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Agostino Iacurci. Tracing Vitruvio. Viaggio onirico tra le pagine del De Architectura

Agostino Iacurci, illustratore e street artist le cui opere urbane sono visibili in tutto il mondo da Ragusa a Milano, da Parigi a Nuova Delhi, da Monaco ad Atlanta, porta a Palazzo Mosca di Pesaro, con la curatela di Marcello Smarrelli, un progetto che è contemporaneamente opera d’arte e impianto espositivo. Agostino Iacurci. Tracing Vitruvio. […]

Agostino Iacurci, Tracing Vitruvio, veduta allestimento, ph Lorenzo Palmieri

Agostino Iacurci, illustratore e street artist le cui opere urbane sono visibili in tutto il mondo da Ragusa a Milano, da Parigi a Nuova Delhi, da Monaco ad Atlanta, porta a Palazzo Mosca di Pesaro, con la curatela di Marcello Smarrelli, un progetto che è contemporaneamente opera d’arte e impianto espositivo. Agostino Iacurci. Tracing Vitruvio. Viaggio onirico tra le pagine del De Architectura è il progetto, coraggioso e ammirevole, con il quale i Musei Civici inaugurano il nuovo spazio dedicato alle mostre temporanee.

Il viaggio sulle orme di Vitruvio, come indica il titolo della mostra, inizia dalla facciata del palazzo sulla quale Iacurci realizza un ingresso tipico dell’epoca romana, ma trasportato su un piano atemporale attraverso l’utilizzo di linee semplici, forme sintetiche e colori dalla campitura piatta. Ad accogliere lo spettatore nel primo dei due cortili interni è un baldacchino dalle dimensioni esagerate sorretto da quattro paggi titanici la cui tridimensionalità è messa in crisi dall’utilizzo di piani bidimensionali composti, come per le costruzioni di cartone. Figure imponenti eppure così apparentemente leggere la cui posizione canalizza lo sguardo verso il secondo cortile occupato da una struttura appartenente alla stesso immaginario sognante, sospeso tra realtà e metafisica: sulla punta di un pastello dall’altezza inimmaginabile, una figura umana porta alla bocca una sorta di megafono con il quale sembra rivolgersi all’ambiente circostante.

Agostino Iacurci, Tracing Vitruvio, veduta allestimento estrno, Ph Lorenzo Palmieri

All’interno del museo sono gli elementi strutturali come le scale e le colonne e alcuni elementi della collezione permanente a diventare per Iacurci fonte di ispirazione per una riflessione sulle forme e sui colori. Le opere sono qui private della loro autonomia per esistere in funzione di un elemento del passato che sopravvive ancora nel presente come accade, ad esempio, ai tre piedistalli realizzati dall’artista per ospitare una serie di vasi in marmo.

Ad accompagnare lo spettatore verso le sale del piano superiore è ancora una volta la figura umana, elemento ricorrente anche nelle opere realizzate in spazi urbani all’aperto, dipinta questa volta su muro, di profilo a reggere il peso di un’arcata solo immaginata. Ultimo elemento di una serie nel suo complesso necessaria e capace di introdurre e preparare visivamente ad uno spazio espositivo carico di rimandi reali e immaginari. Le pareti delle sale tradizionalmente a tinta unita si popolano di colori, forme e figure per raccontare e analizzare il successo editoriale, dal Rinascimento in poi, del De Architectura di Vitruvio, pubblicato per la prima volta nel 100 a.c. Il volume, testo fondamentale per lo sviluppo dell’architettura e dell’urbanistica non solo del passato, ma anche del presente, è esposto in dieci edizioni differenti provenienti dalla Biblioteca Oliveriana in quanto punto di partenza per una riscrittura degli elementi vitruviani.

Agostino Iacurci, Tracing Vitruvio, veduta allestimento, Ph Lorenzo Palmieri

Colonne, cariatidi e templi, dipinti sulle pareti sembrano tornare in vita in un caleidoscopico linguaggio pittorico dai colori forti e brillanti. Ancora una volta sono la scelta cromatica e la campitura a trasportare le figure e le architetture classiche in una dimensione altra, in costante tensione tra l’erotismo e il candore. Vasi antichi dalle dimensioni surreali sono decorati utilizzando i tre diversi stili di costruzione muraria, mentre proporzioni e prospettiva perdono la loro funzione per rispondere invece alla necessità di una nuova visione, di nuovo spazio. Le pareti delle sale del museo si trasformano in spazi scenografici superando i limiti del linguaggio pittorico e trasformando la percezione dell’ambiente circostante. E’ in questo contesto che trovano una vero e proprio ruolo, non solo funzionale, le teche che ospitano le differenti versioni del volume. Le loro basi si trasformano in finestre a tre arcate i cui vetri riflettenti modificano l’ambiente e moltiplicano il punto di osservazione al pari dei due grandi specchi, uno dalla forma circolare e l’altro quadrato, posti nell’ultima sala a coronare l’uomo come misura di tutto.

Costruito come ulteriore commento alle immagini dei volumi custoditi nelle teche, l’opera di Iacurci si carica di un’autonomia propria capace da una parte di creare una nuova interpretazione contemporanea di uno dei fondamenti dell’estetica occidentale, dall’altra di occupare uno spazio chiuso e delimitato, come quello di un museo, cambiandone la percezione con la stessa forza delle opere realizzate negli spazi urbani. Il risultato è una mostra che “profana” gli spazi dedicati all’arte classica e ridisegna il museo non solo in quanto spazio fisico, ma anche come luogo di storicizzazione e conservazione delle opere d’arte: la chiusura della mostra segnerà anche la fine del viaggio onirico disegnato.

Agostino Iacurci, TracingVitruvio, veduta esterna, Ph Lorenzo Palmieri