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Joint Is Out of Time | La Galleria Nazionale – Roma

The time is out of joint – O cursèd spite, That ever I was born to set it right è la battuta che Shakespeare fa pronunciare ad Amleto quando il principe di Danimarca, reduce dall’incontro con lo spettro del padre, maledice la sorte che lo costringe a porre rimedio al momento storico e politico che […]

Joint Is Out of Time - Installation View_Courtesy Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea di Roma
Joint Is Out of Time – Installation View_Courtesy Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma

The time is out of joint – O cursèd spite, That ever I was born to set it right è la battuta che Shakespeare fa pronunciare ad Amleto quando il principe di Danimarca, reduce dall’incontro con lo spettro del padre, maledice la sorte che lo costringe a porre rimedio al momento storico e politico che è appunto metaforicamente “fuor di sesto”, scardinato. Ma, Time is Out of Joint è anche il titolo di uno straordinario romanzo pubblicato nel 1959 con cui uno scrittore visionario e distopico come Philip K. Dick racconta la vita di una ridente cittadina americana, immersa in una quotidianità monotona e rassicurante che però sembra andare stretta al protagonista della storia, Ragle Gumm, il quale, pagina dopo pagina, si rende conto che il tempo e lo spazio sono concetti a dir poco relativi, che la realtà in cui è immerso è ben lontana dall’essere oggettiva e nasconde al suo interno la propria fallacia.

Ad ottobre 2016 con Time is Out of Joint si inaugurava una fase rinnovata nella storia della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, con la completa trasformazione e riorganizzazione delle sale del museo sotto la nuova direzione di Cristiana Collu. La mostra ha dischiuso le nuove possibilità del luogo e della sua collezione assumendo su di sé, sin dal titolo, un intento quasi epigrammatico nel conferire assoluta centralità a una nozione di tempo che è, in definitiva, figlia del postmodernismo e dei suoi approdi. Oltre a tramutare il museo in un luogo altro, lontano da qualsiasi definizione univoca che avrebbe potuto pensarlo come custode di una conoscenza che si dà per intero, tutta in una volta, la rilettura delle collezioni e lo scardinamento dei consolidati criteri museografici hanno avuto come inevitabile risvolto la problematizzazione dell’operazione condotta.  Ebbene, in questa prima fase di ripensamento non soltanto degli allestimenti e degli spazi, ma anche dell’istituzione museale tout court e della sua funzione sia pubblica che didattica, ciò che viene ad essere messa in questione, oltre alla metodologia sottesa all’iniziativa curatoriale, critica, storiografica e così via, era la nozione di tempo nella sua accezione più normativa e consuetudinaria. D’altronde, Georges Didi-Huberman in Storia dell’arte e anacronismo delle immagini (2007) ha già mirabilmente illustrato la necessità di un ripensamento del canone a partire da un concetto allargato di temporalità, un tempo impuro in cui si mescolano e sovrappongono ritmi eterogenei. Relatività di spazio e tempo, non linearità del tempo e sua fluidità risiedono dunque alla base di un progetto espositivo che nelle intenzioni dei suoi ideatori si pone in netto contrasto rispetto ai precedenti allestimenti portando con sé un’idea di processualità che consente lo sviluppo di fasi susseguenti e co-esistenti.

Joint Is Out of Time - Installation View_Courtesy Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea di Roma
Joint Is Out of Time – Installation View_Courtesy Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma

È il caso di Joint is Out Of Time, curata da Saretto Cincinelli e Bettina Della Casa e inaugurata lunedì 21 gennaio, che si pone in continuità, nell’approccio curatoriale e nelle scelte di metodo, con il dialogo avviato dalla Galleria Nazionale in occasione della riapertura del 2016.  Più che a una mostra, come sottolineano i curatori durante la conferenza stampa di presentazione, ci troviamo davanti a un progetto che si innesta all’interno del preesistente allestimento – che ha già subito, dal 2016, diverse incursioni silenziose – sposandone idealmente i contenuti e la visione dichiaratamente processuale.  Joint is Out Of Time riapre con un coup de dés la partita presentando disseminati nelle varie sale i lavori, all’incirca una quarantina, di sette artisti, diversi per generazione e linguaggi: Elena Damiani, Fernanda Fragateiro, Francesco Gennari, Roni Horn, Giulio Paolini, Davide Rivalta e Jan Vercruysse. Come ha affermato Giulio Paolini durante la conferenza stampa si è trattato di un “esperimento sorprendete per le coordinate che mette in campo”, secondo un interesse che è quello di distogliere le opere dagli accostamenti abituali che ritroviamo solitamente in mostra, attuando in tal modo una “commistione spericolata attraverso analogie non sempre dichiarate”. Ciò che è stato sottolineato dai curatori, sia nel comunicato stampa che durante la presentazione di Joint is Out of Time, è una prassi curatoriale che ha tenuto effettivamente conto del dialogo e della collaborazione attiva con gli artisti coinvolti, aspetto questo certamente non trascurabile se si tiene conto della complessità dell’operazione condotta, che va a inserirsi in un tessuto di pre-esistenze in cui i rapporti, le consonanze e le dissonanze non sono mai stabilite una volta per tutte e rendono perciò possibile l’inserimento di elementi che in altre circostanze sarebbero stati ritenuti eterodossi e non pertinenti. In taluni casi – Elena Damiani, Fernanda Fragateiro, Davide Rivalta – gli artisti si sono cimentati con la produzione di opere ad hoc per gli spazi espositivi della Galleria Nazionale, in altri – Giulio Paolini – hanno coniugato opere site-specificQui e oltre (da zero a nove), installazione concepita per lo spazio di accesso alla sala di Ercole e Lica – con il riallestimento di lavori presentati anni prima nel museo, in altri casi ancora hanno partecipato attivamente, in prima persona o per tramite di figure a loro molto vicine – Roni Horn, Francesco Gennari, Jan Vercruysse – alla definizione della loro presenza in mostra.

Joint Is Out of Time - Installation View_Courtesy Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea di Roma
Joint Is Out of Time – Installation View_Courtesy Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma

A partire dall’indagine di temi scientifici legati alla storia e alla evoluzione della Terra, Elena Damiani si appropria di elementi trovati reinterpretandoli attraverso un linguaggio che fa dell’assemblaggio di media differenti il tramite principale per la fruizione dell’opera, come testimoniato dalla grande installazione Folding Field N. 12 (2019). Fernanda Fragateiro invece analizza i temi cari al modernismo sia intervenendo direttamente sullo spazio, di cui rivela le ambiguità percettive, a livello materico e costruttivo, sia tendendo la mano alla ricerca storico-documentaria, come nel caso di Overlap (Rivolta Femminile, 1970) del 2018-2019, nato dall’incontro con i testi di Rivolta Femminile custoditi dagli archivi della Galleria Nazionale. Francesco Gennari privilegiando la fotografia, il disegno e la scultura, ricrea un microcosmo personale in cui nella costruzione del sé intervengono gli elementi di definizione di un’identità cangiante, fluida e difficile da afferrare. Nel lavoro di Roni Horn natura e cultura sono due poli che si alternano e si sovrappongono in un gioco di rimandi in cui è subito evidente la capacità mnestica e rievocativa delle superfici su cui si imprime la memoria dei luoghi e di chi li attraversa, come nel caso delle installazioni Water Teller esposte, secondo le direttive dell’artista, esclusivamente alla luce naturale. Davide Rivalta interviene nello spazio interrompendone la continuità con l‘inserimento di elementi stranianti in luoghi inusitati, arrivando a ingaggiare un confronto tra tempo umano e tempo animale. Infine, due grandi nomi, Giulio Paolini e Jan Vercruysse le cui opere si confrontano con una dimensione ontologica e linguistica che nel caso di Paolini indaga l’atto costitutivo e il farsi dell’opera stessa in una cerniera di tempo e spazio che è sospesa, mentre in Vercruysse scandaglia lo statuto dell’opera a partire dalla creazione di quelle che l’artista stesso ha definito atopie, ovvero oggetti che privati della loro funzionalità rivelano una nuova sudditanza al regime del tempo.

Nel finale del romanzo di Dick il protagonista scopre la verità sulla sua vita. Egli è un analista dell’Intelligence e la Terra è impegnata in una guerra interplanetaria, attorno a lui è stato ricreato un ambiente fittizio, popolato da abitanti-attori, in cui avrebbe continuato inconsapevolmente a svolgere il proprio lavoro. Una sovrapposizione continua di temporalità che passano l’una dentro l’altra per confondersi e sfumare. L’allestimento della Galleria Nazionale e con esso il progetto Joint Is Out of Time sembrano voler dimostrare proprio questa possibilità di interazione costante e problematica tra forme differenti di temporalità.

Joint Is Out of Time - Installation View_Courtesy Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea di Roma
Joint Is Out of Time – Installation View_Courtesy Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma
Joint Is Out of Time - Installation View_Courtesy Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea di Roma
Joint Is Out of Time – Installation View_Courtesy Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma
Joint Is Out of Time - Installation View_Courtesy Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea di Roma
Joint Is Out of Time – Installation View_Courtesy Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma