Tra il 17 e il 19 giugno Centrale Fies, il centro per le arti performative contemporanee di Fies (Dro, Trento), ha dato vita a una tre giorni dedicata ai linguaggi performativi mettendo al centro delle discussioni e delle visioni questioni legate al “femminismo senza genere” che è attualmente cardine del lavoro del network europeo apap – Feminist Futuresdi cui Centrale Fies fa parte.
Immaginare futuri possibili in cui diversi corpi si incontrano all’insegna dell’inclusione attraverso le arti performative, è stato l’obiettivo di questo weekend: la centrale si è così trasformata in luogo di relazione tra artiste, artisti, ricercatrici, ricercatori e pubblico. Curato da Barbara Boninsegna con Filippo Andreatta, il programma ha visto in scena artiste e artisti legati ad apap e non solo: Chiara Bersani, buren, Silvia Calderoni/Ilenia Caleo, Stina Fors, Muna Mussie, Selma Selman, BABA ELECTRONICA, Niko G. x Kali.
“In questa edizione”, spiega Filippo Andreatta, è stato “esplorato il rapporto fra le arti performative e il femminismo intersezionale– che studia e sovverte le differenti linee di oppressione create dai sistemi piramidali e patriarcali – immaginandolo come niente di più semplice e complesso che un luogo d’incontro”.
Accanto alle performance si è posizionata inoltre la Feminist Futures School, una serie di workshop condotta da ricercatrici ambientali, sociologhe del lavoro, artiste e artisti, che ha aperto la partecipazione al pubblico dei non addetti ai lavori. Le pratiche femministe, artistiche e politiche, sono state protagoniste delle giornate, attraverso voci differenti che lavorano nel sistema dell’arte, nelle università, nei movimenti politici e ambientali come Florinda Saieva, founder con Andrea Bartoli di Farm Cultural Park, Parco Culturale e Turistico Contemporaneo di Favara, OHT con Silvia Costa, Harun Morrison e Angela YT Chan.
Ad accompagnare la programmazione, le arti visive: la mostra personale Viva la Vida di Selma Selman nella quale la giovane artista di origini rom svela la sua “costante attenzione alle dinamiche di identità, di genere e alla forme con cui le differenze culturali agiscono sui comportamenti sociali” e la collettiva KAS, a cura di Simone Frangi e Barbara Boninsegna, che prosegue il ciclo di esposizioni che Centrale Fies dedica alla relazione tra oggetti e performatività (opere di Mohamed Abdelkarim, Simon Asencio, Miriam Cahn, Giulia Damiani & Le Nemesiache, Alessandra Ferrini, Belinda Kazeem-Kamiński, Alfeno Liboni, Vanja Smiljanić).
Intervista ai curatori Barbara Boninsegna e Filippo Andreatta —
Centrale Fies ha riportato nei suoi spazi la rete europea di apap – Feminist Futures. L’obiettivo principale del progetto, che raccoglie 11 diverse realtà europee, è affrontare la disuguaglianza nelle arti performative contemporanee, consolidando i concetti e le riflessioni che ruotano attorno al femminismo intersezionale – e dunque aprendo a un femminismo “senza genere” che rimette in asse le disuguaglianze tra generi, corpi e specie. Le ricercatrici, le artiste e gli artisti chiamati a lavorare alla Feminist Futures School – la sezione dedicata ai workshop della tre giorni – hanno declinato in vari modi queste gerarchie, mettendo in campo temi sociali, artistici, letterari e ambientali. Quest’anno, oltre ad avere accesso alle performance e alle mostre, il pubblico ha potuto partecipare alla cosiddetta school: quali sono stati i momenti più densi e più partecipati nella discussione durante i workshop? Le tematiche e le rielaborazioni più sentite?
La scuola nasce in seno ad apap. Quando è stato definito il network con le 11 istituzioni che ne fanno parte è stato subito chiaro che avevamo bisogno di aiuto per definire cosa significasse Feminist Futures, sia a livello teorico e di battaglie femministe, sia a livello di “tipologie” di femminismo con cui ci si interfacciava, dal momento che il femminismo non è un monolite ma è un’entità cangiante, declinata in modi diversi, con persone diverse, oltre ad avere differenti istanze e dinamiche. La scuola nasceva proprio per essere auto-riferita, autoreferenziale, proprio per noi, per imparare nuove formule di pensiero rispetto a delle dinamiche molto solidificate nella arti performative.
Poi mano a mano, nell’arco di un anno e mezzo di vita del network e di pandemia, la scuola è diventata sempre più uno strumento di riflessione generale e condiviso.
L’anno scorso la scuola era rivolta al network, quest’anno invece è stata aperta al pubblico quindi è cambiata rispetto alla definizione iniziale ed è diventata un’occasione per rielaborare istanze diverse attraverso la pratica di artisti, ricercatrici, pensatrici coinvolte nel network come Muna Mussie e Harun Morrison ma anche con figure esterne come Angela YT Chan e Florinda Faieva di Farm Cultural Park.
Da parte del pubblico c’è stata una buona risposta perché immaginavamo 10-15 persone per workshop e questo obiettivo è stato raggiunto: i laboratori hanno coinvolto un pubblico diversificato fatto di spettatori e spettatrici delle performance, la stampa che ha guardato il programma a 360 gradi e alcune figure che lavorano all’interno della nostra istituzione.
Difficile parlare dei momenti più densi o delle rielaborazioni più sentite ma quello che possiamo dire è che a noi ha sorpreso molto e positivamente una richiesta così partecipata e una risposta così bella per il workshop di Angela Chan. Chan è una giovane ricercatrice cinese di base a Londra che ha tenuto un laboratorio nel quale creare degli stencil per registrare effetti metereologici non in chiave scientifica ma con modalità umane e personali.
Filippo Andreatta: “apap Feminist Futures può essere immaginato come un campionario possibile di futuri attraverso pratiche e strategie performative che oggi si materializzano davanti al nostro sguardo, ma che resteranno con noi molto più a lungo”. Chiara Bersani, buren, Silvia Calderoni/Ilenia Caleo, Stina Fors, Selma Selman, BABA ELECTRONICA, Niko G. x Kali, Angela YT Chan, Florinda Saieva / Farm Cultural Park, Muna Mussie, Harun Morrison e OHT sono i nomi invitati per questa tre giorni. In questa rosa di figure, mi interessa particolarmente il lavoro di audiodescrizione della danza che Guarino e Comuniello stanno portando avanti da maggio 2021.
“Un progetto per rendere accessibile gli spettacoli di danza a un pubblico non vedente attraverso un’audiodescrizione poetica live in dialogo con gli autori/coreografi”: credo che questa pratica potrebbe diventare un modello di inclusione di un pubblico normalmente bandito dalla fruizione del linguaggio coreutico e, allo stesso tempo, spero che molti teatri e luoghi di cultura la possano promuovere e diffondere.
Inoltre, potrebbe anche diventare una possibilità di espansione della comprensione e della conoscenza della danza per il pubblico vedente: una modalità di educazione allo sguardo, al movimento, all’ascolto e alla parola, dunque una possibilità di educazione estetica ed empatica. Descrizione e accompagnamento scenico, poetico e drammaturgico come possibilità di alfabetizzazione dei pubblici. Cosa ne pensate? Com’è andata?
Il lavoro di cui parli è un progetto di Giuseppe Comuniello che è un danzatore e performer ipovedente che lavora e ha lavorato con Virgilio Sieni, performando anche a Centrale Fies una quindicina di anni fa. Il progetto è stato fatto con Camilla Guarino con cui Comuniello realizza da tempo delle audiodescrizioni di danza per persone vedenti e non; si tratta di un lavoro molto bello perché non si limita a tradurre in maniera letterale lo spettacolo ma lo fa in maniera poetica; quindi per creare le loro opere i due artisti instaurano di volta in volta un rapporto molto intimo con il/la coreografo/a con cui stanno producendo la traduzione.
Noi di Centrale Fies abbiamo prodotto l’audiodescrizione de “L’animale” di Chiara Bersani per la quale Guarino e Comuniello hanno fatto una residenza con l’artista, seguendo i cambiamenti del processo artistico in atto.
Quello che è molto interessante della loro traduzione è che non si limita alla forma vocale ma avviene anche in maniera tattile e spaziale, aumentando il grado di sensazione, di atmosfera del lavoro. Un elemento che ad esempio amplifica la sensazione è il momento in cui viene recitata una poesia che lo spettacolo non prevede direttamente ma che è stata parte del processo creativo di elaborazione: questo momento ha portato alla creazione di un’apertura sulla dinamica di pensiero dell’artista.
Mi sembra che le interconnessioni tra umano e non umano, una nuova etica ecosofica – che prende letteralmente a prestito e a modello le posture del mondo vegetale e animale – nonché l’idea di sovvertire le pressioni antropocentriche sulla terra in cui abitiamo, siano alcune delle questioni che più stanno a cuore ai curatori di Centrale Fies: ecco dunque inseriti nel palinsesto di questi tre giorni, artiste e artisti come Chiara Bersani con “L’animale”, Silvia Calderoni/Ilenia Caleo con “The present is not enough (primo baluginìo)” e Harun Morrison con la sua video installazione “Welcome to the Epping Forest”. Morrison, inoltre, oltre ad essere artista visivo lavora con la scrittura e per apap a Centrale Fies ha condotto un workshop sulle narrazioni di giardini in letteratura. Questi lavori, seppure nella loro difformità, hanno delle affinità concettuali e filosofiche. Mi date un orientamento curatoriale?
Si tratta sempre di un dialogo costante con le artiste e gli artisti e non tanto un lavoro di curatela “predeterminato”: sono visioni assolutamente personali che trovano occasione di incontrarsi grazie a Fies e ad apap. Ad esempio Harun Morrison, oltre a essere parte del network, è un artista con cui abbiamo un rapporto profondo ed è la seconda volta che viene invitato qui; anche con Ivan Cheng c’è questo tipo di dialogo ed è un artista che presenterà il suo lavoro performativo durante Live Works SUMMIT 2022. Entrambi saranno al Museo MAXXI di Roma, grazie a una collaborazione che abbiamo instaurato con Centrale Fies, nell’ottica di creare una relazione con altre istituzioni italiane per mostrare e approfondire il lavoro degli artisti. In questa particolare collaborazione ci sarà anche Michele Rizzo che rispetto agli altri due è un artista più noto nel panorama italiano. Questi rapporti lunghi e continui esistono anche con altre artiste di questa tre giorni come Chiara Bersani e Silvia Calderoni: è una continuità di rapporto che va sempre instaurandosi; è chiaro comunque che si tratta di progetti che hanno un potenziale o un’affinità con le riflessioni che stanno a monte del network di apap e che stanno a cuore del lavoro di Centrale Fies.