ATP DIARY

CAMERA a Torino ospita On The Verge | Intervista con il curatore

Intervista di Barbara Ruperti e Olga Cantini — I progetti esposti di Cian Burke (Irlanda, 1978), Mark Duffy (Irlanda, 1981), Pauline Hisbacq (Francia, 1980), Julia Klewaniec (Polonia, 1996), Alice Pallot (Francia, 1995), Daniel Szalai (Ungheria, 1991), Ugo Woatzi (Francia, 1991) raccontano storie personali e collettive riguardanti i conflitti, le lotte per l’uguaglianza di genere, la sostenibilità alimentare ed ecologica, l’ascesa di populismi e nazionalismi nel continente europeo. Allo […]

Intervista di Barbara Ruperti e Olga Cantini —

I progetti esposti di Cian Burke (Irlanda, 1978), Mark Duffy (Irlanda, 1981), Pauline Hisbacq (Francia, 1980), Julia Klewaniec (Polonia, 1996), Alice Pallot (Francia, 1995), Daniel Szalai (Ungheria, 1991), Ugo Woatzi (Francia, 1991) raccontano storie personali e collettive riguardanti i conflitti, le lotte per l’uguaglianza di genere, la sostenibilità alimentare ed ecologica, l’ascesa di populismi e nazionalismi nel continente europeo. Allo stesso tempo, dal punto di vista estetico e linguistico, queste opere rappresentano le esperienze più innovative e rilevanti nell’attuale panorama fotografico europeo.
La mostra è a cura di Giangavino Pazzola, con il supporto di Maja Dyrehauge Gregersen e Marta Szymańska.
Segue l’intervista con il curatore.

Come nasce questa mostra e qual è il ruolo di Camera all’interno del programma europeo FUTURES?

La mostra On The Verge nasce come mostra collettiva dedicata al lavoro di sette giovani fotografi e fotografe selezionati all’interno del network FUTURES Photography, di cui CAMERA è l’unica rappresentante italiana in una rete di venti realtà europee. On The Verge è la terza mostra tematica prodotta da FUTURES (EPP – European Photography Platform), una piattaforma di ricerca sostenuta dall’Unione Europea focalizzata sulla fotografia contemporanea che mira a mappare e a supportare autori emergenti.
Grazie a questa prestigiosa collaborazione, in quanto unico partner italiano del progetto, CAMERA ha selezionato cinque artiste e artisti attivi in Italia da cinque anni a questa parte, lavorando sul territorio nazionale con 25 artiste e artisti di cui abbiamo promosso il lavoro anche a scala europea. 
Tornando alla mostra presentata nell’Annual Event di novembre, fin dalla sua prima edizione, nel 2017, FUTURES presenta ricerche fotografiche di sette giovani artisti e artiste selezionati all’interno di un evento espositivo che si è sempre svolto ad Amsterdam, in concomitanza con Unseen. Quest’anno, per la prima volta, l’appuntamento più prestigioso di questa piattaforma europea si sposta a Torino e proseguirà successivamente al festival di Copenaghen e poi in Polonia. Come curatore della mostra mi sono occupato di allestire – per alcuni potremmo dire anche “ambientare” – i sette progetti dei fotografi selezionati negli spazi della Project Room di CAMERA. On The Verge è un cappello dove abbiamo scelto e cercato di far convogliare significati diversi, ma affini. Il processo di co-creazione del concept di questamostra ha coinvolto tutte e tutti i curatori delle istituzioni interne al network, dinamica stimolante, ma allo stesso tempo molto complessa. Quando si tratta del mondo della fotografia e dell’immagine contemporanea abbiamo a che fare con prospettive ed esigenze nuove: fare fotografia oggi non è soltanto fare delle belle foto in senso meramente estetico, questa necessità non viene più avvertita. Tra i nuovi obiettivi vi è quello di generare una consapevolezza maggiore negli operatori e nel pubblico rispetto al ruolo della fotografia nella società. 

Daniel Szalai Calf Igloos from the series Unleash Your Herd’s Potential © Daniel Szalai

Passiamo al titolo “On the Verge” (Nel limite). Cosa significa vivere al limite e in che modo, i fotografi selezionati, lo hanno espresso al pubblico?

Quest’anno abbiamo deciso di suddividere la mostra in tre direzioni tematiche, nonché questioni attuali raccontate attraverso microstorie capaci di porre interrogativi di portata globale. Ci chiedevamo quale potesse essere oggi il nuovo compito dell’arte in tempi di traumi collettivi ed abbiamo cercato la risposta a questa domanda attraverso la fotografia. Volevamo trovare pratiche di engagement, a livello sociale e politico. Da qui nasce il percorso della mostra che prevede tre macroaree: sociopolitica, ecologia e tematiche di genere. 
Partendo dall’ingresso della Project Room troviamo il lavoro “Silent Racism” di Julia Klewaniec composto da video, immagini mediali e fotografie che raccontano le modalità attraverso le quali il razzismo viene normalizzato nella società polacca odierna – e, per estensione, in quella mondiale – attraverso l’uso della lingua parlata. 
Raccolti ed esposti come nella collezione di un museo i reperti reali e fittizzi di Mark Duffy in “The Brexit Archive”: manufatti, souvenir, oggetti di uso comune inglesi si confondono tra loro per rivelare i paradossi e le conseguenze del recente passato della Gran Bretagna.
Ascritto all’indagine socio-politica anche il progetto “I fear that the magic has left this place” di Cian Burke, ispirato dalla storia dello svedese Karl-Göran Persson che per proteggersi dall’invasione russa degli anni Trenta trasformò la sua fattoria in un gigantesco bunker di cemento. Burke crea una serie di immagini in bianco e nero che formano una specie di catalogo di possibili architetture informali utili a costruire una propria fortezza, al riparo dalla guerra.
Naturale prosecuzione e congiungimento alla sezione dedicata all’ecologia, il progetto di Daniel Szalai “Unleash Your Herd’s Potential”, focalizzato sui temi della sostenibilità alimentare, del mondo tecnologico e del nostro rapporto con la natura. Szalai ci trasporta in Ungheria e ci mostra gli orrori degli allevamenti intensivi del Paese attraverso l’uso della fotogrammetria. L’artista tramite i codici delle telecamere di sorveglianza ricostruisce sotto forma di immagine ciò che accade negli stabilimenti, denunciando come la sorveglianza e lo sfruttamento indirizzino i processi di produzione alimentare.
L’artista francese Alice Pallott prende invece spunto da un disastro ambientale accaduto nel secolo scorso, nell’attuale riserva naturale del Sahara di Lommel (Belgio). La vegetazione scomparve a causa dell’attività di un’ex fabbrica di zinco e contro alla desertificazione dell’area è stato piantato un bosco di conifere che, a sua volta, ha visto crescere il fungo Suillus Bovinus, resistente allo zinco, che ha inaspettatamente accelerato il processo di rimboschimento dell’area. Pallot testimonia l’impatto dell’umanità sull’ambiente, evidenziando il contrasto tra l’aspetto idilliaco del Sahara e la sua reale tossicità.

Epilogo della mostra il capitolo dedicato all’uguaglianza di genere, qui gli artisti Pauline Hisbacq e Ugo Woatzi. Hisbacq presenta “Song for women and birds”, un progetto dedicato alla decostruzione e alla riscrittura delle immagini scattate durante alcune delle manifestazioni eco femministe contro l’installazione di missili nucleari da parte degli Stati Uniti. I ritagli si concentrano sui corpi delle donne in azione e sui loro gesti di lotta, leggibili però come immagini di amore e pace. Woatzi con “Chameleon” svolge un progetto autobiografico incentrato sulla questione LGBTQI+ e sulla difesa dei diritti di genere, mostrando quanti più ritratti di mascolinità possibili, evidenziando come le rappresentazioni principali delle identità di genere siano in realtà delle espressioni costruite sul piano socioculturale. 

Mark Duffy Artefacts of Brexit, 2016-ongoing © Mark Duffy

Parte del progetto On The verge è anche un fitto public program, fatto di incontri e workshop rivolti ad appassionati e fotografi. 

Certamente. A fare da supporto alla nostra ipotesi espositiva vi è la serie di workshop seguiti dagli artisti Laia Abril (Spagna), Taiyo Onorato e Nico Krebs (Svizzera) e Max Pinckers (Belgio) e dai curatori Julija Reklaité (Lituania) e Krzysztof Candrowicz (Polonia, curatore di CICLO Biennal in Porto, Portogallo). A partire dal 4 novembre si sono tenuti cinque workshop di carattere metodologico, dedicati alla pratica di archivio, all’intersezione tra bidimensionalità e tridimensionalità e alla ricerca speculativa. Le attività del programma FUTURES non hanno il solo scopo di assolvere ad un obiettivo formativo o educativo, ma anche di creare i presupposti per l’incontro e la conoscenza tra professionisti del settore e incentivare networking e cooperazione. Workshop, talks e aperitivi culturali sono studiati per favorire lo scambio di idee e sviluppi in campo fotografico. Abbiamo collaborato con le Gallerie d’Italia che hanno ospitato due workshop e a cui va la nostra riconoscenza per la disponibilità a rafforzare l’identità della città come palcoscenico per la fotografia. Lo spostamento da una sede all’altra ha permesso ai partecipanti di visitare nel tempo libero le mostre di Camera, Gallerie Italia e anche Artissima. FUTURES, a differenza di altri progetti, non va ad agire esclusivamente nel pushing degli artisti più meritevoli, ma resta concentrato nel colmare il “gap” tra il momento di push e il supporto galleristico e istituzionale. Molti degli artisti che hanno lavorato con noi, infatti, hanno poi trovato supporto da gallerie e collezionisti: non ne rivendichiamo la paternità ma, così facendo, sembra che il nostro operato produrre effetti duraturi, generativi e costruttivi.

In che modo la fotografia può affrontare le tematiche contemporanee uscendo da una logica superficiale e puramente illustrativa per mostrare realtà nascoste, porre nuovi interrogativi o mettere in gioco un linguaggio visivo innovativo che sappia catturare l’attenzione, far riflettere ed evocare un senso profondo anche al pubblico generico? 

Trattare questi temi ha significato raccontare non solo la comunità dell’immagine contemporanea europea ma anche la società di oggi. Pensiamo che sia importante farlo attraverso vicende, fatti ed espedienti che riguardano zone geografiche o immaginari specifici ma che,letti con la lente dell’arte, rafforzino e forgino i valori costitutivi dell’Unione Europea. In un primo momento si può pensare che certe tematiche non ci riguardino, come ad esempio la Brexit, ma sono fatti tanto locali quanto transnazionali e, a pensarci bene, è questa la questione che ho più a cuore. Il risultato è che tutti i temi di questo percorso espositivo sono molto sentiti a livello tanto artistico quanto sociale in diverse parti del mondo e, talvolta anche a discapito di miei interessi personali come curatore, questo processo di elaborazione collettivo, transnazionale e intersezionale è quello che mi fa sentire il progetto più riuscito. In questa mostra si evidenzia, inoltre, il campionamento di pratiche fotografiche emergenti che stanno trasformando lo scenario creativo e si continua ad ampliare il bagaglio di esperienze che non fanno più vivere la fotografia come esperienza puramente documentaristica. Ed è molto importante per noi di CAMERA che, attraverso FUTURES, nella nostra programmazione possano esistere e coesistere varie anime orientate a promuovere conoscenza e la diffusione della fotografia storica e contemporanea.

Un altro aspetto che ho a cuore è quello di ampliare i confini della conoscenza dei linguaggi fotografici di oggi: proporre un campionario di possibili pratiche fotografiche. Un terzo aspetto a cui tengo particolarmente è contribuire nel miglior modo possibile a creare una comunità fotografica europea con artisti che mantengono i rapporti, generano rete e scambio.

Pauline Hisbacq Songs for women and birds, 2022 © Pauline Hisbacq

ON THE VERGE
Sette giovani fotografi europei

Project Room, CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia
4 novembre 2022 – 8 gennaio 2023
Mostra a cura di Giangavino Pazzola,
con il supporto di Maja Dyrehauge Gregersen e Marta Szymańska