Testo di Angelica Lucia Raho —
Come siamo arrivati fin qui? Come siamo arrivati al comando vocale, allo sfruttamento delle risorse del pianeta e del tempo di lavoro delle persone? In un battito di ciglia il nostro presente sembra spaventosamente già proiettato in un “futuro” 1984 (George Orwell, 1948). E se vi dicessero che questi cambiamenti sono in atto dal 1500? Si tratta di un susseguirsi di momenti che, se analizzati, possono aiutarci a comprendere da dove veniamo e che cosa ci aspetta.
Osservatorio Fondazione Prada presenta l’indagine e lo studio degli artisti ricercatori Kate Crawford e Vladan Joler, sulla genealogia dell’intelligenza Artificiale (AI) e le sue implicazioni politiche e sociali. Lo spazio ospita la restituzione materiale di un processo mentale, mettendo semplicemente in luce dei link storici e antropologici che, con un po’ di tempo e di osservazione, possono aiutarci a fare chiarezza.
Crawford e Joler partono da l’AI di cui Amazon Echo, il dispositivo di Alexa, diventa prodotto e simulacro. In mostra possiamo quindi vedere un esploso assonometrico di un Amazon Echo, la sua anatomia, e i materiali di cui è composto, che occupano gran parte della tavola periodica come bauxite, smeraldo, quarzo, zinco, o litio, tra i materiali più discussi nel dibattito contemporaneo. Gli artisti mostrano un campione di questi materiali specificando lo scopo nella produzione (ad esempio se sono utilizzati per gli altoparlanti, per la batteria o per circuiti e contatti elettrici), la provenienza ma soprattutto il loro impatto sociale e ambientale. La maggior parte di questi elementi sono infatti tossici, cancerogeni e inquinanti. Queste informazioni sono nascoste dalla cultura del segreto industriale, ma soprattutto sono storicamente implicate nella questione del colonialismo, delle filiere di produzione e distribuzione.
In mostra anche Document Relief 1, 3, 22 (2019) di Simon Denny, la riproduzione di alcuni brevetti Amazon, mai realizzati, che ci fanno sentire spaventosamente vicini ad una puntata di Black Mirror, in un sistema di controllo che traccia, in ottica capitalistica, quanto un essere umano possa essere utile al sistema.
Per rendere le implicazioni ancora più chiare, il centro della mostra è la Map Room: una scatola nera dentro la quale si sviluppa un dittico: una delle due mappe rivela la moltitudine dei dispositivi di comunicazione, le interfacce, le infrastrutture, le pratiche di raccolta di utilizzo dei dati, le architetture computazionali e hardware; l’altra esplora come le tecnologie siano connesse a pratiche sociali di classificazione e controllo. La lettura può avvenire dal basso verso l’alto, sul piano della progressione temporale, o in orizzontale, mostrando la varietà di elementi di controllo e classificazione nello stesso anno. Lo studio parte dal 1500 fino ad arrivare al 2025, e affronta tematiche come l’architettura, l’ambiente, l’industria, l’economia, l’ecologia, mostrando come il meccanismo di questi imperi risuoni nelle aziende tecnologiche del presente. Gli artisti partono dal Cinquecento perché è il secolo in cui si aprono nuove rotte marittime e commerciali, avviene una forte crescita del colonialismo e la nascita del capitalismo, ma soprattutto l’essere umano si ritrova in un profondo cambiamento culturale, grazie alla tecnica tipografica di Johannes Gutenberg.
Già negli anni Venti Aby Warbourg, raccoglie e confronta i motivi e le idee della cultura umana in Atlas e, negli anni Sessanta, Charles Eames in Mathematica affronta la storia della matematica attraversando arte, design e educazione. Entrambe queste pratiche sono metodi che hanno ispirato Crawford e Joler.
Iniziamo a comprendere da dove veniamo e come ci siamo evoluti e, se questo non bastasse, nell’ultima parte della mostra gli artisti riportano il diagramma che, per tutta la durata della mostra, può essere completato e commentato dai visitatori.
In particolare quest’anno l’AI generativa ha inondato la cultura globale cambiando, in milioni di persone, la modalità di accesso all’informazione, alla scrittura e alla produzione di immagini. Come nota Joler, si tratta però di sistemi che concentrano il potere, producono “allucinazioni collettive” e disinformazione. La percezione della realtà condivisa è messa in discussione, per questo motivo gli artisti ci invitano a osservare e analizzare il corso del tempo, per tornare sul presente con uno sguardo non anestetizzato, complice o passivo, ma impegnato e attento.
Calculating Empires: A Genealogy of Technology and Power, 1500-2025
Kate Crawford e Vladan Joler
23 novembre 2023 – 29 gennaio 2024
Osservatorio Fondazione Prada, Galleria Vittorio Emanuele II, Milano