Pochi giorni fa Villa Romana – istituzione culturale fiorentina diretta dal 2006 da Angelika Stepken – ha lanciato la piattaforma digitale Broken Archive con l’obiettivo di raccogliere le esperienze artistiche che hanno visto nel Mediterraneo la fonte delle loro pratiche e riflessioni.
Culla di una variegata moltitudine di popoli – dai Greci ai Romani, dagli Ottomani ai Bizantini – ponte tra Oriente e Occidente, e teatro, specie negli ultimi anni, di tragedie legate alla smania di potere (pensiamo alla ‘guerra fredda’) o al sentimento di disperazione – l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) conta oltre 20.000 vittime tra i migranti che hanno cercato di attraversarlo dal 2014 a oggi – il Mare Nostrum è stato oggetto di grande attenzione da parte del panorama artistico contemporaneo: non a caso il suo nome compare in quello di due istituzioni non ancora realizzate, ossia il Museo Mediterraneo d’Arte Contemporanea di Palermo (progetto risalente al 2001) e il Museo Regionale dell’Arte Nuragica e dell’Arte Contemporanea del Mediterraneo di Cagliari (progetto risalente invece al 2006) – quest’ultimo affidato, tra l’altro, all’architetta Zaha Hadid – a testimonianza di quanto la nostra identità sia profondamente pregna delle sue acque (i motivi dei ‘temporanei’ fallimenti li lascio intuire a voi…).
La piattaforma Broken Archive, visitabile sul sito brokenarchive.org, sopperisce, in qualche modo, a tale mancanza raccogliendo l’operato di più di cento artisti che si sono confrontati con le sfaccettate questioni del Mediterraneo. “Dodici concetti-cluster” individuano gli altrettanti macro-temi che caratterizzano i differenti progetti: War, Encounters, The Common, Black Italy, The Colony, Voices, Unmapping, Justice, Disappearing, The Travel, Traces e Re-reading.
Ogni sezione è mossa da un’affermazione, un interrogativo o da un semplice pensiero che ne contraddistingue la natura: “In che modo la guerra plasma il corpo, la mente e l’anima? – ci si domanda, ad esempio, in War – Come essa interrompe le comunicazioni? Chi può cercare la guarigione?”; in Encounters si raccolgono, invece, pratiche di scambio collaborative, mentre in Black Italy si opera “il recupero della produzione culturale nera, una lunga storia”; in The Colony si parte “dalla violenza dell’auto-alienazione”, mentre in Unmapping si cerca di fare chiarezza sul “lato oscuro del Rinascimento”.
Un poderoso corpus di “immagini, testi, pdf, audio, video o trailer” – per la maggior parte dei casi realizzati nell’ambito delle iniziative di Villa Romana – indaga così sulla storia e l’identità del Mediterraneo, e insieme su quelle dei popoli che lo hanno abitato e che ancora oggi lo abbracciano con i loro territori. Non un tradizionale archivio, ci tengono a sottolineare gli ideatori, ma “una rete aperta, variabile e sempre più ricca di prospettive e contenuti”. Preceduto e arricchito da una serie di incontri con diverse personalità incentrati sulle tematiche che ne caratterizzano i propositi – Visual Politics of (Im-)Mobility (2020) con Costanza Caraffa, Mohamed Keita, Armin Linke, Massimo Ricciardo, #everydaygolshahr (Reza Haidari), moderato da Elena Agudio; Black Italy (2020) con Ingrid Greenfield, Angelica Pesarini, Maria Stella Rognoni, Eike Schmidt, Justin Randolph Thompson, moderato da Angelika Stepken; Archival Absence (2021) con Bassel Al Saadi, Fehras Publishing Practices, Ghassan Halwani, United for Intercultural Action (Balint Josa), moderato da Marwa Arsanios – Broken Archive costituisce non solo un dispositivo di riflessione e ricerca, ma anche, e soprattutto, un depositario delle nostre vite.
brokenarchive.org
villaromana.org
hkw.de