Relativamente di recente si è cominciato a definire Barocco il prodotto artistico-culturale del diciassettesimo secolo. Colpa o merito della furia catalogatrice accademica, in una sua prima delineazione concettuale antecedente, il termine era riferibile a tutte le manifestazioni artistiche che già a metà cinquecento cominciavano a mitigare la matrice classicheggiante quattrocentesca con un’intemperanza eccessiva, confusa, bizzarra: barocca, appunto. Che poi, assunta la teoria per cui la forma dell’arte, di ogni stile o tendenza, è sempre stata governata da un’evoluzione che dall’ordine ha teso inevitabilmente al suo disordine, il Barocco ha certamente ricoperto ogni volta l’ultima tappa di questa mutazione ciclica diventando facilmente un aggettivo estetico: cioè, per definirne una teoria, a qualsiasi tendenza artistica apparterrà sempre una specie di Barocco, un’estrema soggettività artistica incapace di gestire le proprie forme sino a farle esplodere nella sua versione più sensuale e affettiva.
Ben lungi dal dichiarare un’omogeneità estetica, solita figlia di contingenze temporali e sociali, tutti i Barocco dell’arte convivono alla Fondazione Prada, dove Sanguine è l’ambiziosa adunata di Luc Tuymans e l’ottimo pretesto per ricordare l’effimero posizionamento dell’arte nella sua linea temporale: ora mobile e svincolata da qualsiasi criterio filologico per più puri obiettivi di senso.
Per dire: lo sgomento caravaggesco per la natura che si ribella all’umano, mordendolo letteralmente (Ragazzo morso da un ramarro, 1594), non è lontano dallo spaesamento che vive lo strano protagonista antropomorfo di The Human Mask (Pierre Huyghe, 2014), che del post-umano fa una condizione eccessiva e teatrale. O la tensione del Cristo morto di Rubens (1614) ha la stessa, rigida forza espressiva dei soggetti, seppur equini, impagliati da Berlinde De Bruyckere, il medesimo, rassicurante monito di morte suggerito dal bambino dormiente di Borremans e la fredda pallidezza della ragazza morta dipinta da Marlene Dumas.
Non si tratta di illogici giochi strutturali (tra pareti curve e sfondamenti illusionistici di quinte teatrali), neppure (solamente) di perfezionismi luminosi o drammatiche sculture plastiche: Sanguine si chiude nella complessità storica di un temperamento artistico per riaprirsi a un’identità dilatata, nuovamente complice di tutti gli aspetti dell’arte contemporanea.
D’altronde sanguigna è la vitale adesione all’istinto, quella particolare partecipazione ai moti intellettuali di una nuova morale scientifica che tanto coinvolse il secolo decimosettimo quanto, con gli opportuni slittamenti, ancora esercita il suo dominio nella contemporaneità: alla rivoluzione copernicana si sostituisce quella cibernetica, e della precedente coscienza cosmica si aggravano le smanie di onnipotenza umane; alla rivoluzione religiosa si sostituisce quella sociale, degna di qualsiasi pluralità e diversità; della perdita di centralità si esaspera l’attenzione periferica mentre dell’artista dannato rimane ben poco, se non la versatilità dell’uomo barocco.
Tuymans ne interpreta il ruolo, artista tra sessantatré, curatore per gli altri sessantadue: cioè veste la complessità di una figura ibrida contemporanea (perché no, barocca) in grado di migrare tra stordimenti visivi, olfattivi e sonori recuperando un’efficacia mai pretestuosa e traducendola in materia eterna.
È la rappresentazione della brama più alta del Barocco storico: per l’universale rappresentazione dell’infinito ma con la tensione di non essere capaci di rappresentarlo.
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Il percorso espositivo di Sanguine, che si sviluppa negli spazi della galleria Nord, del Podium e del Cinema della Fondazione Prada, è completato dai lavori di Nick Andrews, John Armleder, Carla Arocha e Stéphane Schraenen, Fred Bervoets, Jacques-André Boiffard, Michaël Borremans, Adriaen Brouwer, Pavel Büchler, Jake e Dinos Chapman, Vaast Colson, Njideka Akunyili Crosby, Roberto Cuoghi, Berlinde De Bruyckere, Thierry De Cordier, Willem de Rooij, Cornelis de Vos, Lili Dujourie, Marlene Dumas, Zhang Enli, Luciano Fabro, Giuseppe Gabellone, Marcel Gautherot, Isa Genzken, Joris Ghekiere, David Gheron Tretiakoff, Franciscus Gijsbrechts, Pierre Huyghe, Jonathan Johnson, On Kawara, Zlatko Kopljar, Dominik Lejman, Ives Maes, Maestro dell’annuncio ai pastori, Mark Manders, Diego Marcon, Kerry James Marshall, Takashi Murakami, Bruce Nauman, Nadia Naveau, Cheikh Ndiaye, Vanja Radauš, Tobias Rehberger, Alex Salinas, Yutaka Sone, Henri Storck, Pascale Marthine Tayou, Javier Téllez, Paul Thek, Piotr Tolmachov, Luc Tuymans, Dennis Tyfus, Jan Van Imschoot, Jan Vercruysse, Michaelina Wautier e Jack Whitten.
Sanguine. Luc Tuymans on Baroque
a cura di Luc Tuymans
Fondazione Prada, Milano
in collaborazione con M HKA (Anversa), KMSKA (Anversa) e Città di Anversa
dal 18 ottobre 2018 al 25 febbraio 2019