Il primo capitolo di questa esposizione – ospitata fino al 12 settembre 2021 al CENTRALE for contemporary art – prende avvio nel 2016 con BXL UNIVERSEL I, a subjective portrait, in occasione dei dieci anni dall’apertura del centro per l’arte contemporanea. Mentre quest’ultima inaugura qualche settimana dopo l’attacco terroristico avvenuto a Marzo dello stesso anno a Bruxelles e si interroga sulla divisione tra alta e bassa cultura, BXL UNIVERSEL II : multipli.city prende avvio nel 2021 ed è segnata dalla pandemia da COVID-19 e i suoi effetti sul mondo dell’arte e non solo. La mostra vuole sottolineare la capacità e il ruolo della cultura di unire persone con tradizioni e saperi diversi.
Questo obiettivo è ben evidente nel lavoro di Stephan Goldrajch (1985, Bruxelles) con il suo “albero della conversazione”, un insieme di quadrati di tessuto lavorati a maglia e all’uncinetto realizzati con le associazione e le istituzioni cittadine per sottolineare l’importanza e la forza delle relazioni nella quotidianità. Il progetto invece proposto da Pélagie Gbaguidi (1985, Africa) vuole riflettere su come l’educazione possa fornire una risposta al processo di decostruzione del concetto di razza. L’artista per l’occasione ha invitato alcuni giovani a partecipare ad un laboratorio per dibattere intorno a possibili soluzioni alle conseguenze della schiavitù avvenuta nel corso della storia moderna. Làzara Rosell Albear (1971, Cuba) invece esplora i movimenti migratori e i suoi effetti sulla condizione umana. In The first day is the day of the river (2004-2021) esplora i rituali Afro-cubani e lo stato di trans in cui le persone cadono durante la loro esecuzione. L’artista, tra immagini fisse e in movimento, diventa sia partecipante che spettatore della cerimonia che sta documentando.
Il carattere multiculturale di Bruxelles emerge nella doppia installazione di Vincen Beeckman (1973, Bruxelles) che riproduce i colori e le musiche di due night café della città: “The Cobra Jaune” dove vengono organizzate abitualmente serate brasiliane e congolesi e “Africa Moto”, un locale molto conosciuto nella zona della vita notturna. L’artista si mescola tra la folla per catturarne l’atmosfera, facendo emergere una parte forse inaspettata della città, che si riconosce solo grazie alla caratteristica Jupiler belga appoggiata su un tavolo nella stanza. In continuità con Beeckman, Oussama Tabti (1988, Algeria) si interroga sulla difficoltà di vivere in un mondo sempre più globalizzato dove però sussistono differenze e barriere spesso difficili da superare. Con Parlophones (2020) l’artista installa un citofono attraverso il quale è possibile ascoltare sette storie di persone che hanno scelto di vivere a Bruxelles ma che provengono da paesi diversi. Anche Sabrina Montiel-Sotio (1969, Venezuela) per BXL UNIVERSAL II riflette sul concetto di narrazione e raccoglie una serie di oggetti trovati durante i suoi viaggi e per la città belga, dando vita ad una installazione la cui interpretazione spetta al pubblico che è libero di appropriarsene e ripensarla a seconda della propria esperienza.
Younes Baba-Ali (1986, Marocco) ragiona sull’idea di potere e autorità in modo critico attraverso un progetto performativo: raccoglie una serie di barzellette raccontate da alcuni residenti che vengono poi diffuse per la città attraverso un megafono posto su una macchina della polizia. In contemporanea registra alcuni ragazzi diventati esperti nel riprodurre il suono della sirena utilizzata dalle forze dell’ordine e diffonde l’audio della loro performance per innescare una riflessione sul sentimento impositivo che si lega a questo suono. Anche la recente ricerca di Alexandra Chaushova (1985, Bulgaria) approfondisce il concetto di potere e autorità in relazione al contesto produttivo ed economico, studio che spesso prende forma in oggetti carichi di simbolismo. In Romantic species (2021), Chaushova realizza una una serie di autoritratti in cui si rappresenta con una testa di uccello, per sottolineare il carattere “esotico” che spesso le viene affibbiato come artista ma anche come donna.
La ricerca di Hadassah Emmerich (1974, Paesi Bassi) esplora diversi temi tra cui l’identità e il rapporto tra astrazione e figurazione. Con The Harvest (2021) l’artista si interroga sulla nascita culturale della rappresentazione del corpo femminile, spesso legato all’idea di fertilità ma anche di ornamento e seduzione. Anna Raimondo (1981, Italia) invece si concentra sul concetto di genere e sulla presenza di donne trans e persone non binarie nella città. Q(ee)R Codes (2021) si propone come una piattaforma di dialogo e riflessione per ridefinire il ruolo femminile all’interno della sfera pubblica attraverso una serie di sculture e “passeggiate sonore” realizzate dall’artista in collaborazione con gruppi di donne appartenenti a diverse culture ed età.
Il carattere sfaccettato della città e la molteplicità dei temi che caratterizzano la mostra emerge già nel titolo. Tante le urgenze e le sfide che Bruxelles, come l’Europa e il mondo, deve fronteggiare e sulle quali è importante interrogarsi. Una è la speranza che gli artisti sembrano riporre nei visitatori: non perdere l’opportunità che ci danno a volte momenti difficili come quello che stiamo vivendo per riflettere sul nostro presente in modo produttivo.
BXL UNIVERSEL II : multipli.city
cura di Carine Fol and Tania Nasielski
CENTRALE for contemporary art
Place Sainte-Catherine 44, 1000 Brussels
Fino al 12 settembre 2021