Da millenni l’Uomo cerca di dare e darsi un’immagine unitaria, una versione ideale di sé. I grandi filosofi da Platone a Sartre, ma anche Locke, Kant, Kierkegard, hanno studiato la vita umana indagandone le dinamiche individuali e collettive in relazione alla percezione del sé.
Le loro riflessioni trovano spazio tra le pagine di Rizhome and the Dizziness of Freedom, catalogo realizzato da Danilo Montanari Editore in occasione dell’omonimo progetto di Mona Osman per la Collezione Maramotti come riproposizione del libro d’artista in mostra insieme ad un nuovo ciclo di dipinti realizzato nell’ultimo anno.
La pubblicazione raccoglie decine di post-it, fogli riciciclati, buste di carta, sui quali la Osman riporta i propri pensieri come parte integrante della propria ricerca artistica. Idee messe nero su bianco come per un guizzo e poi ampliate in pagine più costruite, più strutturate logicamente e sempre scritte a mano con una calligrafia libera da qualsiasi impostazione scolastica o istituzionale. L’impressione è quella di sfogliare un diario personale che è contemporaneamente indagine, ricerca teorica.
Ne risulta una collazione di appunti, riflessioni sulla percezione e sulla costruzione del sé che attraversano temi quali la religione, l’idea di un essere superiore, la filosofia.
Ad alternare la scrittura sono disegni realizzati a penna, traduzioni visive di un complesso di pensieri che più che dare risposte apre a riflessioni. Testo e immagine rinunciano ad una possibile funzione esplicativa, didascalica, per creare simmetria, porre in relazione e in parallelo aspetti apparentemente opposti e inconciliabili per una migliore comprensione del tutto attraverso le parti.
Un approccio che deriva dall’esperienza personale della giovane artista per metà ungherese e metà sudanese, metà ebrea e metà musulmana, e che mette in luce la necessità di pensare al mondo e all’esistenza per interrelazioni più che per fattualità. Nel XI secolo l’informazione veloce e la facilità di viaggiare, con le loro possibilità di esplorare diverse culture, hanno reso impossibile descriversi all’interno di una serie di criteri e categorie uniche e univoche, di una definizione di Sé assoluto. L’Uomo assume allora contemporaneamente il ruolo di Dio di se stesso e di costruttore della Torre di Babele: ambizioso di una comprensione assoluta dell’essenza, si scontra con l’impossibilità stessa di definirla, gettandosi così nell’angoscia e nella sofferenza. Nei pensieri, e poi nei disegni e nelle grandi tele della Osman, la Torre diventa paradigma dell’impossibilità di comunicazione dalla quale derivano la solitudine e l’incapacità di riconoscersi nell’altro.
Ed ecco allora che proprio nelle sue immagini emergono le disillusioni, le precarie strutture costruite dall’Uomo incapace di accettare la mancanza di regole per la propria esistenza. Dapprima la religione – Dio come essere superiore assoluto – e poi la palestra, lo yoga. Tutti tentativi di una definizione esatta del tutto, della vita e dell’ambiente circostante, per sentirsi in controllo e non sprofondare nell’ansia. Eppure da sempre, nonostante il timore, l’Uomo sfida la morte fisicamente mettendo al mondo figli, e intellettualmente attraverso l’arte, la musica, la letteratura.
Lasciando dunque una traccia di sé nel futuro, rendendosi in qualche modo immortale anche senza aver raggiunto quella versione ideale alla quale ha teso faticosamente. Il desiderio, l’amore per l’Altro diventa forza trainante dell’esistenza.
Per sopravvivere alla precarietà della condizione umana, alla sua indefinitezza, non resta dunque che seguire l’insegnamento di Simone de Beauvoir ed accettare l’ambiguità, se non totalmente almeno per grandi, sfruttarne le potenzialità. Come le pagine raccolte, unite, ma ciascuna in relazione all’altra dalla Osman, la costruzione del Sé avviene in relazione all’altro in una stratificazione di concetti, definizioni e immagini.
Le vertigini della libertà, il senso di spaesamento che ne deriva, trovano una cura nel pensiero rizomatico, nel costruire relazioni e connessioni produttive in qualsiasi direzione, abbandonando il dualismo delle categorie.
Le pagine vissute, sporche di inchiostro, sbavate dello sketchbook della Osman diventano, oltre strumento per la ricerca di una possibile identità, un monito, un invito ad avere un’idea di sé costruita attraverso l’esperienza, in equilibrio tra la trascendenza e la fattualità.
Mona Osman. Rhizome and the Dizziness of Freedom
13 ottobre 2019 – 16 febbraio 2020
Collezione Maramotti, Reggio Emilia
Catalogo edito da Danilo Montanari Editore,
Ravenna, 2019