Between my flesh and world’s fingers | Richter Fine Art – Roma

15 Gennaio 2022
Richter Fine Art – Between my flesh and the world’s fingers – installation view – Photo credits Giorgio Benni
Richter Fine Art – Between my flesh and the world’s fingers – installation view – Photo credits Giorgio Benni

Between my flesh and world’s fingers è la collettiva inaugurata dalla galleria Richter con una selezione di opere pittoriche di Grgur Akrap, Loren Erdrich, Katarina Janeckova, Jay Miriam, Marlon Wobst
La collettiva trae spunto dal titolo del documentario ispirato alla vita della scrittrice americana Mary MacLane (1881-1929), la “Wild Woman of Butte”, come è stata soprannominata dai suoi contemporanei. Innovativa e intraprendente, MacLane ha ben presto attirato l’attenzione di scrittori e intellettuali del calibro di Ernest Hemingway e Gertrude Stein; attenta all’ostinata materialità del suo stesso corpo – “il mio ammirevole corpo di giovane donna, che mi piace molto e a cui sono appassionatamente affezionata” [The Story of Mary MacLane – by Herself] – e il mondo, nella sua impudente messa in discussione del decoro, MacLane ha trasmesso una nuova sensibilità, provocatoria e fantasiosa, ancorandosi fortemente al reale. È da questi presupposti che la mostra sviluppa una riflessione ad ampio raggio sulla insondabile, e apparente, dicotomia tra il corpo, la carne, la visceralità e ciò che ruota attorno ai contenuti esistenziali radicati nell’essere qui ed ora, il mondo, la realtà. 

Pur nelle diverse attitudini e approcci al medium messi in atto dai cinque artisti in mostra – tutti nati tra il 1978 e il 1990 – Between my flesh and world’s fingers condensa un “afflato pittorico” e un sentimento verso la pittura che si allontana in modo categorico dal sentimentalismo. Accompagnata da un testo critico di Giuseppe Armogida, la mostra “riporta la traccia di un’infiammazione; in cui ogni opera è l’immagine di una bruciatura e di un continuare a bruciare che irradia il vuoto in cui si inserisce la pittura”.

Nella scelta di apparentare tra loro opere e artisti che per tagli compositivi, tecniche e materiali privilegiano un rapporto esclusivo con il supporto mantenendo una loro specifica singolarità, la collettiva si presenta come una quadreria in cui a essere privilegiato è un movimento vorticoso, di tensione costante tra il soggetto osservante e l’oggetto osservato, tra interno ed esterno.

Richter Fine Art .- Loren Erdrich – Leak – photo credits Giorgio Benni

Volendo rintracciare un minimo comun denominatore in questo interessante e innovativo consesso di artisti, forse è proprio il colore a costituire un elemento di raccordo: denso, carico, dai toni e dalle tinte accese, in tutte le opere esso sembra fagocitare la superficie, rilasciando tutto intorno l’effetto straniante dato da una densità cromatica che oltrepassa i limiti prefissati da qualsiasi volizione mimetica, arrivando a colpire lo sguardo, e la vista, per attivare una percezione sempre nuova, e in costante mutamento. Che si tratti di scene in interno, di piccoli episodi di vita quotidiana, di oggetti o di figure meta-umane, in ciascuna opera la densità del colore e del taglio compositivo trovano un corrispettivo nel tangibile riscontro con ciò che lo spettatore sta osservando. Con una vena chiaramente anti-narrativa, le immagini e i momenti fermati si collocano nel flusso ininterrotto degli scambi in atto tra dentro e fuori, privilegiando un approccio non gerarchico nel rintracciare quella tensione subliminale che intercorre tra corpo ed esterno. Enigmatiche e inafferrabili, le scene ritratte condensano non soltanto una riflessione ampia sul mezzo ma anche e soprattutto un interesse precipuo nel suggerire l’ineffabile, l’irraggiungibile, lasciando negli occhi di chi guarda la persistenza di un ricordo, di qualcosa di vissuto, anche soltanto accidentalmente, o di qualcosa di futuribile.

Come scrive Armogida, “sono artisti che tentano di bypassare il linguaggio ordinario affidandosi a quello della pittura. E, anche laddove catturano momenti di vita quotidiana, cercano di sospendere quel patto di coesistenza che ci siamo illusi di aver concluso con il mondo. Non si limitano mai a enunciare ciò che già conosciamo, ma al contrario ci introducono a esperienze e prospettive nuove, facendoci sbarazzare dei nostri pregiudizi”.

Richter Fine Art_Grgur Akrap – Legend of the cross – photo credits Giorgio Benni
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