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Uomo, animale e natura senza gerarchie: Alan Sonfist al PAV di Torino

Il PAV, Parco Arte Vivente di Torino fino al 19 ottobre ospita la prima mostra istituzionale in Italia dell’artista americano Alan Sonfist, "Seeds of Time" a cura di Marco Scotini.

Diciotto scatole di legno compensato danno il benvenuto al visitatore che entra nei luminosi spazi del PAV, Parco Arte Vivente di Torino. Il grande quantitativo di terriccio contenuto nelle cassette, disposte disordinatamente sul pavimento della prima sala, dimostra l’entusiasmo con cui la comunità locale ha deciso di rispondere alla chiamata dell’artista. Alan Sonfist (New York, USA, 1946) ha infatti invitato i torinesi a raccogliere campioni di terra nelle crepe dell’asfalto, negli interstizi dei marciapiedi e negli spazi liminali solitamente ignorati lungo tutto il perimetro della città. Il terriccio, le piante e i semi vanno quindi a costruire una mappatura frammentata, un carotaggio che racconta la storia di una via o di un quartiere, attraverso la presenza di vegetali autoctoni. Non a caso il titolo dell’opera, realizzata specificatamente per questa mostra, è Growth Between the Cracks (2025) e si inserire all’interno di una ricerca più ampia che l’artista porta avanti dal 1969. 

La mostra ha l’obbiettivo di approfondire i primi anni di attività dell’artista, con un focus sugli anni Sessanta e Settanta, sottolineando il suo ruolo di precursore di un pensiero ecologico ancora oggi estremamente attuale. Secondo Sonfist la natura e gli animali sono soggetti al pari dell’essere umano. Assunto che solleva questioni urgenti anche nella nostra contemporaneità: qual è infatti l’assetto valoriale che una comunità decide di tramandare; fin dove si definisce etico il rapporto tra natura esistente e quella che viene creata; come si distribuisce equamente la responsabilità sociale nei confronti dell’ambiente che abitiamo?

“Increasingly, as we come to understand our dependence on nature, the concept of community expands to include non-human elements. […] As in war monuments, that record of life and death of soldiers, the life and death of natural phenomena such as rivers, springs, and natural outcroppings needs to be remembered.” Come egli stesso ha affermato in una lezione tenuta al Metropolitan Museum of Art di New York nel 1969, il concetto di comunità va esteso agli esseri non umani. La vita e la morte dei fenomeni naturali vanno ricordati come eventi che impattano la vita di un ecosistema altrettanto, se non ancor più significatamene, di vittorie belliche o eventi solitamente esaltati da monumenti nazionali.  È per questo che Sonfist decide di concepire le sue installazioni come “monumenti pubblici” che non guardano più solo agli eventi della storia umana ma che rivitalizzano la storia dell’ambiente e delle diverse specie di un luogo, mettendo in primo piano le relazioni e l’interdipendenza tra i soggetti coinvolti. 

Alan Sonfist, Myself Becoming One with My Tree, 1969, serie fotografica di autoritratti. Courtesy l’artista e PAV – Parco Arte Vivente, Torino

Numerosi nuclei di fotografie presenti in mostra testimoniano alcuni degli interventi ambientali realizzati da Sonfist, primo tra tutti il celebre Time Landscape (1965 – in corso). Con l’aiuto di una comunità di esperti, l’artista ha trasformato un appezzamento rettangolare in una foresta abitata da piante precoloniali nel sud di Manhattan, New York City. Tale foresta, nel corso di 13 anni si è popolata di numerose specie vegetali e animali: un meraviglioso esempio di monumento pubblico vivete e in continua trasformazione. A differenza degli esponenti della Land Art, che spesso lavorano in luoghi remoti e disabitati, Sonfist esplora la città e il tessuto urbano che rimane negli anni lo scenario preferito della sua attività artistica. 
Un altro ambizioso progetto a cui Marco Scotini ha deciso di ridare vita tramite una nutrita documentazione fotografica è Circles of Time (1987). Tre acri della Fattoria di Celle in provincia di Pistoia sono stati analizzati dall’artista portando alla luce la complessa relazione tra l’essere umano e la terra. La storia di questo paesaggio è documentata attraverso sette anelli concentrici che rappresentano ognuno una nuova fase dell’uso del territorio: dal primo anello interno che documenta una foresta primordiale, che precede ogni traccia dell’uomo, fino al sesto e poi settimo anello dove prima gli ulivi e poi il grano rappresentano l’uso agricolo e produttivo del terreno per conto dell’uomo. 

I progetti descritti sono frutto di una evoluzione di pensiero, iniziata, ai suoi esordi, con un ampio lavoro performativo. Prima di arrivare alle installazioni di Land Art, l’artista ha infatti cercato un rapporto fisico, corporeo, con gli elementi della natura.
Le fotografie di Myself Becoming One with the Tree (1969) mostrano l’artista misurarsi nell’abbraccio con alberi di diverse dimensioni, testando le proporzioni tra il suo corpo e quello degli alberi. 
Nella serie di fotografie Animal Fantasy l’artista usa invece sé stesso come soggetto per studiare il comportamento animale fino a diventare egli stesso animale: una tartaruga sulla via di casa o una tigre pronta all’agguato. La sua osservazione curiosa degli animali inizia da bambino allo zoo del Bronx e si ritrova a seguito di diversi anni nei Caraibi dove l’artista si trasferisce dopo che gli viene diagnosticato un aneurisma. È lì che torna silenziosamente ad osservare il linguaggio degli animali, tra mare e giungla, fino a simularne i loro movimenti, entrando nella pelle dell’altro, fino a diventare l’altro. 

Cover: Alan Sonfist, Time-Landscape, 1965-ongoing, fotografia, cm 63,5×50. Courtesy l’artista e PAV – Parco Arte Vivente, Torino