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Triennale Milano 2025 | Inequalities: disegnare il mondo che ci disegna

In un tempo segnato da crisi multiple, la 24ª Triennale indica che il design e l’architettura non possono più limitarsi a organizzare il mondo ma immaginare forme radicali di convivenza.

Con la 24ª Esposizione Internazionale, la Triennale di Milano torna a interrogare il presente con urgenza, rendendo esplicita la vocazione politica del progetto culturale e posizionando il design come strumento critico e speculativo. Inaugurata il 13 maggio, e aperta fino al 9 novembre 2025, l’edizione 2025 si intitola Inequalities e affronta in modo diretto il tema delle disuguaglianze, un termine che, nella sua apparente semplicità, attraversa e stratifica le molteplici geografie delle ingiustizie contemporanee.

“Siamo tutti nati disuguali”, afferma il presidente Stefano Boeri all’apertura della mostra. È una dichiarazione che non lascia margine a retoriche meritocratiche o neutralità apparenti. Le differenze non sono soltanto biologiche, ma strutturalmente determinate: ambienti, geografie, eredità culturali e sociali tracciano destini divergenti fin dall’inizio. In questo contesto, il design – così come l’arte e l’architettura – viene chiamato a esercitare uno sguardo che sia al contempo analitico e trasformativo.

Inequalities conclude idealmente una trilogia espositiva inaugurata con Broken Nature nel 2019, dedicata alla sostenibilità, e proseguita con Unknown Unknowns nel 2022, riflessione sull’invisibile, dal cosmo ai virus. Se le prime due mostre avevano incrinato i confini dell’umano, la 24ª Esposizione torna a una narrazione profondamente antropocentrica, rivolgendo lo sguardo all’umano, ai suoi corpi e ai suoi spazi. Lo fa anche attraverso il coinvolgimento di voci come Richard Sennett (sul diritto alla città), Tim Ingold (per un nuovo umanesimo), Gaia Vince (sul secolo nomade) e Matilda van den Bosch (sulla salute umana e planetaria), in un tentativo di restituire complessità alle traiettorie del presente.

Come afferma Boeri, per sei mesi gli spazi del Palazzo dell’Arte ospiteranno otto mostre tematiche, dieci progetti speciali e una sezione di Partecipazioni Internazionali, sostenute dal Bureau International des Expositions (BIE). A questo si aggiungono un programma di eventi pubblici e una stagione performativa che animerà i mesi autunnali.

Un dispositivo curatoriale complesso e stratificato, la mostra si articola tra geopolitica e biopolitica, occupando il Palazzo dell’Arte con una doppia lettura delle disuguaglianze: da un lato la loro manifestazione urbana e territoriale, dall’altro le implicazioni sulla vita, sui corpi, sulla salute. I numeri sono significativi: 341 tra artistə, designer, architettə, collettivi e istituzioni provenienti da 73 paesi. Tra le presenze più rilevanti: Norman Foster, Beatriz Colomina, Mark Wigley, Theaster Gates, Hans Ulrich Obrist, Amos Gitai, Kazuyo Sejima, Alejandro Aravena, Elizabeth Diller, Boonserm Premthada.

Il piano terra è dedicato alla dimensione geopolitica delle disuguaglianze, con particolare attenzione al contesto urbano. Le città sono qui interpretate come i luoghi in cui si giocano le sfide più radicali dei prossimi decenni: tra povertà e ricchezza, inclusione e marginalizzazione, sostenibilità e speculazione. La mostra Cities, curata da Nina Bassoli, mette a nudo le nuove polarizzazioni economiche e spaziali che attraversano il tessuto urbano globale.

Milano. Pradoxes and Opportunities – Foto Alessandro Saletta e Agnese Bedini – DSL Studio © Triennale Milano
Cities – Foto Alessandro Saletta e Agnese Bedini – DSL Studio © Triennale Milano
Clay Corpus – Gates Alessandro Saletta e Agnese Bedini – DSL Studio

Particolarmente rilevante è la sezione Towards an Equal Future, della Norman Foster Foundation, che affronta la questione dell’abitare nei contesti urbani più fragili, proponendo prototipi abitativi per emergenze umanitarie che materializzano il tema dell’architettura come infrastruttura etica. La Fondazione presenta un progetto pilota portoghese, sviluppato con il consorzio ZETHAUS/DST Group, che mira a rivoluzionare l’edilizia attraverso un sistema industrializzato, modulare e sostenibile. Coinvolgendo 40 partner, tra aziende, università e centri di ricerca, il sistema è pensato per rispondere a esigenze primarie come alloggi per studenti e strutture sanitarie, con il sostegno del PNRR portoghese. Le prime fabbriche saranno operative da luglio 2025. Towards an Equal Future include anche il lavoro avviato in India, nello Stato di Odisha, dove un’alleanza tra Foster e le Tata Trusts ha portato al riconoscimento formale della proprietà della terra per gli abitanti di insediamenti informali, permettendo l’avvio di processi partecipati di riqualificazione sostenibile. L’intervento, premiato con il World Habitat Award, rifiuta la logica della demolizione forzata in favore di un modello incrementale, radicato nei bisogni e nei diritti delle comunità.

Lo scalone che collega le due sezioni di Inequalities è occupato da 471 Days, installazione che propone una traduzione visiva dei dati relativi al conflitto in corso a Gaza. Tuttavia, l’uso del termine “guerra” in luogo di “genocidio” e la trasformazione del trauma collettivo in un linguaggio astratto sollevano interrogativi sul ruolo del dato nella rappresentazione della violenza. In un tempo in cui le metriche rischiano di sostituire le narrazioni storiche e politiche, l’estetizzazione numerica del dolore rischia di generare distanza, ambiguità, e persino assuefazione visiva.

In una direzione parallela ma più strutturalmente interrogativa, l’installazione di Federica Fragapane si confronta con i dati sulle disuguaglianze a livello globale. I suoi grafici e diagrammi, ospitati in un contesto espositivo, pongono domande importanti sulla musealizzazione dell’informazione statistica: quali sono i tempi di lettura che un museo consente o impone? Che tipo di attenzione viene richiesta a chi osserva? E quale rischio si corre quando i numeri vengono trattati come oggetti estetici? L’opera apre così uno spazio critico sulla relazione tra conoscenza, rappresentazione e fruizione, senza cedere alla semplificazione comunicativa.

Al primo piano, la riflessione si sposta sulle implicazioni biopolitiche delle disuguaglianze. Qui, la mostra si interroga su come la vita – la sua durata, qualità e dignità – venga influenzata da strutture sociali, economiche, ambientali. Il corpo stesso diventa luogo di registrazione e stratificazione delle ingiustizie.

471 Days – Teoldi – Foto Alessandro Saletta e Agnese Bedini – DSL Studio © Triennale Milano
Cities © Alessandro Saletta e Agnese Bedini – DSL Studio
Portraits of Inequalities-Agosti_Stoppa_Foto_Alessandro Saletta e Agnese Bedini – DSL Studio © Triennale Milano
Cities – Foto Alessandro Saletta e Agnese Bedini – DSL Studio_© Triennale Milano

Tra i progetti più radicali e teoricamente densi, We the Bacteria: Notes Toward Biotic Architecture di Beatriz Colomina e Mark Wigleysi impone come uno dei veri centri concettuali della mostra. Riflettere sulle disuguaglianze qui significa ripensare la salute, intesa non come prerogativa dell’individuo umano, ma come campo di relazioni tra microrganismi, ambienti, architetture. I microbi non sono “altro da noi”: sono noi. Il design si riscrive come pratica biopolitica estesa, capace di includere nell’idea stessa di spazio progettato una molteplicità di agenti post-umani, biologici e non.
Colomina e Wigley propongono una genealogia alternativa dell’architettura: una storia di 10.000 anni letta attraverso la lente delle interazioni microbiche. L’architettura non protegge, ma coabita. Non isola, ma connette. Questa visione introduce uno scarto epistemico profondo: se i “corpi” diseguali sono anche batterici, vegetali, virali, allora parlare di disuguaglianze significa riconoscere l’interdipendenza radicale tra le specie, tra l’umano e il non umano. È un gesto teorico che apre a un design post-antropocentrico, in cui la casa, l’ospedale, la città non sono solo spazi per umani, ma habitat condivisi.
Il problema non è tanto includere il “non umano” come tema espositivo, quanto riconfigurare la curatela come processo interspecie, abbandonare la retorica dell’empatia per immaginare forme di alleanza. Non “dare voce” ai batteri, ma comprendere che sono già attori di ogni spazio che abitiamo.

A Clay Corpus di Theaster Gates occupa invece la Casa Lana, trasformandola in un luogo di ricerca e cura della memoria materiale: le ceramiche di Tokoname diventano strumento per pensare il tempo, la fragilità, la trasmissione del sapere. Infine, The Republic of Longevity – In Health Equality We Trust, curata da Nic Palmarini e Marco Sammicheli, interroga la correlazione tra accesso alle risorse e aspettativa di vita, proponendo un’etica della longevità fondata sull’equità. Ciò che emerge qui non è come rendere equo il mondo per l’umano, ma come coesistere in mondi dove l’umano è solo una delle molteplici presenze agenti.

In definitiva, questa 24ª Triennale non pretende di esaurire il tema della disuguaglianza, ma, come ha sempre fatto la Triennale, solleva domande, propone direzioni, attiva possibilità. Non si limita a denunciare, ma mette in moto uno sguardo progettuale, nella gran parte dei casi ancora legato a un’antropologia del progetto, che cerca di leggere il reale per trasformarlo. Il design, in questo contesto, si conferma come pratica profondamente politica. E la mostra come forma attiva di presa di posizione. In un tempo segnato da crisi multiple, la 24ª Triennale indica che il design e l’architettura non possono più limitarsi a organizzare il mondo ma immaginare forme radicali di convivenza.

Informazioni
Inequalities – 24ª Esposizione Internazionale della Triennale di Milano
13 maggio – 9 novembre 2025
Triennale Milano, Viale Alemagna 6, Milano

Cover: Shapes of Inequalities Federica Fragapane ©Alessandro Saletta e Agnese Bedini – DSL Studio

©Alessandro Saletta e Agnese Bedini – DSL Studio
Radio Ballads ©Alessandro Saletta e Agnese Bedini – DSL Studio
China Pavilion – Foto Alessandro Saletta e Agnese Bedini – DSL Studio © Triennale_Milano
Towards a More Equal Future – Foster – Alessandro Saletta e Agnese Bedini – DSL Studio
Towards a More Equal Future – Foster – Alessandro Saletta e Piercarlo Quecchia – DSL Studio