L’8 e 9 marzo l’Aula Magna dell’Accademia di Belle Arti di Bologna si tramuta in alveo di ibride creature, che riverberano suoni dal fondo del mare. Francesco Cavaliere (Piombino, 1980) presenta Abyssal Creatures, un ensemble di sculture in vetro soffiato che vogliono richiamare nel loro aspetto flora e fauna delle profondità marine; esseri trasparenti – una caratteristica peraltro comune in molte specie di pesci abissali – pervasi/intrisi di una composizione sonora che è anche pulsazione e respiro di vita. Abyssal Creatures è prodotto e curato da Xing e realizzato grazie al sostegno della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura nell’ambito di Italian Council (12a edizione, 2023).
Venerdì 8 marzo alle 18:30 l’installazione sarà attivata come sound performance dall’artista, che ne plasmerà la materia sonora in una costruzione narrativa. Per l’occasione, gli abbiamo rivolto qualche domanda.
Federico Abate: Innanzitutto, ci parli di come è nato il progetto? Da quali suggestioni scaturisce?
Francesco Cavaliere: Nasce da Xilema. Questo è stato il passo primo verso le attuali Creature Abissali. Degli organi – organismi che ospitano il suono come se fosse un sistema circolatorio interno. Quello che succede nei nostri corpi o in alcune piante vascolari. Il progetto Abyssal Creatures/Corpi Abissali è in un certo senso un’evoluzione di questo.
FA: Hai definito queste sculture vitree come “strumenti musicali ambivalenti (idiofoni, come campane, e aerofoni, suscettibili alle vibrazioni dell’aria)”. Quale effetto si ottiene dalla combinazione di queste due diverse gamme di possibilità sonore?
FC: La combinazione è possibile, ma non sempre avviene. Le tre sculture hanno questa ambivalenza sottile in potenza anche se la percettività della cosa è limitata. Direi che quello che sono riuscito a fare per adesso con ciascun corpo scultoreo è la frizione, e con alcune parti specifiche delle micro-percussioni. La maggior parte del suono è invece data dalla diffusione-passaggio sonoro elettroacustico interno. L’altra caratteristica fonetica – vocale – aerofona si sta sviluppando passo dopo passo.
Essendo strumenti / scultorei di una certa misura, non riesco ad apprenderne il funzionamento tecnico come se fossero sempre con me. Come un flauto traverso che sta vicino a letto, per intendersi 🙂 per questo devo vivermele volta per volta ad ogni incontro. Di sicuro c’è una parte di queste che vive di vita propria, respirano, sbadigliano. Anche senza di me quando sono “in play” il suono le attraversa gira e si rituffa dentro. In quel caso sono principalmente composti respiratori, sintesi fm e speech synth.
FA: Lo scopo è evocare anche sul piano musicale i paesaggi marini e interiori?
FC: Mmm, non penso ci sia uno scopo illustrativo sai? I paesaggi marini e interiori sono riferimenti a cui si può pensare subito leggendo il titolo. Di per certo il suono, come ti dicevo, è una linfa che fa vivere le sculture. Non un elemento “suggestivo” proteso ad immaginarsi qualcosa. Vivendo “sonicamente” queste cose poi ti fanno pensare a dei “mondi profondi – subatomici, sottomarini, stellari in fase di spegnimento – onirici alla Meltzer”. Sono quelli che prediligo come riferimento.
FA: Hai già presentato questa sound performance presso il festival “O Museu como Performance” al Serralves Museu de Arte Contemporanea di Porto (le prossime tappe dopo Bologna saranno presso UrbanGlass a New York, in collaborazione con Pratt Institute, e poi alla GAM – Galleria d’Arte Moderna di Torino). Ti aspetti che la diversa conformazione spaziale dell’Aula Magna dell’Accademia di Belle Arti di Bologna influisca a livello acustico sul risultato finale?
FC: Sicuramente l’architettura influenza tantissimo il suono e i suoi attraversamenti. Il suono acustico, in questo caso elettro-acustico particolarmente. Il vetro avrà le sue risonanze e l’ambiente risponderà. In passato ho collaborato con ISSUE Project Room, hanno una bella sala da concerti a Brooklyn. Il suono là riverbera molto. Invece non conosco gli ambienti di UrbanGlass, sarà una sorpresa e un sistema scultoreo tutto diverso da quello che userò a Bologna. Nello specifico penso che l’architettura dell’Aula Magna bolognese aiuterà le sculture a parlare meglio, gli auditorium da noi sono spesso disegnati per dar spicco alla voce, senza la necessità di amplificare troppo. Proprio in Portogallo, ho trovato un librettino sull’architettura e la musica barocca molto interessante. Un fascicolo per l’università: Música e Arquitectura no Barroco – A Igreja Clérigos como um instrumento musical di João Pedro Xavier. Nel libro si parla di alcune costruzioni ad ellisse, auditori, spazi di preghiera, o dedicati al canto di alcune chiese barocche. Si spiega come queste siano più efficaci per l’amplificazione vocale e come venissero utilizzate al tempo. Al Museo Serralves, lo spazio era molto grande e aperto, circondato dal verde delle nature dei giardini tutti attorno. Le vetrate a parete bagnavano le sculture con luce del parco, sempre diversa durante il giorno. Il suono si rifletteva bene, per la sua ampiezza, era piuttosto asciutto. Questo lavoro nel suo complesso, come Xilema, risponde e vive a seconda degli habitat in cui si trova. Alcune volte può esser molto silenzioso, altre più espanso, altre ancora più cristallino e penetrante.
FA: La tua interazione performativa con le “creature abissali” segue un progetto premeditato oppure si evolverà in modo più o meno spontaneo di esecuzione in esecuzione?
FC: A monte c’è un lavoro premeditato di sintesi digitale, quello è al centro della composizione. Poi questa viene accompagnata da dei gesti di avvicinamento; passi, voci, estrazioni, accarezzamenti ecc.
FA: Le sculture hanno nomi evocativi che inducono a pensare ad esse come creature vive: Sàbanas I, Aliquomàs, Enquomanàsc. Queste denominazioni si vanno ad aggiungere al dizionario che hai composto negli anni, frutto di un processo di catalogazione degli esseri fantastici a cui hai dato vita per i tuoi progetti. Puoi “verbalizzare” questo dizionario e parlarci delle creature che lo abitano?
FC: Le sto ancora incontrando, sono dentro a delle aree convesse cuniculari. Ti attirano ad entrare perché si vede della luce, dei barlumi, ma se entri dentro capisci che non sei arrivato, devi scendere ancora più sotto. Hanno diversi spettri. Quello è lo stato per cui si identificano. Sono dei reami caratterizzati da spettri luminosi che si diffondono e lentamente sprofondano. Sàbanas I, Aliquomàs, Enquomanàsc è la prima generazione dinastica facente parte di queste zone.