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Jacopo Miliani | Male Male Malen

[nemus_slider id=”66728″] Confondere le carte e giocare con i ruoli è un elemento topico della Commedia dell’arte, e della vita, tutto sommato. Pierrot ne fu un esempio prima del trapianto francese: nato in Italia come Zanni, era proprio il simbolo della doppiezza (e quindi della sagacia e dell’astuzia: essere doppi riesce solo a chi è […]

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Confondere le carte e giocare con i ruoli è un elemento topico della Commedia dell’arte, e della vita, tutto sommato. Pierrot ne fu un esempio prima del trapianto francese: nato in Italia come Zanni, era proprio il simbolo della doppiezza (e quindi della sagacia e dell’astuzia: essere doppi riesce solo a chi è scaltro). In terra d’oltralpe acquisì piuttosto i caratteri stereotipati di ciò che definiamo ora “status francese”: romanticismo e solipsismo lunare. Però, in Francia, questo elemento di doppiezza emerse ancora nel 1854 nella celebre fotografia che Nadar fece ad un Pierrot fotografo (da cui il titolo). Di fronte ad Adrien Tournachon il personaggio compie la sua medesima azione: gli scatta una fotografia. D’altra parte questa immagine è passata alla storia per essere una delle prime fotografie tautologicamente critiche (un po’ come Le Noyé di Hippolyte Bayard): si è insieme fotografi e modelli di altri, si coglie e si viene colti, siamo immagini e creatori di icone…

Doppiezza, confusione di sembianze, assenza di significati certi, fluidità sessuale, travestimento, omoerotismo ed edipismo sono alcune delle tematiche su cui indugia Jacopo Miliani nella mostra Male Male Malen in corso da Marsélleria (via Privata Rezia 2, Milano) fino al 28 giugno.

La sintassi è quella performativa, appoggiata al dispositivo pittorico e tradotta in tre sequenze. La prima vede un mimo approcciarsi a sei dipinti “astratti” appartenenti alla serie Il conto: ognuno di questi è intitolato con le pietanze che costituiscono un tipico pasto italiano – Antipasto, Pasta, Contorno, Secondo, Dolce, Vino. Il performer, vestito da cameriere (camicia bianca, pantaloni neri, papillon nero, stringate nere), prende dalla parete, con movimenti lenti e pensosi, uno ad uno i tre dipinti (fondo nero con tre o quattro pennellate chiare che delineano un vaghissimo schema facciale) e poi si posiziona di fronte agli astanti e fa delle smorfie a loro volta “astratte”: non hanno un evidente significato emotivo ma sono solo un medium diverso con cui interpretare i contenuti presenti in quello pittorico con cui il mimo si approccia.

Dal mimo si passa alla seconda performance, con tre Pierrot longilinei completamente nudi, eccetto che per le sneakers nere e i guanti e i calzini bianchi, bianchi come sono bianchi i loro visi inespressivi. Si aggirano per lo spazio lentamente, si sdraiano a terra, si rotolano sul pavimento scoprendo e mostrando i loro genitali flosci. Anche loro hanno una relazione con tre dipinti, uno ciascuno: questa volta tondi, monocromi neri come i bottoni grossi e cupi propri del costume di Pierrot.

Jacopo Miliani MALE MALE MALEN, 2017 Performance 31.05.2017, Marsèlleria, via Paullo 12/A, Milan
Jacopo Miliani MALE MALE MALEN, 2017 Performance 31.05.2017, Marsèlleria, via Paullo 12/A, Milan

Un viso tutto bianco lo ritroviamo anche nella terza performance live che ha aperto la mostra, quella che vedeva l’unica figura femminile vestita da Geisha, che anch’essa si relaziona a dei dipinti, questa volta “espressionisti”, triangolari come ventagli giapponesi, su cui sono abbozzate le linee proprie della barba e dei baffi come prototipi del machismo occidentale, del maschio alpha… ma negli anni diventati spesso linee guida per rintracciare l’omosessualità maschile. Geisha, quindi un simbolo anch’essa, ma questa volta della femminilità genuflessa al piacere maschile e alle sue perversioni di potere castale. E ancora una volta i ruoli si confondono perché i dipinti a ben vedere diventano i ninnoli con cui la fanciulla timida e fintamente ingenua si traveste per sentirsi un po’ uomo, o meglio per sentire che è effettivamente un po’ uomo: gender fluidity, bastano queste due parole.

Farei concludere il percorso della mostra con i dipinti della serie Mommy, I stopped drinking, che sono dei dittici composti ciascuno da un quadro dipinto dalla mamma dell’artista, Antonietta Federici, e da una tela “creata” da Jacopo Milani stesso. I titoli dei sette dittici sono quelli di sette cocktail diversi, e ciò che rappresentano sono l’immagine dipinta del drink che dà il titolo stesso da una parte (“pittura figurativa” ad opera della mamma) e una macchia realizzata da Milani versando quel cocktail su tela dall’altra. Nella sera dell’inaugurazione della mostra venivano presentati in una sala in cui era presente una cassa che riproduceva i brani delle pop star femminili del momento, tra cui Halo di Beyoncé, da cui viene tratta la citazione con cui inizia la fanzine distribuita all’opening: “Remember those walls I built? | Well, baby they’re tumbling down | And they didn’t even put up a fight | They didn’t even make a sound”.

Interessante, e direi esemplificativa dell’intero percorso tracciato da Miliani (sebbene eticamente deviante nell’etica dei diritti gay), la citazione, presente nella stessa fanzine, tratta da Homosexuality as a cause of Alcoholism (1923) di Robert M. Riggal, di cui riporto la traduzione: “La voglia di dolci, alcol e tabacco è spesso motivata dal desiderio di soddisfare le parti erogene della bocca, e nella mia esperienza questa voglia mi porta spesso a praticare la fellatio, il cui desiderio è ovviamente un ricordo inconscio dei capezzoli delle nostre mamme, ed è un’ulteriore prova di quanta parte ha la fissazione per nostra mamma nell’omosessualità e nell’alcolismo”. E mi vengono in mente i cocktail dipinti dalla mamma e quelli rovesciati da Miliani, la musica pop di sottofondo, i ragazzi nudi che voyeuristicamente si nascondono i peni…e il mimo iniziale che produce espressioni che, insieme, non significano nulla e vogliono dire tutto della mostra.

Jacopo Miliani Satomi, 2017 Blue and yellow ink on silk, photograph 57x62 cm
Jacopo Miliani Satomi, 2017 Blue and yellow ink on silk, photograph 57×62 cm
Jacopo Miliani MALE MALE MALEN, 2017 Installation view
Jacopo Miliani MALE MALE MALEN, 2017 Installation view