Da qualche tempo Fondazione Prada si è aperta a progetti interdisciplinari, in particolare nello spazio Osservatorio, nato proprio come piattaforma di libero pensiero e sperimentazione tecnologica e culturale. Per esempio nel dicembre 2023 Osservatorio ha ospitato Calculating Empires, che trattava di AI, il suo impatto sul mondo e sulla storia; oppure la mostra Human Brains, a Shangai, a Venezia e a Milano, focalizzata sulla ricerca e prevenzione delle malattie neurodegenerative. Inoltre una importante fetta di programmazione è dedicata anche al Cinema Godard, ed è proprio il cinema il protagonista di A Kind of language. Storyboards and Other Renderings for Cinema, fino all’8 settembre 2025 in Osservatorio, a cura di Melissa Harris.
Per gli appassionati di cinematografia, per i nerd della settima arte, è una vera e propria gemma di curiosità attraverso la lente di una tecnica davvero molto specifica. Il visitatore si trova davanti a una serie di storyboard di alcuni dei più importanti film della storia. Gli storyboard sono uno dei primi passaggi nella realizzazione di un film: determinano inquadrature, sequenze e la temperatura emotiva di una scena. In questa mostra si rivelano terreno di osservazione di molte microcaratteristiche del lavoro cinematografico. Anche se non abbastanza approfondito per essere un lavoro d’archivio, è un esempio su come la ricerca possa animare i materiali: moodboard, disegni, schizzi, scrapbook, quaderni, fotografie, video e sceneggiature con appunti. A Kind of Language parla del cinema come prodotto autoriale perché i materiali scelti, per la loro natura, mostrano, appunto, il linguaggio.




Questo si nota in particolar modo nei maestri della regia: il disegno, il tratto, la pressione della matita, e le forme, a volte definite come se fosse un vero fumetto, altre volte appena abbozzate, che delineano lo stile dell’autore prima con la matita poi con la macchina da presa. Un esempio è come la penna convulsa di Terry Gilliam si adatta perfettamente alla scena folle della traversata nel deserto di Paura e Delirio a Las Vegas (1998). Di particolare espressività sono anche i disegni di Saul Bass per Psycho (1960) di Alfred Hitchcock, che racchiudono gli studiatissimi temi della vertigine, della spirale e dell’ossessione del regista per gli occhi. Federico Fellini era solito disegnare molto sul set, perché gli permetteva di esprimere la sua visione molto meglio che a parole. In mostra alcuni personaggi di Amarcord (1973), caricature comiche ma molto rappresentative e riconoscibili nella cultura italiana. “Sono stata a Cuba. Ho riportato queste immagini un po’ alla rinfusa”, Agnès Varda racconta il suo viaggio nel gennaio del 1963 in Salut les Cubains (1964). Con la sua Leica traccia il ritratto di un paese rinnovato dalla rivoluzione, e in questi appunti si nota come ha ordinato e raccolto le fotografie in una sorta di spartito a ritmo di conga. Infine la coreografia del colosso Cremaster 1 (1996), dell’artista Matthew Barney, presentata come un polittico in acrilico, vaselina e plastica. Il soggetto è quasi invisibile rispetto alla sua cornice e al suo supporto, che però settano l’idea e l’estetica posthuman dell’operazione Creemaster.
L’allestimento è concepito da Andrea Faraguna, dello studio di architettura Sub di Berlino. Presenta una serie di scrivanie da lavoro, con la volontà, espressa nel comunicato stampa, di dialogare anche con l’ambiente esterno a Osservatorio, cioè la visuale della cupola della Galleria Vittorio Emanuele II.



I risultati non sono quelli sperati e il design presenta diverse sbavature: non c’è abbastanza disordine workaholic, né abbastanza ordine da esposizione museale e non è evidente nessuna connessione architettonica. La principale installazione è un serpente fatto da tavoli da disegno, molto ampi, con superfici diverse a tema con ogni titolo. Emerge una mancanza di uniformità e coerenza, un disordine per niente in “stile Prada”. Si notano per esempio stampe sgranate e cartoncini sovrapposti con la fessura in evidenza (sul tavolo rosa di Il giardino delle vergini suicide). Sulle tavole di Incontri ravvicinati del terzo tipo è presente una piccola pianola con dei post-it scritti a mano che invitano a suonarla: l’incoerenza della comunicazione visiva, l’assenza della grafica della fondazione, ma l’invito all’azione, può lasciare confusi. I supporti inclinati, presenti anche sul piano superiore, purtroppo rendono i materiali esposti poco accessibili visivamente: la luce è troppo soffusa, l’inclinazione dei tavoli e la sistemazione dei disegni non permette una visione chiara di tutto.
A Kind of Language tratta un tema di nicchia, ma la cura e l’attenzione ai dettagli di una fondazione dovrebbe essere coerente sia nelle grandi che nelle piccole mostre. Fondazione Prada si trova in un periodo di trasformazione, ma riveste un ruolo fondamentale nella ricerca internazionale e interdisciplinare, con la responsabilità di includere Venezia, Milano e l’Italia, in una conversazione d’avanguardia. Grande potere, grande responsabilità. Fino a settembre una sezione del programma del Cinema Godard, in Largo Isarco, è connessa con A kind of Language, il calendario è consultabile sul sito di Fondazione Prada.
A KIND OF LANGUAGE: STORYBOARDS AND OTHER RENDERINGS FOR CINEMA
A cura di Melissa Harris
30 gennaio – 8 settembre 2025
Osservatorio Fondazione Prada
Cover: Bruno Ganz nel film Il cielo sopra Berlino (Wings of Desire), diretto di Wim Wenders © 1987 Road Movies – Argos Films Courtesy Wim Wenders Stiftung – Argos Films




