Cassirer in Filosofia delle forme simboliche (1923-1929), analizza queste ultime come la chiave che permette all’uomo di passare dallo stato naturale alla civiltà. L’uomo è un animale simbolico, scrive il filosofo tedesco, e il mito è tra le forme che gli permettono di conoscere il senso dell’io e del mondo.
Nella narrazione del mito, risiedono diverse strutture simboliche ricorrenti e proprie di ogni tentativo d’interpretazione del presente. Dedalo e Icaro cercano di fuggire dall’isola di Creta e dalla prigionia del re Minosse passando per il cielo, unica via di fuga possibile, perché come scrive Ovidio nelle Metamorfosi “omnia possideat, non possidet aera Minos.”
La presenza del labirinto, il processo metamorfico come chiave della fuga, la necessità di agire in uno spazio liminale tra il cielo luminoso e le tenebre delle profondità marine e le figure di Dedalo padre esperto e del giovane Icaro, sono tra gli elementi di riflessione che questa storia suggerisce, e che intersecano la pratica e la ricerca di Giorgio Andreotta Calò.
La mostra IΚΑΡΟΣ (ICARUS) presenta l’omonimo progetto dell’artista Giorgio Andreotta Calò, un mediometraggio realizzato a partire dal 2019 che si espande nello spazio della Galleria ZERO… grazie alla presenza di altre opere, proponendo al visitatore un’interazione profonda in un dialogo fondamentale con lo spazio espositivo.
Alla fine del 2020, l’artista, con la collaborazione dell’entomologo esperto Enzo Moretto e del giovane entomologo Bart Coppens, interviene su un padiglione delle farfalle abbandonato parte di un complesso zoologico a Emmen, nei Paesi Bassi, portando una nuova colonia di falene nell’edificio prossimo alla demolizione come atto simbolico. Un movimento al contrario quello compiuto da Giorgio Andreotta Calò che, nel mezzo del vuoto causato dalla pandemia, porta vita in uno spazio disabitato, e che dalle ore di luce sposta la vita e il movimento nelle ore dopo il tramonto, quando le falene si risvegliano.
Moretto e Coppens come due Dedalo e Icaro moderni studiano questi lepidotteri con grande curiosità e il giovane entomologo concentra tutta la sua attenzione sull’esperienza e le conoscenze di Moretto, ricongiungendo il mito nella contingenza di una narrazione a metà tra realtà e finzione.
Anche lo spazio della galleria contribuisce al racconto, permettendo al visitatore di fare esperienza di quella contrapposizione degli opposti, tra luce e buio, che ciclicamente ritorna nelle opere di Giorgio Andreotta Calò. Il piano terra è allestito con la stessa gabbia metallica che si vede nel film all’interno del padiglione, e su questa sono posizionati alcuni bozzoli naturali e microfusioni in argento. Questa costruzione guida il visitatore in un breve percorso labirintico che è un chiaro riferimento al labirinto del Minotauro, elemento dimostrativo del genio di Dedalo del quale è però prigioniero, per volere del re Minosse. Nella fotografia esposta all’ingresso della mostra è già preannunciato il tema della metamorfosi del giovane entomologo, la necessità di un cambio di prospettiva si realizza nell’ibridazione tra uomo e animale.
L’invito a proseguire l’esperienza al piano interrato della galleria si traduce in una sorta di catabasi verso l’oscurità di un mondo onirico in cui si dispiega la narrazione del mito nella proiezione della pellicola, che in fondo alla sala è l’unica fonte di luce.
Il fascino suscitato dalle azioni dei due uomini verso le falene è legato anche alla caducità dell’esistenza di queste creature, che trascorrono circa metà della loro vita nelle crisalidi in attesa di liberarsi. L’istinto di avvicinarsi alla luce delle falene, le intrappola in un movimento rotatorio sempre più veloce, e allo stesso modo lo spettatore viene trasportato in un’altra dimensione dalle immagini, quella del mito e del simbolo. Così a poco a poco Coppens/Icaro si congiunge alle falene in un legame sempre più stretto e sensibile, fino a indossare la sua felpa alata, in una nuova metamorfosi.
In un angolo dello spazio un fascio di luce illumina proprio la felpa indossata da Coppens nella pellicola, come un ritrovamento delle ali di Icaro ormai precipitato nelle profondità del mare. Su questa sono cuciti dei bozzoli di seta che suggeriscono un’esistenza simbiotica, tra i due materiali tessili e un richiamo alla dimensione di un volo mitico che è possibile solo “nella dimensione onirica della realtà”.
ΊΚΑΡΟΣ (ICARUS) è una mostra delicata in cui la profondità del pensiero di Giorgio Andreotta Calò si mostra a chi è capace di intuirne le istanze poetiche, in cui le forme simboliche del mito trovano realtà nello spazio a cavallo tra realtà e sogno.