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Ai Weiwei non va per il sottile

[nemus_slider id=”59389″] — Nel 2009, su Baidu, il Google cinese, non c’era alcun risultato di ricerca sotto il nome “Ai Weiwei”. Lo stesso valeva per parole come “libertà”, “diritti umani”, “democrazia” e “fottere”. L’anno scorso le cose stavano ancora così. Il governo cinese, dietro la facciata del benessere economico e della ricerca informatica, nasconde un […]

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Nel 2009, su Baidu, il Google cinese, non c’era alcun risultato di ricerca sotto il nome “Ai Weiwei”. Lo stesso valeva per parole come “libertà”, “diritti umani”, “democrazia” e “fottere”. L’anno scorso le cose stavano ancora così. Il governo cinese, dietro la facciata del benessere economico e della ricerca informatica, nasconde un autarchico dispotismo che nega e nasconde la maggior parte dei movimenti e dei pensieri d’opposizione. Sempre nel 2009 Ai Weiwei dice: “Ogni volta che vengo a Shanghai, mi ricordo del perché la odio così tanto. Shanghai crede di essere aperta e internazionale, ma in realtà avanza con una mentalità ancora molto feudale”. Sicuramente lui questa chiusura mentale l’ha vissuta sulla sua pelle, con la detenzione di 81 giorni, la chiusura del suo blog (2006-09) di protesta, la demolizione del suo studio… Ai Weiwei è di certo un artista da sempre impegnato nella promozione internazionale della riflessione sulle condizioni sociali in Cina, denunciandone le ingiustizie, le negligenze e le omertà. Ed è stato capace di tradurre tutto questo in lavori monumentali e di raffinatissima ricerca, come il celebre Sunflower Seeds (2010) ospitato nella Turbine Hall della Tate Modern, dove erano presenti a terra 100 milioni di piccole porcellane scolpite e dipinte a mano per formare dei semi di girasole. È la rappresentazione della nazione più popolosa del mondo, mediante degli oggetti costituiti da un materiale che in inglese porta il nome della nazione stessa: “china” (porcellana). Ma era anche un modo per riflettere sul tema dello sfruttamento della manodopera cinese, avendo Ai chiamato 1600 ceramisti di un villaggio cinese che stava morendo di disoccupazione, garantendo loro un salario più alto e facendo riflettere il mondo intero sulle tematiche del lavoro, della retribuzione corretta, della fatica, delle esigenze minime per sopravvivere decorosamente…

Tutta questa attenzione a temi politici e sociali, che assorbono totalmente la sua ricerca artistica e, prima ancora, l’intera sua vita, hanno un fondamento, forse, “ereditario”, familiare. Il padre di Weiwei (come ricorda Sarah Thornton), Ai Qing, andò all’Accademia d’arte di Hangzhou e poi studiò arte, letteratura e filosofia in Francia. Al ritorno in Cina fu incarcerato per aver dichiaratamente appoggiato la Rivoluzione comunista di Mao Zedong per poi venire paradossalmente costretto ai lavori forzati con la presa del potere dello stesso Mao: Ai Qing fu considerato di destra. Come ricorda Ai Weiwei: “Lo accusavano di non abbracciare la rivoluzione del popolo. Scriveva poesie su giardini con un solo tipo di fiore. [Ma] Pensava che nel giardino dovesse esserci varietà, ogni tipo di idea e di espressione, anziché un’unica bellezza”. Tutto questo ha portato la sua famiglia a vivere in uno stato di estrema precarietà ed assoluta povertà. La loro casa era una galleria sotterranea priva d’elettricità e corrente elettrica, Ai per anni ha sofferto di denutrizione e problemi di salute. Il padre gli vietò continuamente di diventare artista, lo spronava a dimenticare l’arte e la letteratura per essere “un lavoratore onesto”. Eppure “Sono diventato un’artista perché, sotto una simile pressione, mio padre aveva ancora un luogo che nessuno poteva toccare. Anche quando il mondo intero era oscuro, c’era qualcosa di caldo nel suo cuore”. E questo ha vinto: Ai Qing divenne vicepresidente dell’Associazione degli scrittori cinesi e uno dei principali letterati della nazione, tutto dopo la morte di Mao. E se ora si chiede ad Ai Weiwei come definirebbe un artista… “L’artista è un nemico… ah… della sensibilità generale”.

Giustifica questa lunga introduzione, la presenza a Palazzo Strozzi a Firenze della prima grande retrospettiva italiana dedicata proprio ad Ai Weiwei, a cura di Arturo Galansino, Direttore Generale della Fondazione Palazzo Strozzi e in programma fino al 22 gennaio 2017. Il titolo è indicativo, ed effettivamente appropriato all’intera ricerca dell’artista e alle stesse opere qui esposte: Ai Weiwei. Libero. Oltre al percorso espositivo all’interno del Piano Nobile e della Strozzina, che ospita le opere di una vita — da quelle del periodo newyorkese tra gli anni ’80 e ‘90, in cui scopre Andy Warhol e Marcel Duchamp, ai grandi assemblaggi (biciclette, sgabelli, …) degli anni duemila, fino alle più recenti opere politiche, come i ritratti di dissidenti politici in LEGO — Weiwei è intervenuto anche sulla facciata del palazzo e nel cortile interno. Reframe è l’opera che coinvolge l’esterno del palazzo Rinascimentale, paradigma di un periodo (Rinascimento) e di uno stile tutti occidentali, che ha scatenato le più varie reazioni su quotidiani, giornali del settore e web. È costituita da 22 gommoni arancione che ricoprono altrettante finestre del palazzo. No di certo un intervento sofisticato, mimetizzato e di sottile ricerca espressiva, ma un imponente lavoro di grande spettacolarità, capace di parlare ad un pubblico ampio (non dunque solo agli addetti ai lavori) di una tematica d’interesse internazionale, quella dell’immigrazione e dei rifugiati.  “Uomo cordiale, con uno spiccato senso del marketing e della comunicazione” (come dice Christian Caujolle su Internazionale) e senza mezzi termini,  Ai Weiwei intende buttare in faccia a residenti, turisti, passanti e visitatori la fuga dalla guerra e dal malessere, la ricerca esasperata di una nuova vita, la morte in mare di bambini, donne e uomini, la fragilità dei loro mezzi di trasporto, la risposta dell’Europa, il rifiuto, l’accoglienza, …

Insomma, come dice Ai Weiwei: “Dì quello che devi dire in modo chiaro e poi assumitene la responsabilità”.

Reframe (Nuova cornice) 2016 PVC,   policarbonato,   gomma cm 650 x 325 x 75 ciascuno Courtesy of Ai Weiwei Studio
Reframe (Nuova cornice) 2016 PVC, policarbonato, gomma cm 650 x 325 x 75 ciascuno Courtesy of Ai Weiwei Studio
Study of Perspective (Studio prospettico) 1995-2011 Fotografie a colori e fotografie in bianco e nero Courtesy l’artista e neugerriemschneider,   Berlin.
Study of Perspective (Studio prospettico) 1995-2011 Fotografie a colori e fotografie in bianco e nero Courtesy l’artista e neugerriemschneider, Berlin.
Dropping a Han Dynasty Urn (Distruzione di un’urna della dinastia Han) 2016 Mattoncini LEGO,   cm 191,  9 x 153,  5 x 3 ciascuno. Courtesy of Ai Courtesy of Ai Weiwei Studio. Si ringraziano gli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Firenze
Dropping a Han Dynasty Urn (Distruzione di un’urna della dinastia Han) 2016 Mattoncini LEGO, cm 191, 9 x 153, 5 x 3 ciascuno. Courtesy of Ai Courtesy of Ai Weiwei Studio. Si ringraziano gli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Firenze
Feiyu 2015 Bambù e seta,   cm 60 x 320 x 200 Courtesy l’artista e Galleria Continua,   San Gimignano/Beijing/Les Moulins/Habana
Feiyu 2015 Bambù e seta, cm 60 x 320 x 200 Courtesy l’artista e Galleria Continua, San Gimignano/Beijing/Les Moulins/Habana
Emanuele-Cerutti-Collezione-Maramotti-2024