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And their spirits live on | Performance di Marianne Heier all’Accademia di Brera, Milano

“Qui non c’è nessuno statement curatoriale, semplicemente questi calchi sono rimasti nei corridoi perché troppo grandi per essere spostati in magazzino. Nell’ombra mormorano piano mentre gli passiamo davanti. Memorie involontarie, memorie passive, testimoni reali, fantasmi.”: è così che esordisce Marianne Heier appena compare davanti al pubblico, vestita di bianco con addome e braccia perfettamente scolpite. […]

Marianne Heier – And Their Spirits Live On, 2019 – Photo Stefano Campo Antico

Qui non c’è nessuno statement curatoriale, semplicemente questi calchi sono rimasti nei corridoi perché troppo grandi per essere spostati in magazzino. Nell’ombra mormorano piano mentre gli passiamo davanti. Memorie involontarie, memorie passive, testimoni reali, fantasmi.”: è così che esordisce Marianne Heier appena compare davanti al pubblico, vestita di bianco con addome e braccia perfettamente scolpite. Come se fossimo durante una visita guidata, l’artista ci conduce lungo il perimetro dell’Accademia di Brera dove si trovano sette copie di sculture antiche e rinascimentali poste lungo le mura interne dell’edificio.
Per Heier le storie e i miti nascosti dietro i calchi in gesso diventano un pretesto per riflettere intorno a temi etici e politici connessi al nostro presente e affronta questioni legate al genere, al potere, all’identità e all’uguaglianza ma anche alla storia dell’arte. Il titolo trae spunto dal volantino prodotto dal gruppo antinazista La Rosa Bianca dopo che alcuni dei suoi membri furono giustiziati e si presenta come una riflessione rivolta ai giovani sul futuro. Gli studenti stessi dell’Accademia sono stati coinvolti attivamente nella realizzazione dell’azione e la performance sarà riproposta durante la OsloBiennal nell’ex Museum of Contemporary Art di Oslo.

Di seguito qualche domanda all’artista.

Martina Matteucci: Come nasce la collaborazione con l’Accademia di Brera?

Marianne Heier: Ho studiato io stessa all’Accademia di Brera negli anni ’90. È lì che ho ricevuto la mia formazione artistica principale, quindi per me è un luogo molto importante sia a livello artistico che personale. Tornando a Milano per un semestre l’autunno scorso ho voluto ristabilire il contatto con quel luogo e anche con il mio passato artistico. Passeggiando nei corridoi ho di nuovo notato le sculture della Gipsoteca di Brera, presenze permanenti mentre intorno a loro tutto è in continuo movimento. Ho visto giovani studenti passargli davanti esattamente come ai tempi facevo io, con estrema naturalezza. Fanno parte del loro ambiente quotidiano. Questa convivenza continua, stratificata e più o meno cosciente con la storia mi sembra interessante a molti livelli, e ho voluto rendere visibile, o attivo se vuoi, l’incontro con queste sculture. Insieme ad Alessandra Pioselli ho quindi contattato l’Accademia di Brera, e ho iniziato a collaborare con i docenti Felice Martinelli e Marco Cianciotta. Attraverso una serie di workshops e incontri abbiamo sviluppato il coro degli studenti, parte importante del lavoro. Abbiamo poi proposto ad Oslobiennalen di presentare una versione dello stesso lavoro all’interno del loro programma. Il lavoro ha quindi due fasi, una a Milano e una a Oslo, ma tutte e due partono dalla stessa collezione di gessi.

Marianne Heier – And Their Spirits Live On, 2019 – Photo Stefano Campo Antico

MM: Descrivi la performance come una “lettera d’amore alla storia dell’arte”. In che modo l’arte classica ci parla ancora oggi?

MH: In tantissimo modi, credo. Dipende naturalmente dall’opera di cui si parla e il contesto in cui la si incontra; ora come sempre l’opera si completa nell’incontro con lo spettatore. Ma penso che queste sculture siano sopravvissute nel tempo anche perché parlano in modo particolarmente forte di esperienze profonde della condizione umana. Sono state ampiamente e internazionalmente distribuite in forma di copie, fanno parte di un vocabolario base di tutto il nostro canone estetico. Come dico nella performance “le conosciamo prima di vederle”. In questo lavoro ho cercato di ‘liberare’ le sculture nei corridoi di Brera dalle letture accademiche, tecniche e stilistiche degli storici dell’arte, e ho invece scelto di raccontarle partendo dai miti e dagli aneddoti. Un gesto di ‘profanazione’, se vuoi. Anche se naturalmente riconosco l’importanza della disciplina della storia dell’arte, penso che il linguaggio specializzato del settore a volte funzioni come un velo intorno alle opere che descrive, finendo per renderle più inaccessibili del necessario. A volte il linguaggio stesso funziona come un sigillo o un’archiviazione. Invece queste opere sono lì ancora oggi, fisicamente parte dello stesso mondo che abitiamo anche noi, e rappresentano esperienze assolutamente riconoscibili. Con questo lavoro ho voluto dire che quello che tu, spettatore, provi nell’incontro con queste opere è valido. L’arte è di chi la incontra, anche attraverso distanze di spazio e tempo.

Marianne Heier – And Their Spirits Live On, 2019 – Photo Stefano Campo Antico

MM: And their spirits live on riflette anche sull’importanza del contesto e la necessità di una sensibilizzazione a ciò che abbiamo intorno. In un mondo pieno di incertezze che pervadono la nostra vita in campo lavorativo, politico e sociale, che ruolo pensi ricoprano le istituzioni museali e artistiche in generale nella creazione di uno sguardo critico sul mondo?

MH: Credo che ricoprano un ruolo importantissimo. L’arte può dare forma e voce a esperienze umane che altrimenti non hanno nome. Ci permette di riconoscere terreni comuni e sentimenti condivisi. L’arte visiva ha come grande qualità anche quella di essere un linguaggio molto aperto, può dare forma a più significati, a volte anche contrastanti o conflittuali contemporaneamente, lasciando spazio per la proiezione di una miriade di prospettive diverse in ogni immagine. Il canone artistico va sempre sfidato e criticato, ci sono sempre zone cieche proprio perché è una creazione collettiva continua. Pensa anche alla mancanza di rappresentazione femminile tra gli artisti nelle collezioni storiche, o di come le prospettive non occidentali siano state escluse, ignorate e soppresse. L’arte ci rispecchia e ci forma, svela senza pietà i pregiudizi culturali e politici di una società. Ma questi pregiudizi nascono spesso dalle interpretazioni delle opere e da come vengono presentate, a volte non sono necessariamente presenti nelle opere stesse. I gessi di Brera rappresentano storie di crisi migratorie, questioni di genere, lotte di classe e problemi di giustizia. Il materiale mitico su cui si basano ha radici che si estendono ben oltre l’Europa. Spesso è possibile trovare anche tracce di resistenza o critica nelle opere dagli artisti stessi. Anche se si riferiscono ad altri contesti geografici e temporali penso che possano essere attivate nel nostro tempo. Nella mia performance cerco di contrastare il ruolo che queste collezioni hanno avuto nella costituzione e nella giustificazione di un’ Europa colonialista, padrona del mondo. Presentate tutte in gesso bianco, e non con i colori o i materiali originali, danno un’idea di storia dominante, unita e continua, che senza interruzione arriva fino a noi. La Gipsoteca di Brera è simile a moltissime altre collezioni, tutte parte di un grande progetto politico, quello del canone europeo e occidentale. Per me è altrettanto importante discutere la collezione stessa, la sua forma e il suo significato, quanto ogni singola scultura.

MM: Come hai ripensato il progetto per la Biennale di Oslo?

MH: A Oslo presenterò il lavoro nell’ex museo di arte contemporanea, ora abbandonato e vuoto. Prima ancora di essere un museo era la sede della Banca di Norvegia, e presenta i segni e le tracce di questo passato. È una casa di fantasmi. Ovviamente non ci saranno le sculture di Brera, che sono troppo grandi e preziose per essere spostate. Le presenterò quindi invece come proiezioni fotografiche in scala monumentale. Penso a queste proiezioni come una specie di continuità delle copie: mentre una volta viaggiavano il mondo in forma concreta come incisioni o copie in gesso, oggigiorno le immagini e i concetti si distribuiscono spesso come immagini digitali e immateriali. La maggior parte delle sculture di Brera non si trovano in Norvegia nemmeno come copie. Ma, visto che si tratta della base del nostro canone estetico, rimangono comunque riconoscibili. Ad esempio sono un forte riferimento, a volte quasi diretto, nella scultura figurativa norvegese del secolo scorso.

Marianne Heier – And Their Spirits Live On, 2019 – Photo Stefano Campo Antico
Marianne Heier – And Their Spirits Live On, 2019 – Photo Stefano Campo Antico

Manus italiano definitivo

AND THEIR SPIRITS LIVE ON
Performance di Marianne Heier
Curatela di Alessandra Pioselli
Recitata in Accademia di Belle Arti di Brera il 3/5, 4/5 e 5/5 2019 come parte della Oslobiennale.