Per la prima volta i due spazi della galleria z2o Sara Zanin – quello centralissimo in via della Vetrina e quello di via Pontelli – entrano in dialogo in occasione della mostra Di luce e di fango, personale di Alfredo Pirri curata da Cecilia Canziani e Davide Ferri (fino al 29 luglio 2022). Un’esposizione ideata a partire un dialogo diretto con l’artista e pensata inizialmente in modo completamente diverso. Il progetto prevedeva infatti che uno spazio ospitasse i disegni progettuali e l’altro i lavori. Alla fine la ricerca artistica di Pirri, nella quale la dimensione del progetto e quella costruttiva si sovrappongono, sembra essersi espansa fino ad influenzare l’allestimento stesso.
Il risultato è una mostra costruita attorno a due termini opposti – fango e luce – che permettono di rileggere l’intera ricerca dell’artista in termini di relazione con lo spazio interno ed esterno dell’opera.
Negli spazi di via della Vetrina il percorso espositivo inizia dal fango, dal profondo, con una serie inedita di carte intelaiate senza titolo mai esposte prima. Un lavoro del passato realizzato negli anni Ottanta utilizzando carboncino e vernice spray per le carrozzerie. Qui il fango è la materia melmosa dalla quale emergono bagliori e lame di luce: Il bianco emerge dai fondi neri in una sorta di opaca aurea che circonda segni, graffi sulla superficie che assumono la forma di rami, croci, tralicci. Figure instabili che affiorano da un magma oscuro, pronte da un momento all’altro a scomparire, risucchiate. Lo sguardo si trova così a muoversi tra l’oscurità e la luce proprio come nella seconda sala dove i due acquerelli a colori (uno sulle tonalità del rosa, l’altro dell’azzurro) convivono con Strada di bandiere, tra i lavori più politici di Pirri. Se le due opere di carta intelaiata sembrano puntare all’orizzonte, al riverbero oltre lo sguardo, il garbuglio circolare di aste di bandiera incastrate l’una all’altra sembra al contrario tradurre l’immagine di una caduta e di una resa, alla quale non si può che assistere abbassando lo sguardo.
Nell’ultima sala la visione sembra perdere i confini. Per l’ambiente più grande della galleria Pirri ha designato e realizzato una boiserie in legno, una partitura irregolare all’interno della quale sono inseriti alcuni grandi acquarelli della serie che l’artista ha iniziato a creare a partire dal 2017. Carte di grandi dimensioni dipinte con toni che sembrano creare movimento all’interno dell’opera per la loro rifrazione, moltiplicazione e sovrapposizione.
Sulle superfici si alternano e incontrano forme circolari impresse tramite l’utilizzo della punta del compasso a scavare la carta, andare nelle profondità della superficie mentre lo sguardo dello spettatore si rivolge alla luce, ancora una volta a quanto affiora. La costruzione in legno chiaro sembra ampliare la superficie dell’opera, andare oltre la cornice scura per fare dell’opera un tutt’uno con l’ambiente. Dove finisce la pittura e inizia la scultura? Lo sguardo respira.
Sono proprio gli acquarelli a fare da punteggiatura alla mostra, anche nel secondo spazio di via Pontelli, solitamente concepito come luogo di dialogo con gli artisti (non sempre rappresentanti dalla galleria) e con il pubblico (l’apertura solo su appuntamento richiedere un’attenzione e un interesse che danno vita ad un confronto). Qui però abbandonando la cornice per farsi deposito di aspirazioni e direzioni di immagini che si ritrovano, in modo diverso, nelle altre opere distribuite.
I cerchi tornano ad esempio nel trittico Cose illuminate, serie del 2013 nella quale Pirri sostituisce all’incisione della punta del compasso, l’accumulo di materiali come oro e argento in forma circolare attorno ad oggetti. Sono opere che rilanciano la dimensione mistica in cui il tratto che si irradia contraddice la materia scura e ferrosa di cui è composta. Ancora una volta non esiste fango senza luce.
Condividono con questi lo spazio nuovamente la serie di inediti con la vernice spray e i disegni preparatori per l’ultima presentazione di Passi nel cortile del Chiostro del Bramante a Roma in occasione della mostra Crazy. A fare da perno al project space è Compagni e angeli, un’installazione in plexiglass del 2019. Un’opera della quale si perdono i confini sia fisici – abolendo la differenza tra dentro e fuori – che concettuali – è scultura o installazione potenzialmente in continua costruzione? La sua percezione agli occhi dello spettatore è sfuggente per forma e colore. Soggetta alle minime variazioni di illuminazione proveniente dalle due ampie finestre, è la luce per eccellenza. Ma cosa accade al calare del sole, nell’oscurità?