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La forza della materia, Joan Miró | Mudec

[nemus_slider id=”54312″] Presso il Mudec – Museo delle Culture di Milano è stata inaugurata una mostra dedicata ad una delle personalità più interessanti ed innovative del panorama artistico novecentesco, Joan Miró, intitolata La forza della materia. Nato nel 1893 a Barcellona, sin da bambino cominciò a dedicarsi al disegno. Il padre, orefice, contro le evidenti […]

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Presso il Mudec – Museo delle Culture di Milano è stata inaugurata una mostra dedicata ad una delle personalità più interessanti ed innovative del panorama artistico novecentesco, Joan Miró, intitolata La forza della materia.

Nato nel 1893 a Barcellona, sin da bambino cominciò a dedicarsi al disegno. Il padre, orefice, contro le evidenti propensioni del figlio, lo convinse ad intraprendere la formazione commerciale, finendo anche a lavorare in una drogheria in veste di contabile. Ma, si sa, come tutte le grandi menti agitate e insoddisfatte incuneate in percorsi di vita non propri, Miró fece sempre più resistenza, finché un misto di depressione ed esaurimento nervoso lo portarono, quasi paradossalmente, alla lucidità della mente e, di conseguenza, alla piena dedicazione all’arte. Dopo un periodo di convalescenza presso la casa di famiglia in un comune della Catalogna, Joan fece ritorno a Barcellona. Qui cominciò nel 1912 a frequentare i corsi della Scuola di belle arti, a vivere i fermenti dadaisti intorno alla personalità di Francis Picabia; a comporre opere in stile drammatico-espressionista…fino a giungere ad un’arte sospesa tra velato realismo e viva estasi, con sprazzi di primitivismo. Da qui si spostò a Parigi nel 1919, dove conobbe Picasso e frequentò artisti, poeti e scrittori d’avanguardia, che gli ispirarono opere geometriche e stilizzate, simil-cubiste. Ma fu il 1924 l’anno in cui dipinse un’opera che consacrò definitivamente la sua lingua e il suo spirito: Terra arata, in cui la realtà sembra davvero essere altrove e dominante è un’atmosfera onirica fatta da elementi bimorfi e iper semplificati disposti su un paesaggio bidimensionale. Sempre il 1924 fu l’anno della sua adesione al Surrealismo, di cui fu un importante teorico: si inoltrò sempre più convinto verso una rarefazione, stilizzazione e astrazione dei soggetti rappresentati. Gli anni Trenta segnarono l’inizio della vera e propria sperimentazione artistica di Miró: supporti insoliti, tecniche miste, collage di oggetti comuni fusi in bronzo, disegni, incisione con acquaforte, acquatinta e carborundum. Dopo il matrimonio nel ’29 con Pilar Juncosa a Palma di Maiorca, in occasione del quale si trasferì in terra spagnola, fu costretto a far ritorno a Parigi per lo scoppio, nel 1936, della guerra civile, per poi ritornare ancora indietro per sfuggire all’invasione nazista della Francia. Ma sono anni duri, inaspriti dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Da questo momento la sua produzione fu sempre più apprezzata e la sua personalità sempre più conosciuta. Nel ’54 vinse il premio per la grafica alla Biennale di Venezia e nel ’56 si trasferì definitivamente a Palma di Maiorca in uno studio progettatogli appositamente dall’amico Josep Lluís Sert: la dittatura di Franco in Spagna era opprimente. Questo studio fu la sede della Fundació Pilar e Joan Miró, e Josep Lluís Sert è l’architetto anche della celebre Fondazione Maeght a Saint-Paul, in Costa Azzurra, dove Mirò è stato chiamato a realizzare grandi opere-architetture per il giardino. Tutto è sempre accompagnato da una copiosa e sempre viva produzione, che cominciò anche ad essere raccolta nella Fundació Joan Miró, realizzata a Barcellona nel ’72 sempre da  Josep Lluís Sert. Gli ultimi anni lo videro realizzare scenografie teatrali, sculture monumentali, centinaia di ceramiche ed elaborare idee radicali come la scultura gassosa e la pittura quadridimensionale.

Le sue opere paiono essere sospese in una dimensione di purezza infantile, contaminata dal peso intellettuale della tradizione, da cui trae il tema della donna come simbolo di vita e fertilità; delle stelle come immagine del trascorrere del tempo; degli uccelli, topos di una misura sospesa tra mondo e ultra-mondo. Le linee di disegni, pitture e litografie sono sottili o spesse, i contorni assenti o marcati, i colori accesi, … “Mirò è conosciuto come un grande colorista, parola che significa un po’ tutto e un po’ nulla. Ma c’è molto nero, in tutte le gamme, sia triste che allegro. Mirò riesce a farlo squillare anche come colore molto vivace. Il nero è la linea che si allarga e diventa campitura, pittura, colore. In quel momento si ha un processo di metamorfosi espressiva. La fisicità delle superficie è fondamentale” (Poli). L’assenza di chiaroscuro e prospettiva ci introiettano in un mondo surreale, onirico, in cui, però, pare assurdo trovarcisi famigliari, consimili, … E’ come se Mirò fosse stato capace di creare un mondo in cui poter e saper stare bene. E, forse proprio per questo, e come suggerisce Rosa Maria Malet, direttrice della Fundació Joan Miró e curatrice della mostra, insieme a Francesco Poli, critico d’arte, “la sua opera continua a valere indipendente dal trascorrere del tempo”, caratteristica che, aggiunge, è propria solo di chi possiamo definire un “classico”.

La mostra è stata suddivisa in quattro sezioni differenti. La prima, La gestazione di un nuovo linguaggio, propone opere su carta e tela realizzate tra gli anni ’30 e ’40, in cui donne, uccelli e stelle si oppongono alla tragedia opprimente della guerra, quasi fossero un risvolto ironico di un mondo in cui era difficile stare, una presa di distanza da quelle angosce. La seconda, La libertà del gesto pittorico e la materialità dell’oggetto, vede lo sviluppo dei temi e delle tecniche della pittura, con l’uso, anche, dell’“antimateria” (Poli), ossia di materiali bruti, grezzi, che parlano di quella ricerca di materialità e fisicità concreta nei suoi lavori, sia nelle forme che nei supporti. Crea, negli anni ’50 e ’60, anche sculture in bronzo, mediante la tecnica della fusione a cera persa, a partire dall’assemblaggio di oggetti tratti dall’ambiente popolare e quotidiano. Agli anni ’70 è stata dedicata la sezione Antipittura, in cui, col tentativo di togliere ogni spazio all’illusione, sottopone la pittura a squarci, perforazioni, bruciature, impiegando supporti insoliti quali legno, carta vetrata, dipinti d’arte pompier, … A conclusione del percorso troviamo la sezione La potenza espressiva delle incisioni, in cui sono presentate molte grafiche, aspetto altrettanto centrale della sua produzione. Attraverso questa tecnica, suggerisce Poli, si nota la “connessione con la poesia e con i poeti, come uno degli elementi deterrenti nella sua ricerca nella grafica”.

Joan Miro? Personaggi e uccello,   1937 Inchiostro di china e acquerello su carta,   cm 25 x 32 Collezione privata © Successio? Miro? by SIAE 2016
Joan Miro?,  Personaggi e uccello, 1937,  Inchiostro di china e acquerello su carta, cm 25 x 32,  Collezione privata,  © Successio? Miro? by SIAE 2016
Joan Miro?,   Donne,   uccello,   stelle,   1942,   Matita,   matita morbida,   pastello,   inchiostro di china e acquerello su carta,   cm 42,  5 x 79,   Collezione privata,   © Successio? Miro? by SIAE 2016
Joan Miro?, Donne, uccello, stelle, 1942, Matita, matita morbida, pastello, inchiostro di china e acquerello su carta, cm 42, 5 x 79, Collezione privata, © Successio? Miro? by SIAE 2016
Joan Miro? Dipinto,   1960 Olio,   grafite e mastice su tavola,   cm 50 x 58. Collezione privata. © Successio? Miro? by SIAE 2016
Joan Miro? Dipinto, 1960
Olio, grafite e mastice su tavola, cm 50 x 58. Collezione privata. © Successio? Miro? by SIAE 2016