ATP DIARY

A Bologna è in arrivo la 4° edizione dei PhMuseum Days

15 mostre fotografiche presso il DumBO e altri spazi di Bologna raccontano tante declinazioni del tema della prossimità, del rinunciare ad uno sguardo globale per dare valore ai dettagli e alle sfumature del reale.
Matylda Niżegorodcew – Octopus’s Diary

Dal 12 al 15 settembre tornano a Bologna i PhMuseum Days, festival internazionale di fotografia curato e organizzato da PhMuseum, giunto quest’anno alla quarta edizione. Il festival, ospitato presso lo Spazio Bianco di DumBO e altri luoghi della città, offre come ogni anno un ricco programma di mostre, talk, workshop, presentazioni di libri, proiezioni. Il titolo dell’edizione 2024, CLOSER, si configura come un invito alla prossimità, a fermarsi e concentrare lo sguardo sui dettagli, in modo da affondare fino al nucleo delle cose e dei fenomeni per comprenderli più intimamente. PhMuseum Days ha avuto come prologo la mostra personale di Rita Puig-Serra (Spagna, 1985) dal titolo Anatomy of an Oyster, inaugurata a giugno e aperta fino al 15 settembre, presso il PhMuseum Lab di Bologna; un progetto fotografico che rappresenta anche l’elaborazione di un trauma personale, vale a dire gli abusi subiti in famiglia quando era piccola, trattati mediante la metafora dell’ostrica e della sua rimozione. Sono in totale 14 le mostre facenti parte del programma del festival; al DumBO, Trajectories di Beatriz de Souza Lima (Brasile, 1998) mette a fuoco le similitudini che intercorrono tra un ospedale presso cui l’artista si deve recare spesso e un orto botanico che incontra lungo il tragitto, due spazi apparentemente molto diversi che però si intrecciano attraverso le fotografie, in cui piante e esseri umani vanno in modo simile alla ricerca di una certa stabilità e di legami, pur a fronte della loro vulnerabilità. L’esplorazione di un tragitto abituale è al centro anche di Only in Good Taste di Kush Kukreja (India, 1994): l’attraversamento giornaliero del fiume Yamuna, nella città di Delhi, porta la fotografa a dedicare attenzione a quello che è ormai conosciuto come un fiume particolarmente inquinato, in un lavoro d’indagine che coinvolge lo Yamuna come parte attiva della propria narrazione.

Tara Laure Claire Sood – The Studio

Octopus’s Diary di Matylda Niżegorodcew (Polonia, 2001) documenta una performance che vede l’artista impersonare per 48 ore la vita di altre persone, lavorando assieme ai diretti interessati per comprendere cosa si prova ad essere qualcun altro, anche tenendo conto della sua giovane età. David De Beyter (Francia,1985) con The Skeptics decide di addentrarsi negli studi di una comunità di ufologi amatori intorno ad una serie di avvistamenti UFO documentati nelle Isole Canarie; mantenendosi sempre in equilibrio tra pseudo-scienza e spirito documentaristico, mette al centro della propria indagine una riflessione sulla post-verità, sull’obsolescenza delle credenze e sulla fine delle utopie. Camilla De Maffei (Italia, 1981) con Grande Padre studia la storia recente dell’Albania, focalizzandosi sulle conseguenze dell’ascesa e del crollo del regime comunista di Hoxha attraverso le cicatrici che esso ha lasciato nella società e nel paesaggio urbano, con uno stile che si ispira alle fotografie scattate dai servizi segreti e ai video di processi ai cittadini, mettendo in evidenza i tic del potere. Disruptions di Taysir Batniji (Palestina, 1966) si compone di una serie di screenshot realizzati tra il 2015 e il 2017, durante le videochiamate con la sua famiglia a Gaza; immagini rese quasi astratte dalla corruzione dei pixel a causa della scarsità del segnale, rendendo manifesto l’impatto sulle relazioni e la quotidianità dei palestinesi del controllo esercitato dallo stato israeliano, ancora prima dei più recenti e nefasti stravolgimenti. Thomas Mailaender (Francia, 1979) in Decalcomania colleziona sticker di brand fotografici degli anni ’70 e ’80, celebrando così la storia della fotografia amatoriale attraverso i materiali e i supporti che la sostanziano. L’autoriflessione sulla pratica fotografica nelle sue declinazioni più vernacolari ritorna anche in The Studio di Tara Laure Claire Sood (India/Francia, 1995), che omaggia gli studi fotografici diffusi nei villaggi indiani prima che si diffondessero le fotocamere. L’artificiosità vintage delle scenografie e dei costumi delinea mondi fantastici ma più aderenti alla cultura indiana rispetto alle rappresentazioni stereotipate che ne fa abitualmente l’Occidente.

Mahalia Taje Giotto – Existential Boner

Lo scenario delle riviste erotiche gay degli anni ’70 e ’80 è indagato da Close-up di Pacifico Silano (USA, 1986), mediante dettagli e ingrandimenti stampati su tessuto fuori scala che si tingono di una certa aria di tenerezza e malinconia, un senso di mancanza che allude all’epidemia di HIV/AIDS. Nel caso di Utu-Tuuli Jussila (Finlandia, 1985) sono invece le telecamere di sorveglianza ad offrirsi come strumento di indagine nel contesto ristretto della propria famiglia; in Härmä / Hoar elabora le immagini catturate da una telecamera installata nel giardino della nonna di 94 anni, malata di Alzheimer, di cui è registrata la quotidianità senza alcun evento significativo. Così le immagini prodotte da uno strumento usato per autotutelarsi da eventuali effrazioni e destinate a non essere mai guardate qualora non accada niente di negativo, diventano un archivio in cui scavare per cogliere frammenti di vita di una persona cara. Anche quest’anno sono previste alcune mostre esterne. Nel Cortile della Biblioteca dell’Archiginnasio è allestita la mostra collettiva Closer, che presenta 40 foto di artiste e artisti internazionali selezionati tramite un’open call. Nelle bacheche affissive di via dell’Abbadia, curate da CHEAP, è ospitato il progetto fotografico Existential Boner di Mahalia Taje Giotto (Svizzera, 1992), che documenta le tappe del percorso di transizione dell’artista mediante terapia ormonale, tra racconto dell’ossessione del proprio corpo e tensione alla riappropriazione della propria identità. Infine, per il quarto anno consecutivo si rinnova la collaborazione con Portofino Dry Gin, che ha invitato Carolina Pimenta (Portogallo, 1988) a confrontarsi con il tema scelto per PhMuseum Days impiegando Portofino come proprio terreno di ricerca. Ne è scaturita la serie High Seas, High Hopes, che sarà esposta in autunno a Città del Messico.

Utu-Tuuli Jussila – Härmä / Hoar

CLOSER. PHMUSEUM DAYS 2024

Spazio Bianco, DumBO
Via Camillo Casarini, 19, Bologna
22 settembre – 1° ottobre

Utu-Tuuli Jussila. Härmä / Hoar
Beatriz de Souza Lima.
Trajectories
David De Beyter. The Skeptics
Taysir Batniji. Disruptions
Tara L. C. Sood. The Studio
Kush Kukreja. Only In Good Taste
Camilla De Maffei. Grande Padre
Matylda Niżegorodcew. Octopus’s Diary
Thomas Mailaender. Decalcomania
Pacifico Silano. Close-up
Various Artists. Screening Room
Various Artists. Dummies & Books From FOLIO 2024

CHEAP
Via dell’Abbadia
12-15 settembre
Mahalia Taje Giotto. Existential Boner

Archiginnasio
Piazza Galvani 1
Dal 9 settembre al 8 ottobre
Various Artists. CLOSER

PhMuseum Lab
Via Paolo Fabbri 10/2a – Bologna
Dal 12-15 settembre
Rita Puig-Serra. Anatomy Of An Oyster

David De Beyter – The Skeptics