Tra le strade del quartiere Vanchiglia di Torino si trova una piccola vetrina ricoperta da una pellicola nera. Quel vetro oscurato, apparentemente anonimo a qualunque passante più o meno distratto, diventa invece oggetto di grande curiosità: dall’interno esce un ronzio, alternato a rumori metallici.
La piccola stanza su strada è uno spazio per l’arte contemporanea fondato a Torino nel 2014. Il suo nome, Quartz Studio, ci riporta ai cabinet de curiosité dove i primi collezionisti europei esponevano oggetti rari, come i minerali, in questo caso il quarzo. Con la stessa funzione di una Wunderkammer, seppur meno affollata, lo Studio accoglie dei “mirabilia”, spesso site-specific, di artisti nati principalmente intorno agli anni Settanta e Ottanta.
È questo il caso di Brittany Nelson (Great Falls, US, 1984), artista statunitense che presenta To Leave Is To Return, un progetto speciale appositamente concepito per lo spazio, nell’ambito di EXPOSED Torino Foto Festival e visibile fino al 28 giugno 2025.
I rumori ambigui sono prodotti da 42 radiotelescopi realizzati per intercettare i segnali inviati da forme di vita intelligenti extraterrestri. Le registrazioni ottenute all’Allen Telescope Array (ATA) nella California del Nord diventano dunque un’opera sonora che immerge il visitatore in una realtà parallela, introducendo la grande tematica che caratterizza le opere esposte e l’intera produzione della Nelson. L’artista, influenzata dal contesto in cui è cresciuta, si interroga sul desiderio umano di entrare in contatto con esseri al di là del vuoto cosmico, nonostante l’incapacità̀ di farlo persino con chi ci è vicino.
Questo sentimento di straniamento è amplificato da un’enorme stampa alla gelatina d’argento che mostra l’oceano dall’oblò di un’astronave. L’immagine, riprodotta su pellicola ad alta velocità e sviluppata a mano dall’artista mediante un procedimento chimico che aggrega i sali d’argento, si mostra delicata, quasi effimera e all’apparenza percorsa da interferenze o composta di granelli di sabbia, come a voler ulteriormente confondere la percezione di chi guarda. L’esito delle impressioni dello spettatore è dunque estremamente premeditato, anche nei suoi riferimenti meno espliciti. L’artista ha infatti deciso di sviluppare la grande stampa a partire da un fotogramma proveniente dal film Solaris (1972), diretto da Andréj Tarkóvskij, e basato sull’omonimo romanzo di fantascienza dello scrittore polacco Stanisław Lem. Il film è un’opera ipnotica, un viaggio verso l’infinito interiore, tra i meandri indistricabili della mente umana, la cui fruizione non è immediata.

Il protagonista, lo psicologo Kris Kelvin, affronta un viaggio interstellare per raggiungere la stazione spaziale del pianeta Solaris, sospesa sopra un misterioso oceano gelatinoso. La sua missione è chiara: entrare in contatto con gli ultimi componenti di un equipaggio decimato e cercare di comprendere i loro inspiegabili comportamenti. Ben presto scopre che l’oceano di Solaris è un’entità pensante in grado di materializzare l’inconscio degli umani e di far comparire persone che vivono nella loro mente fino a provocargli le più impensabili reazioni.
Il secondo lavoro in mostra, Mordançage 10, accresce l’immaginario dello spettatore che grazie a quest’opera sembra quasi poter ammirare una sezione di quell’oceano senziente e tanto misterioso. Il titolo è tratto dal nome dello storico procedimento chimico utilizzato, una tecnica che scatena una reazione violenta tra la soluzione chimica e l’argento contenuto nella carta fotografica dissolvendo lo strato di gelatina fino a formare trame, veli e colori. Le sfumature scure tormentano il visitatore, quasi ormai inghiottito.
La terza e ultima fotografia appartiene invece alla serie Allen Telescope Array e si ricollega alla prima opera sonora descritta: rappresenta infatti alcune di quelle 42 antenne tanto rumorose e alla ricerca di vita. L’artista, durante la sua residenza presso il SETI Institute, ha passato le notti vagando tra la schiera di telescopi con una macchina di medio formato e una fonte di luce portatile con cui ha catturato le sagome di questi enormi macchinari.
La solitudine e l’isolamento sono esasperati, nel film, nello spazio cosmico e in questa piccola stanza, anche come metafore dell’identità queer, sottolineando il costante bisogno di connessione umana.
Brittany Nelson – To Leave Is To Return
14 aprile – 28 giugno 2025
QUARTZ STUDIO, Torino
Cover: Brittany Nelson, To Leave Is To Return, 2025 mixed media, installation views courtesy the artist and Quartz Studio photo Beppe Giardino


