diffusamente dichiarate e condivise, a testimonianza di quanto le capacità profetiche dell’arte risultino ancora inossidabili. Pertanto, se volessimo ridurre all’osso la pratica dei due, potremmo dire che la prima interviene modellando, plasmando il reale, mentre il secondo lo espande per mezzo dell’addizione, della sovrapposizione – slogan come “Il nuovo precipita nella notte”, “L’inizio ci assale” o “I ♥ you” ne costituiscono un frammento superstite.
Che sia attraverso la terracotta e l’argilla, materiali che consentono a Camoni di soddisfare il proprio appetito aptico nei confronti dell’espressione, o attraverso l’olio e l’acrilico, tecniche che permettono a Bertolo di costruirsi il proprio enigma/stupore per cercare di mettere all’angolo la realtà, l’obiettivo resta quello di fuggire dalle leggi del già dato. È per questo che, pur guardando in direzioni diverse, i due paiono ugualmente “rivolgersi a ciò che sembra inattuale”, a ciò che si contrappone alla liquidità inconsistente del nostro presente – per dirla con Zygmunt Bauman. Così, gli ambienti domestici dello studio sembrano trasformarsi idealmente nella capanna che Gauguin abitò a Mataiea, sulla costa sud di Tahiti, facendosi pausa rispetto al ritmo frenetico del vivere contemporaneo e oasi tropicale nel bel mezzo del trambusto cittadino. Sulle orme dell’artista francese, anche i nostri, puntualmente presenti in ogni sala dello studio – quasi a non voler interrompere il dialogo che li unisce e li trasporta fuori dall’ordinario – si costruiscono, dunque, il proprio rifugio avvolto nel “totale silenzio”, alla ricerca, come il primo, di un luogo che riuscisse a rappresentare “lo Spazio e la Libertà”.
Chiara Camoni e Luca Bertolo – 1897. Dove andiamo?
Dal 13 maggio 2022 al 10 giugno 2022
Studio Spada Partners, Bologna, Viale Vicini 16/18