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Alessandro Pessoli e Piero Manai. Sentimento illumina | P420, Bologna

Per Pessoli e Manai il corpo è un involucro di passioni, che rispettivamente si irradiano attraverso la splendente energia del colore oppure essudano dai pori di membra offerte alla vista in tutta la loro carnalità.
Sentimento illumina, Alessandro Pessoli, Piero Manai, installation view, 2024 | Courtesy P420, Bologna. Foto Carlo Favero

Sentimento illumina: è una dichiarazione ermetica a dare il titolo al dialogo serrato che Alessandro Pessoli (Cervia, 1963, vive e lavora a Los Angeles) instaura presso la galleria P420 di Bologna con un corpus di opere di Piero Manai (Bologna, 1951-1988), che lo stesso Pessoli ha selezionato e impiegato come termine di confronto per la creazione dei propri lavori. Questa combinazione di parole è una variante suggerita da Pessoli di un’altra dicitura enigmatica, “Illuminare la pittura”, che compare in un piccolo dipinto di Manai accanto ad una silhouette appena abbozzata che solleva una fiamma (Illuminare la pittura, 1985). Questa immagine non è da interpretarsi, nella lettura di Pessoli, come la volontà da parte di Manai di gettare luce sul linguaggio o sulla rete di significati sottesi alla disciplina della pittura al fine di estrinsecarne i misteri con un occhio positivista, che del resto non gli è proprio, bensì con il desiderio di esplorare la propria interiorità mediante l’atto stesso del dipingere, inteso come pulsione passionale, puro “sentimento che illumina”: un rovesciamento dall’interno che porta all’emersione di stati emotivi prima sepolti. Per Antonio Grulli, che firma il testo critico che accompagna la mostra, la capacità di indagare a fondo l’essenza più intima della realtà attraverso un processo di scavo che dalla superficie scabra delle cose raggiunge, spellando via uno strato dopo l’altro, le orografie sommerse dell’anima, è un tratto connaturante la tradizione artistica bolognese, un genius loci che si perpetua da secoli in forme stilistiche sempre diverse. E la formazione di entrambi gli artisti è intrinsecamente legata alla città felsinea. “Nel caso di Piero Manai e Alessandro Pessoli – nota Grulli – questo strumento di indagine è rivolto verso di sé, verso la propria individualità dotata di una storia specifica e peculiare, verso la propria condizione di esseri umani, verso il proprio corpo da vivisezionare, smembrare e ricomporre, per vedere come funziona e se ancora funziona una volta fatto a pezzi; per scoprire se l’anima si perde aprendo questo sacro vaso fatto di desiderio, piacere, paura e splendore; o forse semplicemente per capire in anticipo se qualcosa sopravvive anche dopo la morte”.

Sentimento illumina, Alessandro Pessoli, Piero Manai, installation view, 2024 | Courtesy P420, Bologna. Foto Carlo Favero
Sentimento illumina, Alessandro Pessoli, Piero Manai, installation view, 2024 | Courtesy P420, Bologna. Foto Carlo Favero

Per Pessoli e Manai il corpo è un involucro di passioni, che rispettivamente si irradiano attraverso la splendente energia del colore oppure essudano dai pori di membra offerte alla vista in tutta la loro carnalità: trattasi di due “temperature” molto diverse, che in mostra corrono in parallelo rispondendosi, “illuminandosi” a vicenda. Tutto inizia con la parete della galleria a sinistra rispetto all’entrata, su cui campeggia una figura femminile nuda, seduta con le gambe accavallate e un cilindro sulla testa, rappresentata mentre osserva una fiamma evanescente che balugina nella sua mano, forse scaturita dalla scintilla di uno schiocco di dita; il cilindro fa pensare in effetti ad una prestidigitatrice che gioca con i trucchi del mestiere per meravigliare il suo pubblico, ma in questo caso è lei stessa ad esserne rapita; dunque la fiamma è più probabilmente divampata per combustione spontanea, come il fiore nell’altra mano, entrambi alimentati dalla fonte di energia che le scalda il petto di una sfumatura dorata. “Sentimento illumina”, appunto; ed è l’opera eponima della mostra. Il dipinto, alto più di due metri, è accostato ad una batteria di dodici opere di piccolo formato di Manai (1981-85): degli studi di figure che non approdano mai ad una sagoma completa e definita, che si tratti di un profilo femminile ritagliato dal collo alle ginocchia o di un torso senza braccia e senza testa inquadrato di spalle. Molti di questi studi sono realizzati ad olio e bitume su fogli di acetato: una materia grassa, “carnosa”, che si spande e si asciuga su una superficie repellente, generando addensamenti di colore che mimano la varietà accidentale dell’epidermide. Si è indotti a pensare che si tratti di alcuni di quelli strati sottilissimi che Manai spella via dal proprio corpo-involucro per esplorarsi in profondità; e ogni strato prelevato trattiene una diversa scintilla di vita emotiva, reificata in una posa assertiva o malinconica, o nella contrazione dei muscoli e delle cartilagini solo intuibili sotto il magma oleoso. Sull’altra metà della stessa parete il dialogo si inverte, in equilibrio dinamico; a sinistra ecco il quadretto di Manai Illuminare la pittura, con la sua fiamma crepuscolare, appena abbozzata, e a destra una serie di otto volti di Pessoli, di cui sei frontali e due di profilo, che nuovamente paiono tante diverse schegge di un medesimo, cangiante paesaggio interiore, forse manifestatesi proprio grazie alla luce crepitante che si irradia dalla fiaccola di Manai. Interventi resi con le più varie combinazioni di matite, pastelli, olio, vernice spray, smalto e acrilico impreziosiscono di grafismi decorativi i lineamenti fisiognomici di per sé ridotti al minimo. Il tumulto emotivo crepita sottopelle ed erutta sotto forma di raggiere di diversi colori, o induce la proliferazione di fiori fantasmatici.

Sentimento illumina, Alessandro Pessoli, Piero Manai, installation view, 2024 | Courtesy P420, Bologna. Foto Carlo Favero

Sulla parete opposta ritorna la fiaccola di Manai; stavolta emana la sua aura su di una serie di quadretti di Pessoli, in cui si riconosce una figura femminile semidistesa che subisce un processo di metamorfosi in quattro stadi, come se si sfilasse di dosso una crisalide assurgendo ad altra natura. Nell’ultimo stadio sulla sua schiena appaiono un fiore e un’ala di farfalla (Girl long legs, 2023). Sulla parete adiacente, ecco un altro processo di trasformazione autoindotta: una figura di Manai, rappresentata di profilo e reclinata in avanti, si stacca la testa dal collo (Senza titolo (figura), 1985); seguono in sequenza dei close-up del cranio, che ora assume le fattezze di una lampadina-utero al cui interno è racchiuso un feto (Senza titolo, 1984); forse un’allegoria della radice infantile del nostro essere, che rimane sepolta nei meandri della mente; e, in fondo, è la riemersione di quegli stati emotivi purissimi, non ancora costretti all’interno delle convenzioni e delle abitudini, lo scopo ultimo dello scavo psichico. Sul lato della parete destra della sala più prossimo alla vetrina sono giustapposte due tele di formato pressoché identico, occupate da analoghi ingombri formali che si distinguono rispettivamente in una massa argillosa uniforme (Senza titolo (monolite), 1986-87) e in un volto laconico analogo ai precedenti, ma adesso dagli occhi – che non incrociano più lo sguardo dell’osservatore – sbocciano mazzi di fiori screziati di rosa e di azzurro (Testa fiorita, 2024). Attraverso queste due opposte manifestazioni fenomeniche è rappresentata la tensione verso la feconda crosta basale della mente, scaturigine di stati emotivi in fiore. Le due opere poste ai lati della soglia che conduce alla seconda sala espositiva manifestano il compimento di tale processo, che è insieme di sprofondamento e di elevazione. A sinistra il Senza titolo (1983) di Manai mostra un volto dalla fronte spaziosa coronato da una figura seduta; dalla parte opposta, Pessoli rappresenta un corpo femminile che si erge, splendente di fiori ed emanazioni radiali di colore, sulla testa di un tricheco (Assunzione della figura, 2024).

Sentimento illumina, Alessandro Pessoli, Piero Manai, installation view, 2024 | Courtesy P420, Bologna. Foto Carlo Favero
Piero Manai, Senza titolo, s.d., olio su tela, cm. 200 x 300 | Courtesy Piero Manai Estate, Bologna e P420, Bologna. Foto Carlo Favero

Arrivati nel secondo ambiente espositivo della galleria, ci si ritrova proiettati nel magma onirico che fluttua negli abissi delle menti dei due artisti, ormai inestricabilmente fuse l’una con l’altra. Qui i dipinti si espandono al grande formato e si “amalgamano” in trittici. Scandiscono la parete di fondo tre teste enormi: al centro un volto frontale di Manai, solcato da scarificazioni plumbee (Senza titolo, s.d.); ai lati, due volti di profilo e sottosopra di Pessoli, popolati da farfalle e pappagalli e muniti di canne fumarie, come se fossero statue monumentali cave rovinate al suolo e adibite ad abitazioni di fortuna (My House – La mia casa #1-2, 2024). Sulla parete sinistra, due sagome di spalle dipinte da Manai affiorano da un fondo monocromatico, solcato soltanto da alcune strisce ortogonali tono su tono; il primo corpo è privato delle braccia e delle gambe e ha un profilo perduto incassato in uno stretto riquadro (Torso, 1984), mentre il secondo si specchia nel suo doppio color sangue (Senza titolo, 1984). I due dipinti si dispongono ai lati di una tela di formato orizzontale di Pessoli, raffigurante un’altra figura dai tratti femminili, nuda e stante, che stavolta svetta dal dorso di un elefante giacente su un letto di fiori (Before the dark, 2024). Come nell’opera a sinistra, il volto dell’animale è privato degli occhi; il riquadro che bloccava la testa della figura di Manai adesso si è trasformato in un’aureola dorata. Dietro la figura femminile, all’altezza delle sue spalle, corre in orizzontale una striscia rosa scuro, che ricorda quasi il braccio orizzontale di una croce. La figura presenta anche una singola ala angelica, le cui piume sono screziate degli stessi colori che nelle opere precedenti si diramavano a raggiera. Queste suggestioni latentemente cristiane ritornano anche sulla parete opposta, dato che l’opera centrale, Illumina la pittura (deposizione) (2024) di Pessoli, rappresenta il corpo di un santo aureolato abbandonatosi ad un sonno eterno: dalla fiamma che balugina nel suo ventre sboccia un tripudio di fiori amorfi, mentre un altro fiore bianco risale dall’occhio destro. Ai lati, di nuovo i corpi di Manai fluttuano, meditabondi o assopiti, nel liquido amniotico (Senza titolo, s.d.; I quadri nello studio. Illuminare la pittura, 1985). Sull’ultima parete, un uomo disteso in scorcio – chiara citazione del Cristo morto di Mantegna – è vegliato da un asino e da una leonessa, in un cortocircuito lisergico tra le iconografie tradizionali della natività di Cristo e della sua deposizione nel sepolcro (Love and Death (dreamer), 2024). L’uomo è sospeso placidamente tra la vita e la morte e sogna una nuvola di fiori, che pare la chioma di una magnolia in primavera. Dalle profondità dell’Es le passioni pure risalgono alla luce.

Sentimento illumina, Alessandro Pessoli, Piero Manai, installation view, 2024 | Courtesy P420, Bologna. Foto Carlo Favero
Alessandro Pessoli, Illumina la pittura (deposizione), 2024, matite colorate, olio, vernice spray su tela, cm. 224 x 290 | Courtesy l’artista e P420, Bologna. Foto Carlo Favero
Sentimento illumina, Alessandro Pessoli, Piero Manai, installation view, 2024 | Courtesy P420, Bologna. Foto Carlo Favero