ATP DIARY

I nuovi cicli di mostre “Sul Guardare” al XNL Piacenza

Testo di Angelica Lucia Raho — Nel 1971 John Berger realizza per la BBC una serie televisiva intitolata Sul Guardare, mettendo in luce rimandi in oggetti d’osservazione, apparentemente lontani tra di loro, ricucendo un senso di somiglianza. Allo stesso modo il progetto di XNL Piacenza a cura della direttrice Paola Nicolin, liberamente ispirato all’opera di […]

Installation views, Sul Guardare Atto 2° / Berlinde De Bruykere, Giovanni Angelo Del Maino, Carol Rama, 2024. Berlinde de Bruyckere, 16 November ’18 2019. Dettaglio. Courtesy l’artista, Galleria Continua e XNL Piacenza. Ph. Daniele Signaroldi.
Installation views, Sul Guardare Atto 2° / Berlinde De Bruykere, Giovanni Angelo Del Maino, Carol Rama, 2024. Berlinde de Bruyckere, 16 November ’18 2019. Courtesy l’artista, Galleria Continua e XNL Piacenza. Ph. Daniele Signaroldi.

Testo di Angelica Lucia Raho

Nel 1971 John Berger realizza per la BBC una serie televisiva intitolata Sul Guardare, mettendo in luce rimandi in oggetti d’osservazione, apparentemente lontani tra di loro, ricucendo un senso di somiglianza. Allo stesso modo il progetto di XNL Piacenza a cura della direttrice Paola Nicolin, liberamente ispirato all’opera di Berger, propone un metodo di dialogo tra l’arte contemporanea e le collezioni dei musei piacentini.
Il primo atto del percorso ha visto Massimo Grimaldi in dialogo con due opere della Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi. Sul Guardare – Atto 2° parte da una statua di recente attribuzione allo scultore pavese Giovanni Angelo Del Maino, proveniente dalla Chiesa di Sant’Eufemia di Piacenza, intitolata Dolente (inizio XVI secolo). Grazie alla collaborazione con il Centro Conservazione e Restauro La Venaria Reale e l’Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici della Diocesi di Piacenza-Bobbio, Dolente è diventato un caso studio sulla trasformazione del gusto rispetto alla rappresentazione della resilienza al dolore: il restauro sulla scultura lignea ha riportato alla luce stratificazioni di interventi che diventano manifestazione della storia di una comunità. Esposta al piano terra, insieme alla sua analisi radiografica, fa da preludio alla mostra di Berlinde de Bruyckere (Gent, 1964) e Carol Rama (Torino 1913-2015).

Tratte da collezioni private, le incisioni di Carol Rama sono un delicatissimo pugno allo stomaco. Franco Masoero, stampatore di fiducia, testimonia la sua attività grafica, rituale e parallela a quella pittorica: le opere non sono concepite come multipli ma come pezzi unici. Rama aggiunge alle incisioni sempre un intervento pittorico, spesso con lo smalto per unghie, come nella serie di acqueforti Seduzione (non i fiori) (2004), secondo il racconto dalla curatrice della sezione Alexandra Wetzel. In mostra anche le acqueforti Le parche (1947), una delle quali esposta alla Biennale di Venezia del 1948 con il titolo Le madri – proprio l’incisione che Masoero aveva notato e lo aveva spinto a pensare a una collaborazione – e il libro d’artista La mano bianca (2005), con un haiku di Edoardo Sanguineti:

«la mano, pallida,
sotto l’ultima neve,
scopre i cuori:».

Le opere di Rama sono fortemente biografiche: i fiori sono quelli con cui la madre creava coroncine da mettere sui capelli quando passeggiavano sul prato dell’ospedale psichiatrico; Le amiche (2005) è il ritratto con Dorina, sua compagna di scuola, ma dettato da un rapporto conflittuale con l’amicizia femminile che traspare da un’algida distanza tra i due soggetti. In L’esilio e il ritorno (in Carol Rama, a cura di Lea Vergine, Sagrato del Duomo, Mazzotta, Milano, 1985) Edoardo Sanguineti scrive: «Mi piace supporre che Carol rappresenti energicamente il caso dell’artista che prova un brivido di spaventato sbalordimento dinanzi al primo materializzarsi del proprio immaginario più profondo, e a lungo si studia, in faticoso esorcismo, di raffreddarlo, di aggirarlo, di proiettarlo neutralizzato in una catena di soluzioni equivalenti, ma rese controllabili e sopportabili, e diciamo pure indolori».

Le opere di Berline de Bruyckere, i cumuli di coperte sui letti e i corpi in metamorfosi, sono sculture di una monumentalità sacrale e intima allo stesso tempo e riflettono il Dolente nella loro forma drammatica. L’artista belga si lascia infatti influenzare dal Rinascimento fiammingo, dagli antichi maestri europei e dall’iconografia cristiana. Amore, sofferenza, pathos, tenerezza e disagio si incarnano nei corpi indifesi e perturbanti fatti di cera, tessuto e pelle di animale. Il titolo dell’opera suggerisce un ulteriore stratificazione del lavoro: Aanéén-genaaid (1999), ovvero “cucito insieme” e quindi “rimontato”, è una figura indifesa, avvolta dal tessuto delle coperte che sembrano confondersi con la sua stessa carne. Si intravede un capo chino, delle braccia nascoste e due gambe sulle quali si sente la fatica dello stare in piedi, fisica e mentale. 
Anche de Bruyckere trae dal suo immaginario autobiografico: la coppia di lavori Walburga 16 november ’18 (2019) e 16 november ’18 (2019) si riferisce alla sua infanzia in un collegio di suore in isolamento. Le coperte sono poste all’aperto senza riparo per molti mesi, hanno tracce di usura e muffa, la struttura fatta di strati su strati di stoffa, progettata per riparare e proteggere, ha fallito la sua funzione ed è vittima delle intemperie. L’opera 20,2007 (2007) è una scultura in cera e resina epossidica, elementi che danno la stessa sensazione tattile e visiva della pelle umana. La figura amorfa è custodita in una vetrina, come un esemplare tassidermico in un museo di storia naturale, oppure come un oggetto prezioso conservato in un reliquiario.

Al piano superiore la prima personale in una istituzione italiana di Andrea Sala (Como, 1976). Nella mostra Sul Guardare – Atto 3° Sala lavora a contatto con i depositi del Palazzo Vescovile di Piacenza, dove ha selezionato scatole, vesti sacre, contenitori, coppe, candelabri e riproposti in una cornice nuova insieme alle sue sculture in ceramica, vetro e rame smaltato. Manuel Ferrari, direttore dell’ufficio Beni Culturali Ecclesiastici della Diocesi, nota: «Sono opere talvolta danneggiate, consumate, movimentate, trasformate, che forse non hanno perduto la loro natura devozionale per chi le frequenta da sempre, eppure, per chi le incontra per la prima volta appaiono sospese nel tempo, lontane, bisognose di cura». 

Installation views, Sul Guardare Atto 3° : Andrea Sala. Courtesy l’artista e XNL Piacenza. Ph. Daniele Signaroldi.

Entrambe le mostre infatti manifestano un senso di vicinanza intima all’oggetto e all’osservatore. Le opere di Sala, insieme agli oggetti del deposito, sono armoniosamente disposti su un display-opera quasi ellittico che occupa tutto il centro della sala e può essere attraversato dall’osservatore in movimento. In quel momento, data l’altezza minima della pedana, l’istinto è quello di azzardare un approccio ravvicinato con gli oggetti e le opere. È infatti importante la relazione emotiva con i materiali, XNL ha permesso all’artista di frequentare assiduamente i depositi così da creare una relazione personale con il patrimonio. Il senso di intimità ritorna anche nella natura stessa degli oggetti ai quali siamo difronte: sono involucri che avvolgono e conservano, sono vesti, scatole, coperte insieme a Ceramiche bucate (2024), Zucche scritte (2024) e Zucche vetrate (2024). La ricerca di Sala è infatti spesso dettata dalla fascinazione delle forme e dei materiali, in questa occasione gioca molto sul contenuto e sul contenitore. Sala indaga a fondo il mondo dei prodotti industriali, dove gli oggetti perdono progressivamente la loro funzione ed è interessato al rapporto dell’essere umano con essi. Questo si presenta anche nella confluenza di maestranze del territorio con cui realizza le sue opere: lo smalto dalla Puglia, la terracotta dalla Toscana, i vetri dalla Lombardia. Le opere di Sala si rifanno molto al senso di custodia e protezione come strumenti sociali dell’oggetto per tramandare una storia. Le scritte sulle zucche sono minerale, naturale e silicia, realizzate in metallo smaltato, e si riferiscono a pietra, papiro e silicio, gli elementi sulla quale è segnata l’evoluzione della scrittura, e quindi le capacità analitiche, associative e di astrazione dell’essere umano. Le Ceramiche bucate sono strutture linguistiche pre-logiche: l’oggetto è un progetto, le opere sono frutto della natura concettuale della scultura.

Il rapporto tra i quattro artisti è un geniale gioco di legami e rimandi. Il dolore, il senso di protezione, la stratificazione dei materiali e il tempo che attraversa un’oggetto, sono interpretati secondo distinte pratiche artistiche. Apparentemente molto distanti tra loro nella pratica e nella generazione, costruiscono invece una conversazione che confluisce poi nell’obiettivo di rimediazione del patrimonio locale. 

Insieme alla mostra di Andrea Sala, XNL Piacenza propone una rassegna di performance a cura di Nicola Ratti simbolo/voce/corpo, strutturata in tre azioni: Caveja di Enrico Malatesta, Planea/Talea di Alessandro Bosetti e L’Assente di Miranda Secondari, più info sul sito.

Sul guardare – Atto 2°
Berlinde de Bruyckere, Giovanni Angelo Del Maino e Carol Rama
A cura di Paola Nicolin, con la collaborazione di Alexandra Wetzel

Sul Guardare – Atto 3°
Andrea Sala
A cura di Paola Nicolin

2 marzo – 30 giugno 2024

XNL Piacenza