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Andriu Deplazes. Burning Green | Collezione Maramotti, Reggio Emilia

I dipinti di Deplazes si presentano come finestre sulla vita di figure ectoplasmatiche di genere incerto, malinconiche e straniate, che abitano interni domestici angusti o paesaggi magnificenti. Nelle grandi composizioni figurative, in cui si riverberano temi d'attualità come lo sfruttamento della natura e l'atrocità della guerra, l'artista effonde tante reminiscenze dall’arte a cavallo tra Ottocento e Novecento, da Pierre Bonnard al connazionale Ferdinand Hodler.
Andriu Deplazes, Körper hält Säugling zwischen Kühen (Body holds baby between cows), 2023, olio su tela, 209 x 309 cm | Courtesy of the artist and Galerie Peter Kilchmann, Zurich | Ph. Roberto Marossi

Nel giardino interno della Collezione Maramotti di Reggio Emilia, alcuni uccelli in bronzo patinato e dipinto ad acrilico sbirciano attraverso la parete in vetro che dà sulla Pattern Room, attirati dai colori saturi di una serie di grandi dipinti figurativi di Andriu Deplazes (Zurigo, 1993). In occasione della mostra Burning Green, prima personale in Italia dell’artista svizzero con base a Marsiglia, la grande sala è stata trasformata in una sequenza di stanze e corridoi, che rammentano la disposizione planimetrica degli ambienti di una casa, scenario condiviso anche da alcune delle opere esposte. In generale i dipinti di Deplazes si presentano come finestre sulla vita di figure ectoplasmatiche di genere incerto, malinconiche e straniate, che abitano interni domestici angusti o paesaggi magnificenti. L’artista vi effonde tante reminiscenze dall’arte a cavallo tra Ottocento e Novecento: se gli scorci di quotidianità rammentano il sensualismo cromatico delle stanze abitate di Pierre Bonnard, le vedute di montagna sono fissate con l’estremo bilanciamento decorativo delle composizioni del connazionale Ferdinand Hodler. Il titolo della mostra, “il verde che brucia”, può alludere proprio ai toni di quelle vedute, allo sfruttamento antropico del territorio connesso alla crisi ambientale ma anche al colore dei mezzi e delle tenute militari che attualmente sono protagonisti dei canali informativi in relazione alla guerra in Ucraina.

Non a caso il corridoio di ingresso che costeggia la prima metà della vetrata della Pattern Room presenta una sequenza di dipinti di formato verticale che mostrano trombettieri di una banda militare in atto di suonare. Sulla vetrata stessa sono stati installati tre grandi pannelli di plexiglass dipinti ad acrilico di tema analogo. «Ho ritenuto che fosse interessante pensare alla guerra attraverso la musica militare – ha commentato Deplazes in sede di anteprima stampa – la musica è qualcosa con cui noi spettatori ci interfacciamo più facilmente, rispetto alle immagini di guerra. Allo stesso tempo ritengo che la musica militare sia un mezzo efficace impiegato dall’esercito per trasformare la guerra in un “gioco” e per convincere le persone a prendervi parte; ma una volta sul campo di battaglia il gioco si rivela per quello che è. La guerra ha tutto a che fare con le gerarchie di potere in grado di influenzare le persone tramite le emozioni e questi musicisti dipinti possono rappresentare tale strategia. Quando lo spettatore passa davanti a loro è al centro di uno sguardo incrociato tra i trombettieri, gli spettatori e gli uccelli all’esterno; si sente osservato e a disagio». Una volta approdati al secondo ambiente, ci si trova davanti ad una serie di rappresentazioni di interni e di dinamiche familiari respingenti, da cui ci si sente esclusi, come se si fosse voyeur morbosamente attratti dalla vita di altri “corpi” (così le figure rappresentate sono definite dai titoli delle opere), privati dei loro connotati individualizzanti e abbandonatisi alla deriva nelle rispettive case. Per quanto sia in un certo senso rassicurante verificare l’esistenza di un contesto familiare alle spalle dei soldati, i loro volti sono stati travolti da traumi inenarrabili ed è quasi difficile riconoscervi degli esseri umani.

Andriu Deplazes, Tambursoldat (Tambour soldier), 2023, acrilico su plexiglass, 251 x 81 x 0,4 cm | Courtesy of the artist and Galerie Peter Kilchmann, Zurich | Ph. Roberto Marossi
Andriu Deplazes, Burning Green, veduta di mostra, Collezione Maramotti, Reggio Emilia | Ph. Roberto Marossi
Andriu Deplazes, Burning Green, veduta di mostra, Collezione Maramotti, Reggio Emilia | Ph. Roberto Marossi

In Körper mit Katzen und Blumen am Tisch (Body with cats and flowers at table) (2022), una di queste presenze, seduta ad un tavolo, osserva lo spettatore quasi nascondendosi dietro un vaso di fiori, mentre un’altra figura come imbozzolata nello sfondo osserva in TV la stessa scena che si ripete; si ottiene l’impressione che il proprio occhio di osservatore esterno sia equiparabile a quello di una videocamera di sorveglianza a circuito chiuso, che scruta implacabile. Körper und offene Tür (Bodies and open door) (2023) mostra un grande nucleo familiare disposto vicino ad una porta aperta e intorno ad un tavolo, al cui centro si trova la conchiglia della Venere di Botticelli, con sopra una gigantesca testa di pesce. Quasi tutti i personaggi sono immobili; l’unico gesto messo in scena è quello, molto banale, del padre che mette le scarpe al figlio più piccolo. Secondo lo stesso Deplazes, è una scena rappresentativa di tutte quelle situazioni in cui i genitori separati devono alternarsi nella gestione dei figli e, nel momento in cui vanno a prenderli a casa dell’ex compagno/a, si crea una situazione di tensione e gli altri membri della famiglia allargata attendono impazienti che il bambino sia uscito per mettersi a mangiare. Körper an Gerät (Body on machine) (2023) mostra un corpo arrampicato su una macchina per l’esercizio ginnico, immersa in quella che sembra una fitta foresta ma che in realtà è una carta da parati bidimensionale. Se nell’opera precedente era al centro il degrado delle relazioni tipico della società contemporanea, questa vuole far riflettere sull’incoerenza delle nostre azioni: tendiamo ad estraniarci dal nostro corpo e, dunque, a smettere di usarlo, ma anche qualora decidessimo di metterlo in movimento renderemmo tale azione fine a se stessa, privando il movimento di ogni altro ruolo, negandosi e al contempo anelando inconsciamente al contatto con la natura ormai interrotto. Ma la natura e la vita, fuori da noi, persistono nella loro bellezza; lo attestano i due enormi e fulgenti girasoli nati spontaneamente da un vaso da davanzale in Zwei Körper halten Sonnenblumen (Two bodies holding sunflowers) (2023).

Andriu Deplazes, Körper mit Katzen und Blumen am Tisch (Body with cats and flowers on the table), 2022, olio su tela, 90 x 80 cm | Courtesy of the artist and Galerie Peter Kilchmann, Zurich | Ph. David Giancatarina

L’ultimo ambiente, da cui si accede percorrendo un nuovo corridoio occupato da disegni, si apre alla scala del paesaggio monumentale. Il tema di fondo è una riflessione sullo sradicamento antropico del bestiame dai verdi pascoli delle pendici dei monti, per relegarlo più proficuamente in allevamenti intensivi (come mostrato in Holstein im Stall (Holstein cattle in stable), 2023): una dinamica che risuona pertanto con la denuncia della frattura del rapporto tra uomo e natura protagonista delle opere della sala precedente. Due tele dominate da paesaggi montuosi si contrappuntano simmetriche nella sala: se in Alpenglühn (Alpenglow) (2023) il complesso del Monte Rosa annichilisce tre piccole figure di soldati musicanti, spogliati di tutta la loro retorica di propaganda, in Körper hält Säugling swischen Kühen (Body holds baby between cows) (2023) si immagina una nuova alleanza comunitaria tra uomini e animali, dato che l’uomo che tiene in braccio un bambino al centro, versione laica della maternità cristiana, non sarebbe in grado di far sopravvivere la propria progenie se non venissero in suo soccorso con il proprio latte le mucche disposte ai lati. Ma il dipinto che domina la sala e chiude come un monito la mostra è Two fluorescent balls (2023): una grande tela a formato verticale che mostra un campo a perdita d’occhio con, al centro, un cagnolino che gioca con una palla; in cielo, zenitale, un sole attorno a cui danzano le ombre svaporate di due elicotteri. «Ho pensato a quest’opera quando la Russia ha cominciato a bruciare i campi di grano in Ucraina – commenta Deplazes – quell’immagine mi ha colpito molto, perché si è trattato di una forma di violenza indiretta ma altrettanto brutale, perché rivolta contro la natura. In quel momento ho anche concepito il titolo della mostra». Lo spettro di quella violenza ritorna nel dipinto nella dicotomia tra la creatura indifesa e inconsapevole, dedita al gioco, e gli orridi strumenti di distruzione che aleggiano come una cappa di morte nel cielo. «In un certo senso si può guardare alle due “palle”, quella nella bocca del cane e il sole nel cielo, come a due facce dello stesso gioco: il cane aspetta che qualcuno gli tiri la palla per riportargliela indietro; ma cosa accadrebbe se un gigante prendesse l’altra “palla” dal cielo e la lanciasse via? A quel punto gli elicotteri non potrebbero più danzarvi attorno. Forse si può cambiare il mondo anche solo lanciando una palla; lo potrebbe fare un bambino».

Andriu Deplazes, Burning Green, veduta di mostra, Collezione Maramotti, Reggio Emilia | Ph. Roberto Marossi
Andriu Deplazes, Burning Green, veduta di mostra, Collezione Maramotti, Reggio Emilia | Ph. Roberto Marossi
Andriu Deplazes, Two fluorescent balls, 2023, olio su tela, 252 x 196 cm | Courtesy of the artist and Galerie Peter Kilchmann, Zurich | Ph. David Giancatarina