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Blackout è un’unica grande installazione che Jennifer Allora e Guillermo Calzadilla affrontano e presentano come progetto per il MAXXI – a cura di Hou Hanru e Anne Palopoli, in corso fino al 30 maggio 2018.
Il Portorico, colonia degli Stati Uniti priva degli stessi diritti e aggravata da un debito pubblico di enormi dimensioni, diviene il luogo per rimarcare le dinamiche sociali che strutturano i nostri governi. L’isola portoricana è infatti una contraddittoria zona protetta ma sfruttata lungamente per i suoi beni primari, per la coltivazione di zucchero e infine per test su materiali esplosivi che hanno causato danni a flora e fauna.
Blackout è un momento metaforico di perdita di un focus e di rispetto in una fase di crisi, in particolare energetica, allarmante. La tematica centrale è dunque l’energia affrontata in stratificazioni differenti. Inoltre, per alimentare la cospicua presa di coscienza degli artisti, è stato richiesto di utilizzare pannelli solari per il funzionamento delle tecnologie.
All’inizio del percorso un reperto archeologico del futuro ci accoglie: é una pompa di petrolio dalle sembianze antropomorfe dismessa e ricoperta di calcare. “Petrified Petrol Pump” (2012) ci ricorda fin dal principio che invece di investire in energie rinnovabili continuiamo a restare incollati ai combustibili fossili. Segue poi il video “Sweat Glands, Sweat Lands” (2006) in cui un maiale arrostito sul fuoco getta le basi per lo sviluppo di un saggio musicale in cui la voce del giovane cantante di reggaeton di Residente dei Calle 13 parla di organizzazioni sociali di formiche, termiti e pipistrelli come esempi di convivenza alternativa.

“Blackout” (2017), al centro della sala successiva, dialoga con due serigrafie in lino “Contract (AOC L)” (2014) e “Contract (SWMU 4-2)” (2015). L’installazione, o meglio, quel che resta di un trasformatore del elettrico esploso nel 2016, diviene un generatore di suono che produce il possibile accumulo e interruzione di energia. Il recupero di bobine della PREPA, principale ente pubblico che causa il debito dell’isola, sottolinea simbolicamente un esteso sistema capitalistico finanziario che non invade solo la terra portoricana. L’assemblaggio scultoreo diviene inoltre con cadenza regolare performance vocale in cui corpi umani generano uno spazio di relazione.
Tornando alle serigrafie, esse rappresentano una scenografia apparentemente tropicale. In alcuni luoghi di Vieques, infatti, le palme sono utilizzate dai militari statunitensi come segnali per evidenziare le discariche di munizioni ed altri rifiuti industriali durante i 60 anni di occupazione dell’isola.
“Solar Catastrophe” (2016) sono tele astratte realizzare con frammenti di celle solari che individuano già il residuo e lascito del progresso, una sorta di impossibilità e disfunzionalità. Terminano il progetto espositivo-installativo, caratterizzato dal coagularsi di diversi suoni e rumori, una serie di video tra i quali: The Bell, the Digger, and the Tropical Pharmacy (2013), Under Discussion (2005) e The Night We Became People Again (2017).
Parallelamente alla mostra, al primo piano nella videogallery una selezione di video di Allora & Calzadia completa la narrazione con un approfondimento più storico sul loro lavoro.
Per approfondire > BLACKAOUT – Allora & Calzadilla – Testo curatori Hou Hanru e Anne Palopoli
BLACKOUT – Jennifer Allora e Guillermo Calzadilla
A cura di Hou Hanru e Anne Palopoli
MAXXI – Roma
Fino al 30 maggio 2018.


