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Torbjørn Rødland: The Touch That Made You | Osservatorio Prada, Milano

[nemus_slider id=”74729″] — Dopo la Serpentine Gallery di Londra, la mostra di Torbjørn Rødland tocca l’Osservatorio Prada di Milano. Curata da Hans Ulrich Obrist e Amira Gad la mostra presenta foto e video rappresentativi del linguaggio e dell’universo visivo del fotografo norvegese. Ritratti di modelle, paesaggi naturali, musicassette metal, cuccioli di pipistrelli, arance con ciocche […]

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Dopo la Serpentine Gallery di Londra, la mostra di Torbjørn Rødland tocca l’Osservatorio Prada di Milano. Curata da Hans Ulrich Obrist e Amira Gad la mostra presenta foto e video rappresentativi del linguaggio e dell’universo visivo del fotografo norvegese.

Ritratti di modelle, paesaggi naturali, musicassette metal, cuccioli di pipistrelli, arance con ciocche di capelli, cucchiai con residui di torta e frammenti di protesi dentarie. E ancora: cubetti di ghiaccio, polpi e mani, close-up di visi, ginocchia e piedi. Questi sono alcuni dei soggetti rappresentati negli elusivi ritratti, nature morte e foto paesaggistiche di Torbjørn Rødland. A volte si ritrovano imbrattati con sostanze vischiose che colano, a volte i soggetti sono calati in situazioni che preludono a scenari grotteschi e surreali, come fossero props per commedie dell’assurdo o still da un film di Roy Andersson. Questi momenti, sospesi e senza trama esplicita, sollecitano in modo sibillino una varietà di reazioni comprese fra la repulsione e la fascinazione, a ciascuno spettatore la sua. Se, parafrasando Duchamp, è l’osservatore che fa l’opera attraverso il suo sguardo, qui sono le opere a interpretare noi, in uno scambio mutuale, queste foto classificano l’osservatore in base alle sue reazioni. Ciò che le foto di Rødland esemplificano sono i tentativi di “condensare in un’immagine quella qualità che va oltre la mia comprensione” come afferma l’autore in una conversazione con Obrist. Sono, insomma, immagini senza spiegazioni precise, che esprimono l’imponderabile fisicità del mondo e la nostra interdipendenza da ciò che ci circonda. “The muteness of a photograph matters as much as its ability to speak” afferma ulteriormente Rødland in “Sentences on Photography”, decalogo di venti massime pubblicato su Triple Canopy che spiega il suo modus operandi. Quello che ci ritroviamo a osservare è un feticismo per gli oggetti trovati nei negozi a tutto un dollaro e un’estetica che esalta il norm-core, superfici banali ma rese sensuali grazie al mistero o allo humor infuso da un accostamento inusuale, un incontro o un’illuminazione particolare.

Exhibition view of Torbjørn Rødland - The Touch That Made You - Photo Andrea Rossetti - Fondazione Prada Osservatorio, Milano Courtesy Fondazione Prada 2018
Exhibition view of Torbjørn Rødland – The Touch That Made You – Photo Andrea Rossetti – Fondazione Prada Osservatorio, Milano Courtesy Fondazione Prada 2018
Exhibition view of Torbjørn Rødland - The Touch That Made You - Photo Andrea Rossetti - Fondazione Prada Osservatorio, Milano Courtesy Fondazione Prada 2018
Exhibition view of Torbjørn Rødland – The Touch That Made You – Photo Andrea Rossetti – Fondazione Prada Osservatorio, Milano Courtesy Fondazione Prada 2018

In questa mostra si fonde il lirismo di foto analogiche oggettivamente impeccabili con un linguaggio misterioso ed ermetico, risultato dall’incontro fortuito fra l’istantaneità dello scatto con uno studio millesimale del setting. Un’iconologia, attrattiva e disgustosa al contempo, che prende formalmente le mosse delle foto commerciali pubblicitarie, scevre tuttavia dei loro cliché, da quelle popolari, ma mai kitsch, e dall’immaginazione influenzata dalla socialità digitale, mediata dagli schermi, da internet e dalla cultura dei meme.

“The Touch That Made You” commenta sulle cure e le attenzioni che dedichiamo alle cose, così come alle persone, che fanno di noi ciò che siamo. Rødland ci fa indugiare sulle immagini, incerti del suo significato e ammaliati dal piacere della visione; costruisce foto non da decifrare ma, paradossalmente, da toccare, che spingono l’occhio dello spettatore a soffermarsi sui vari strati di percezione e identificazione; sono foto perverse, “perversion is bliss” afferma sempre nelle “Senteces”, in pratica sono foto che si fanno guardare per farsi guardare.

La pratica del fotografo norvegese procede dall’emulazione postmoderna di Sherrie Levine, dagli artisti della Pictures Generation e dal fotorealismo di Jeff Wall, ma a questo aggiunge una personale miscela di malinconia nordica, grazia giapponese e volgarità americana; le sue foto sono indagini sul sentimento, sulla presenza e sull’identificazione più che una riflessione concettuale sulle immagini dello spettacolo o dell’alienazione quotidiana. Rødland esprime qui il tocco, che comunemente è associato solo alle canoniche arti di pittura e scultura, come un aspetto che pertiene anche alla fotografia, e lo trasporta nella creazione d’immagini in cui fonde aspetti psicologici, erotici e spirituali, forzando i generi e facendo con essi qualcosa di perturbante e nuovo.

Torbjørn Rødland Hands and Eyes. Portrait no.1, 2008-2010 Chromogenic print on Kodak Endura paper Framed 58 x 46 cm Edition 3/3 Courtesy of the artist and Nils Særk, Copenhagen
Torbjørn Rødland, Hands and Eyes. Portrait no.1, 2008-2010 Chromogenic print on Kodak Endura paper Framed 58 x 46 cm Edition 3/3 Courtesy of the artist and Nils Særk, Copenhagen
Torbjørn Rødland, The Geller Effect, 2014 Chromogenic print on Kodak Endura paper mounted on aluminium Framed 77.5 x 61.5 cm Edition 3/3 Courtesy of the artist and Eva Presenhuber, Zürich / New York
Torbjørn Rødland, The Geller Effect, 2014 Chromogenic print on Kodak Endura paper mounted on aluminium Framed 77.5 x 61.5 cm Edition 3/3 Courtesy of the artist and Eva Presenhuber, Zürich / New York