Prosegue il programma di residenze Through Time: integrità e trasformazione dell’opera inaugurato nel febbraio di quest’anno presso lo CSAC – Centro Studi e Archivio di Parma. Dopo On Identikit di Massimo Bartolini, è la volta de Il Canone di Luca Vitone, secondo appuntamento che si estende dal 6 settembre al 18 ottobre 2020.
L’artista era già stato protagonista di una residenza nel 2017, e la mostra inaugurata in questi giorni costituisce – come afferma lui stesso – “un’estensione della prima”. Lo abbiamo intercettato per farci raccontare quest’ultima esperienza.
Antongiulio Vergine: Come è nata l’idea che ha portato a Il Canone?
Luca Vitone: L’idea nasce dall’invito di andare allo CSAC per una settimana, immergersi nell’archivio, dover pensare a un progetto espositivo basandosi sugli oggetti custoditi nell’Abbazia e osservando quotidianamente (in quei giorni) un furgone abbandonato in un angolo di un piazzale pressoché deserto.
A. V.: Il titolo della mostra mi ha incuriosito molto. “Canone” deriva da kanòn, che in antichità indicava il regolo usato dagli artigiani durante le misurazioni: dunque un termine che ha a che fare col lavoro, il cui uso poi si è allargato all’ambito religioso, artistico, economico. Perché, quindi, la scelta di questo titolo?
L. V.: Come scrivi giustamente il termine deriva dallo strumento di misurazione che a sua volta deriva dalla canna, il bastone dritto. Traslitterato si può identificare con una retta via, una strada da percorrere seguendo dei riferimenti. Ogni disciplina ha i suoi. Più prosaicamente direi i riferimenti di una biografia. Ognuno ha i propri.
Tra le decine di autori presenti nell’archivio dello CSAC ho scelto i miei, raccontati nell’intervista che mi ha fatto Marco Scotti, dandomi due regole: la prima riguarda la decisione di scegliere delle opere e degli oggetti che coinvolgessero tutte le discipline presenti nell’archivio, la seconda il numero di autori e quindi di opere da mostrare. Per il secondo punto ho deciso di usare il furgone di cui parlavo prima, che è l’automezzo servito a Quintavalle per raccogliere in giro per l’Italia le opere e gli oggetti oggi custoditi nello CSAC.
Il furgone mi ha portato a pensare a un’opera e al suo autore per me canonici: Das Rudel di Joseph Beuys. Sostituendo gli autori scelti alle slitte di Beuys sono arrivato a decidere i 24 autori da presentare in questo Canone, tutte figure importanti per la mia formazione, autori che nel tempo ho guardato per formare il mio linguaggio e creare il mio discorso.
Autori che mi hanno accompagnato in vario modo dall’infanzia all’età adulta. Sono tutti autori italiani perché nell’archivio ci sono prettamente autori italiani e poi essendo anch’io italiano i miei riferimenti maggiori provengono dall’immaginario italiano, ma la scelta di Beuys non è casuale visto che per me la Germania è stata un luogo di influenze importanti ed è tuttora il Paese in cui risiedo.
A. V.: La mostra parte quindi dal furgone utilizzato dallo CSAC per il trasporto delle opere, che tu stesso hai ricollegato a quello impiegato da Joseph Beuys nell’opera Das Rudel del 1969. Quel è il tuo rapporto con l’artista tedesco? C’è qualcosa in particolare che ti lega alla sua esperienza?
L. V.: Come dicevo prima, Beuys è un autore canonico, un artista fondamentale dell’arte europea del secondo Novecento. La sua idea di scultura sociale si sviluppa con dei progetti che per i temi che tocca e i linguaggi che esprime si rivelano fondativi per tante ricerche avvenute nei suoi anni e successivamente.
Per me è stato un artista importante che ho guardato molto e alcune sue opere mi hanno coinvolto profondamente.
Il Canone – Luca Vitone
Dal 6 settembre 2020 al 18 ottobre 2020
Through Time: integrità e trasformazione dell’opera, CSAC – Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università, Abbazia di Valserena, Via Viazza di Paradigna 1, Parma
csacparma.it