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Cambio de fuerza. Adrián Balseca al PAV di Torino

In mostra, un corpus di opere degli ultimi dieci anni, tra racconto etnografico e e denunce di responsabilità ambientali delle economie dell’Occidente

Che la prima personale in Italia di Adrian Balseca intenda mettere in discussione l’attuale assetto di forze economiche, ecologiche e soprattutto politiche è chiaro dallo stesso titolo, Cambio de fuerza. Curata da Marco Scotini ed esposta al PAV – Parco Arte Vivente di Torino in collaborazione con Galeria Madragoa (Lisbona) fino al 15 febbraio 2025, la mostra si rifà infatti a quello slogan “La fuerza del cambio” che animava la campagna elettorale di Jaime Roldós Aguilera, primo presidente ecuatoriano democraticamente eletto dopo il periodo della dittatura alla fine degli anni Settanta, e si inserisce in una più ampia cornice di eventi ed interventi artistici che il PAV propone con la consapevolezza dell’ecologia come scienza delle relazioni, ma soprattutto con l’intento di ridefinire il ruolo dell’essere umano come agente nell’ecosistema naturale e non solo, capitalisticamente, produttivo. 

Soffermandosi sulle dinamiche di potere legate all’estrattivismo di materie prime ed al più ampio sfruttamento, ormai erosivo, dell’ecosistema naturale, Balseca raccoglie in mostra una serie di opere, progetti ed elementi installativi, realizzati nell’arco degli ultimi dieci anni, che costantemente oscillano tra il racconto etnografico di storie e tradizioni locali del suo paese d’origine, l’Ecuador, e la denuncia delle responsabilità ambientali delle economie dell’Occidente, interminati strascichi delle dinamiche di potere coloniale. La pratica di Balseca rivoluziona lo stesso paradigma etico ed estetico, ponendo la natura e l’elemento naturale al centro dell’evento artistico e preferendo così all’antropocentrismo occidentale una radicale visione biocentrica. E lo fa forte di un importante primato dell’Ecuador: nel 2008 è stato il primo Paese al mondo a riconoscere a livello costituzionale la natura come soggetto del diritto. Così recita, difatti, l’Articolo 71:  “La natura, o Pacha Mama, ovvero il luogo in cui si riproduce e concretizza la vita, ha diritto al rispetto integrale della sua esistenza e al mantenimento e alla rigenerazione dei suoi cicli vitali, della sua struttura, delle sue funzioni e dei suoi processi evolutivi”. Con Cambio de fuerza, Adrián Balseca riflette così non solo sulle specificità antropologiche ed ecosistemiche del suo Paese natio, dove tuttora vive e lavora, ma dal contesto specifico ecuadoriano solleva questioni e problematiche di evidenza globale, come scrivendo una geografia dello sfruttamento, dell’impatto sull’ecosistema naturale e delle responsabilità culturali dell’economia neoliberista occidentale. 

La mostra si apre con Medio Camino, videoinstallazione che racconta della prima automobile prodotta in Ecuador durante il boom petrolifero. Tuttavia, l’Andino Miura del 1977 è spinta di peso da un gruppo di persone lungo la famosa Panamericana, decostruendo senza mezze parole la narrazione progressista incentrata sulle sorgenti fossili. Di quelle stesse risorse petrolifere di cui l’automobile è rimasta sprovvista parla l’installazione in fieri PLANTASIA OIL Co., allestita nella serra e dove barili e taniche per olio motore o lubrificanti industriali divengono luoghi germinali per una grande varietà di specie vegetali. Balseca dimostra quanto anche negli spazi residui e liminali dell’economia petrolifera globale, cui riferimento sono le industrie transnazionali come Shell, Total, Fiat e Agip ben leggibili sulla lattoneria, possano divenire un’occasione di rinascita e rigenerazione della natura. 

PAV – Parco Arte Vivente CAMBIO DE FUERZA – Adrián Balseca – Installation view
Adrián Balseca in colaboration with Segundo Teodoro Ruíz Project for a portrait (On The Origin of Intriduced Species) 2016 Video still 10’05” (loop)
Torino, venerdì 1 novembre 2024 PAV – Parco Arte Vivente CAMBIO DE FUERZA – Adrián Balseca

Quello stesso rifiuto della petro-economia, la cui esistenza effimera ha assicurato però la funzione di vettore che muove l’intero globo – vale a dire il trasporto su gomma – diviene il luogo di un effettivo riscatto naturale ed antiprogressista. Lo stesso succede nelle pareti adiacenti, dove grandi arazzi illustrano lo strumento principale di tecnicizzazione del lavoro, nonché il cardine dell’economia estensiva: trattori e macchine agricole in uno stato di dismissione dal servizio e anzi totale abbandono, ulteriore sito di infiltrazione simbiotica di una nuova vita naturale. Balseca si concentra così non solo sulle dinamiche produttive ed estrattive – e sui conseguenti impatti ambientali – ma soprattutto sui processi storici, antropologici ed economici legati all’attuazione e all’assodamento del paradigma della modernità. 

Il percorso procede con The Unbalanced Land, un’installazione sonora che nasce dal diario di viaggio dello scienziato ed esploratore britannico Edward Whymper. L’installazione sonora comprende oggetti scultorei e una serie fotografica ed esamina i modelli percettivi del racconto coloniale da un punto di vista occidentale includendo, ad esempio, i tipici strumenti di indagine antropologica afferenti alla narrativa di viaggio. Tre strumenti in legno tradizionalmente utilizzati dalle comunità autoctone sull’isola di Santay per manovrare e comprimere la terra presentano apparecchiature radio di marchio giapponese, legate con grandi elastici ed emittenti i paesaggi sonori dell’isola musicati da Daniel Mancero. The Unbalanced Land dimostra quanto il processo artistico di Balseca divenga un palinsesto di interazioni tra strumenti percettivi, politici e rappresentativi delle differenti geografie e comunità, eviscerando concetti come l’autoctono e il globalizzato, l’osservatore e l’osservato, il “noi” e l’”indigeno”. Una sorta di ecologia segnica e sinestesica in totale antagonismo rispetto ai modelli epistemologici globali, tendenzialmente orientati alla standardizzazione del mondo attraverso la tecnica occidentale che uccide ogni differenza culturale. Balseca postula così una pratica artistica di resistenza alla produzione culturale ed alla rappresentazione egemonica dei paesi del Nord del mondo.

Per concludere, The Skin of Labour si rifà all’origine storica del processo di sfruttamento in Ecuador, riferendosi ad una foresta endemica di Hevea Brasiliensis, o albero della gomma, naturalmente presenti nel territorio dell’Amazzonia ecuadoriana. Con l’avvento dell’industria della gomma, infatti, si è scatenata una forte campagna di espropriazione delle foreste, con il preciso scopo di estrarre i derivati della specie vegetale sopracitata. L’installazione si interroga sugli aspetti di sfruttamento della natura da parte dell’uomo, ma soprattutto sull’impatto della tecnicizzazione del lavoro, in pieno accordo con le opere all’ingresso riguardanti automobili, trattori o contenitori di combustibili. Infine, un’ampia documentazione d’archivio che dimostra la potente operazione di propaganda delle risorse naturali dell’Ecuador, dal petrolio al lattice, che include manifesti di origine italiana, come Pirelli. Ancora una volta, Balseca lancia un appello di responsabilità storica che la società contemporanea deve indossare, nel segno di una nuova ecologia politica al centro delle decisioni globali.

La mostra Cambio de fuerza è realizzata in collaborazione con Galeria Madragoa (Lisbona) e con il sostegno della Compagnia di San Paolo, della Fondazione CRT, della Regione Piemonte e della Città di Torino.

Cover: Adrian Balseca, Untitled, 1987 – 1992, 35mm film slide Adolfo Maldonado (Clinica Ambiental) part of Archivo Visual Amazonico

PAV – Parco Arte Vivente CAMBIO DE FUERZA – Adrián Balseca – Installation view
PAV – Parco Arte Vivente CAMBIO DE FUERZA – Adrián Balseca – Installation view
PAV – Parco Arte Vivente CAMBIO DE FUERZA – Adrián Balseca – Installation view
PAV – Parco Arte Vivente CAMBIO DE FUERZA – Adrián Balseca – Installation view
Adrián Balseca The Unbalanced Land 2019 35mm slide photograph 25,5 cm x 16 cm
Adrián Balseca Recolector (Estela negra) 2019 35mm photograph 51 cm x 43 cm