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Mariella Bettineschi – All in One alla Triennale Milano

Testo di Aurelio Andrighetto — Aurelio Andrighetto: Per chi conosce il tuo lavoro, il salto dalle opere degli anni Ottanta a quelle fotografiche più recenti, nella mostra All in One alla Triennale Milano, a cura di Paola Ugolini (fino al 24 marzo 2024), porta l’attenzione su quella fase in cui l’uso artistico della fotografia digitale e […]

Mariella Bettineschi – All in One – Foto Gianluca Di Ioia ┬® Triennale Milano

Testo di Aurelio Andrighetto

Aurelio Andrighetto: Per chi conosce il tuo lavoro, il salto dalle opere degli anni Ottanta a quelle fotografiche più recenti, nella mostra All in One alla Triennale Milano, a cura di Paola Ugolini (fino al 24 marzo 2024), porta l’attenzione su quella fase in cui l’uso artistico della fotografia digitale e le tecniche di appropriazione e manipolazione dell’immagine ha contribuito ad orientare la tua ricerca. La scontornatura, che utilizzi per isolare le figure dallo sfondo, s’inserisce in una cultura del taglio e del prelievo, connessa alle pratiche di “appropriazione” e anche di ri-mediazione, ovvero di passaggio da un medium all’altro, che caratterizzano gran parte dell’arte contemporanea. Questa operazione di ritaglio affonda le sue radici nel passato, dal quale peraltro provengono le figure femminili che hai “prelevato” dalla storia dell’arte. 

Mi potresti raccontare come ti è venuta l’idea di ritagliare e prelevare queste figure dal loro contesto, aggiungendo il taglio che raddoppia gli occhi? Tagli su ritagli (digitali), che tutto sommato sono nel tuo percorso creativo analogico da molti anni (penso a tutti i tuoi lavori su carta, per esempio).

Mariella Bettineschi: Come sai, perché conosci bene il mio lavoro, il taglio, il ritaglio, il collage, sono da sempre nel mio lavoro, soprattutto nella sezione che io chiamo, impropriamente, Drawings, perché contengono, oltre i disegni, vetri, ricami, collages… Link

Le opere a cui fai riferimento appartengono al ciclo L’era successiva, che nasce nel 2008 ed è ancora in corso. 

Questo è un mio piccolo testo che racconta cosa è L’era successiva.
Il ciclo L’era successiva nasce nel 2008 all’inizio della crisi mondiale che coinvolge le economie di molti paesi (ed è ancora in corso, più che mai attuale data la pandemia che ci ha colpito e le guerre che si sono scatenate). 
L’ambiente, la cultura, sono ancora una volta a rischio di sparizione.
Io segnalo questo rischio mettendo in primo piano Nature, Biblioteche (i luoghi stessi del vivere e del sapere) invase da presenze misteriose, vapori, gas, che cancellano il centro dell’immagine, lasciandone solo slabbrati contorni. 
Confido nelle donne, capaci, oltre che a mettere al mondo il mondo, di salvarlo. 
Mi ispiro, per la loro forza di penetrazione e per la loro assoluta bellezza e integrità, ai ritratti femminili della nostra cultura (Fornarina, Giuditta, Cecilia Gallerani, Maria de Medici…). 
Questi quadri sono interamente ridipinti attraverso la digital painting e stampati, con una tecnica messa a punto da me, su un supporto trasparente, come il vetro o il plexiglas.
Parto dalla scelta di un dettaglio significativo dove la postura, lo sguardo siano molto importanti, elimino completamente il fondo, lo dipingo, lo porto in bianco e nero, lo innalzo su una base bianca e con un gesto radicale, femminista, taglio gli occhi del Ritratto scelto e li raddoppio.
Questi occhi medusei disturbano e morbosamente attraggono, come la rasoiata di Un chien andalou di Luis Buñuel e Salvador Dalí. 
Lo spettatore, in un primo momento, è attratto dal loro essere icone dell’arte rinascimentale, improbabili nel contesto espositivo contemporaneo. 
Si avvicina sorpreso, ma appena è di fronte all’opera rimane ipnotizzato dalla presenza di quattro occhi che lo guardano. 
Sono occhi reali che lo guardano, lo interrogano, sono gli occhi di donne che, attraverso il mio intervento artistico, da oggetto sono diventate soggetto. 
Loro ci dicono che ambiente, animali, vegetali, minerali, donne e uomini sono tutti collegati in un equilibrio molto fragile.
Comprendere e rispettare questo equilibrio è entrare ne L’era successiva. 

AA: Gli occhi che «disturbano e morbosamente attraggono» delle tue donne rappresentano una fase del tuo percorso artistico, che incrocia quello dei movimenti femministi.
Il femminismo in Italia trova la sua espressione più coesa nel Movimento di Liberazione della Donna (MLD) costituito nel 1970. La sua protesta si focalizza sulla «natura specifica dell’oppressione della donna a livello economico, psicologico e sessuale». Nello stesso anno nasce anche il Fronte Italiano di Liberazione Femminile (FILF) che porta l’attenzione sugli aspetti sociali della discriminazione in modo più esteso, allargando anche al campo della cultura e dell’arte. 
Un contributo importante per il riconoscimento del ruolo svolto dalla donna nel campo delle arti visive viene dalla mostra itinerante Women Artists: 1550-1950 organizzata negli Stati Uniti tra il 1976 e il 1977, e da Künstlerinnen International 1877-1977 organizzata a Berlino nel 1977. In Italia con la mostra L’altra metà dell’avanguardia 1910-1940. Pittrici e scultrici nei movimenti delle avanguardie storiche, curata da Lea Vergine nel 1980. 
I tuoi lavori degli anni Ottanta interpretano questa climax utilizzando le tecniche del lavoro femminile (ricamo e cucito) in modo critico e al tempo stesso poetico. Nella mostra All in One ne sono esposte alcune. Quali sono le tue opere che ritieni più significative a questo riguardo?

MB: Tutto il mio lavoro, sin dagli anni 70, che io chiamo preistoria, tende alla costruzione di un alfabeto femminile.
E’ un lungo percorso di messa in prova, che occupa quasi 10 anni, dalla fine dell’Accademia (1970) fino al 1979 quando impacchetto alcune opere, le copro di catrame e le chiamo Chiudo!
E’ la mia definitiva presa di distanza da più di 10 anni di apprendimento, fra liceo artistico e accademia di belle arti, trascorsi tutti sotto lo sguardo maschile.
Da questa tabula rasa, collegandomi ad un sapere minimale, fatto di piccole cose appartenenti al mondo femminile nascono i Morbidi, piccoli cuscini di organza, imbottiti di fiocco, sui quali, attraverso l’oro, scrivo frasi come Tenere in ordine la propria vita selvaggia, Dio conta le lacrime delle donne, Fare l’anima a mano, Essere così sole da dividersi in due per farsi compagnia…oppure disegno visi, animali, teschi… 
Mi chiedi quali sono le opere più significative. Tutte, perché un gruppo è pregno del gruppo successivo che è pregno di quello successivo. Nel mio lavoro è sempre così, ogni ciclo è come il capitolo di un unico libro. Tutto è collegato, è il grande racconto come lo definisce Michel Serres nel libro Il mancino zoppo. Dal metodo non nasce nulla. 2023.

AA: La nostra conversazione illumina i due nuclei della mostra alla Triennale: le opere degli anni Ottanta (dal 1980 al 1985) e quelle della serie dal 2008 al 2023 (L’era successiva), che include le figure femminili dallo sguardo conturbante. Questa serie comprende anche gli interni invasi dalla luce, da te immaginati come la caverna di Jules Verne, piena di tesori, quindi splendente di molte verità. 
Se per te va bene, vorrei concludere la nostra conversazione chiosando la tua ultima risposta attraverso una libera interpretazione di queste immagini. 
Le stesse nubi luminose che invadono gli interni architettonici girovagano anche per i paesaggi. Le hai concepite come dei gas, simili allo Zyklon B. Segnalano un pericolo per la cultura e per la natura, ma potrebbero essere anche enigmatiche apparizioni. Inoltre, considerando il rapporto che L’era successiva ha con la storia dell’arte, come non pensare ai gas inerti che Robert Barry liberò nell’aria, e naturalmente anche all’infrasottile (inframince) di Marcel Duchamp? Ne parla per la prima volta nella rivista View del 1945, per la quale progetta il collage con la bombola che esala gas. 
A dispetto delle intenzioni dell’artista, l’opera moltiplica i significati e dirama il senso nei modi più imprevedibili. La nube luminosa che invade le biblioteche richiama alla mente anche la nube dello Pseudo-Dionigi, la «tenebra luminosissima» della teologia negativa o apofatica, sulla base della quale l’abate Suger de Saint-Denis concepì l’architettura gotica, un’architettura invasa dalla luce, come i tuoi interni. 
L’estetica medievale della luce e lo Zyklon B, la caverna di Jules Verne e l’infrasottile… Come possono questi interni e paesaggi richiamare alla mente cose così lontane tra loro? Queste immagini stimolano un pensiero associativo e analogico, diverso da quello consecutivo e sequenziale, un modo di pensare caratterizzato dalla capacità di cogliere l’insieme collegando e integrando. «Tutto è collegato» nel tuo lavoro come nel mondo in cui viviamo, e lo sguardo “raddoppiato” delle tue figure femminili coglie questi legami. 

MB: E’ così, questo è l’approccio femminile alla lettura del mondo, per questo ho dovuto fin dall’inizio costruire un mio alfabeto, in solitaria, fuori dal mainstream maschile.

Mariella Bettineschi – All in One – Foto Gianluca Di Ioia ┬® Triennale Milano