ATP DIARY

Le mostre di Jugopetrol e Trapezio Gallery | Bologna

Tra le tante mostre che hanno invaso la città di Bologna nella settimana di Art City colonizzandone gli spazi più vari e diversificati, due iniziative in particolare si sono distinte per il fatto di aver preso vita in realtà alternative, pittoresche e nascoste nel tessuto urbano bolognese. Nello spazio Jugopetrol di Flavio Favelli (Firenze, 1967), […]

Favelli, Grubic, Macias, Try again. Fail again. Fail better, Jugopetrol, Bologna. Veduta d’allestimento

Tra le tante mostre che hanno invaso la città di Bologna nella settimana di Art City colonizzandone gli spazi più vari e diversificati, due iniziative in particolare si sono distinte per il fatto di aver preso vita in realtà alternative, pittoresche e nascoste nel tessuto urbano bolognese.

Nello spazio Jugopetrol di Flavio Favelli (Firenze, 1967), ricavato in un luogo liminale dell’immediata periferia di Bologna a pochi passi dal quartiere della Manifattura delle Arti, nei giorni di Art City si è materializzata la mostra Try again. Fail again. Fail better, con opere dello stesso Favelli in dialogo con altre di Igor Grubić (Zagabria, 1969) e Juan Pablo Macías (Puebla, 1974). Il filo conduttore tra i lavori è una riflessione condotta dagli artisti sulla loro stessa pratica e sull’evoluzione a cui questa è andata incontro di tentativo in tentativo, facendo tesoro degli errori lungo il percorso. Le ricerche dei tre artisti sono anche connotate da una certa inclinazione allo sguardo di lungo periodo sul piano storico, che si traduce nell’auraticità talvolta nostalgica, talvolta arcana del manufatto artistico. Di Favelli sono esposte opere composte da francobolli, adesivi pubblicitari, copertine di libri (tra cui un esemplare del catalogo di Arte Fiera 1976), banconote, ritagli di giornale: testimonianze e documenti risalenti al passato italiano recente, vissuto in prima persona dall’artista, di cui sono indagati simboli e iconografie, tra ricercato senso di anacronismo e risemantizzazione. Juan Pablo Macías propone alcune incisioni a puntasecca effettuate su lastre di stampa salvate dallo smaltimento, provenienti dall’atelier della Fondazione il Bisonte di Firenze, che prendono il titolo di guaita_bisonte_proudhon_jousse. Macías frattura i finissimi tratteggi che delineano sulle lastre rappresentazioni ottocentesche inscrivendovi citazioni tradotte in lingua etrusca dell’economista e filosofo anarchico Pierre-Joseph Proudhon e termini in aramaico tratti dal libro L’antropologia del gesto di Marcel Jousse (che studia le implicazioni della gestualità nella creatività e nell’evoluzione umana). Il richiamo alla cultura etrusca è un omaggio alla fondatrice dell’atelier fiorentino, Maria Luigia Guaita, le cui ceneri sono conservate in un’urna in pietra con incisioni etrusche situata nel cortile. Completa la mostra una serie di collage di Igor Grubić, esplicitamente ispirati all’estetica del Costruttivismo Russo, che giustappongono immagini d’epoca (si riconoscono ad esempio il Monumento alla Terza Internazionale di Vladimir Tatlin, oppure una foto che ritrae Pasternak, Eisenstein e Majakovskij), ingranaggi stilizzati, silhouette di fabbriche e scritte come “Kunst als soziale Strategie”. L’estetica è quella pubblicitaria agit-prop, impiegata all’epoca per trasmettere ideali rivoluzionari, e risemantizzata da Grubić allo scopo di suggerire un nuovo orizzonte utopico dopo aver vissuto in prima persona il trauma della guerra in Croazia nel 1991-1995.

Favelli, Grubic, Macias, Try again. Fail again. Fail better, Jugopetrol, Bologna. Veduta d’allestimento
Igor Grubic, collage, 1998, 90.2 x 60 cm
Juan Pablo Macias, guaita_bisonte_proudhon_jousse, 2023, incisione a punta secca su lastra trovata, carta giapponese 20 gr, cm 50 x 70 cad., 9 + 2AP

Ben diversa, invece, l’operazione portata avanti dalla neonata Trapezio Gallery, insediatasi nell’artist-run space Gelateria Sogni di Ghiaccio. La “galleria” si presta ad una riflessione metanarrativa sulle caratteristiche e le regole implicite dei luoghi afferenti al sistema dell’arte. Nella sala è ospitata una apparentemente classica “collettiva” (il titolo è Lo Sguardo Fuori) di quattro artisti dimenticati, che il direttore dello spazio Luigi Canè ha selezionato dalla propria collezione personale “per il loro punto di vista originale sul tangibile e per la loro poetica contemplativa”; così riporta il foglio di sala. I media impiegati sono i più classici: pittura, scultura, disegno, fotografia. Proprio del foglio di sala è opportuno avvalersi per ottenere qualche indicazione biografica relativa a queste quattro personalità tutte da riscoprire: Letizia Durante (1971) è definita come “la più indisciplinata ‘allieva’ di Ghirri”, che nella serie dei Non inquadrati fotografa degli interni perturbati dall’assenza incombente di qualche soggetto fuori campo; Gustavo Romeoni (1927-2008), scultore autodidatta militante nel “Circolo di Santo Spieno” e famoso per il suo progetto di ricostruzione delle fognature della Valle del Sacco, è presente in mostra con un bronzo che era utilizzato come fermaporte dal padre del gallerista; Théo van Breukelman (1964), ispirato dalla carica sovversiva dei Bamboccianti, pittori olandesi nella Roma del Seicento, ha dipinto Nachtelijke Bloemen, un impasto scuro di pittura indefinita, reso tramite “una nuova tecnica consistente nel dipingere i propri soggetti a luci spente” (in questo caso, come suggerisce il titolo in olandese, il soggetto consiste in dei “fiori notturni”); a Magdaleno Marcu detto Magno (1917) in passato “venne attribuito il ruolo di precursore dell’espressionismo astratto (e di un certo tipo di approcci Fluxus)”, in più pare abbia anticipato di ben quindici anni l’Erased De Kooning Drawing (1953) di Robert Rauschenberg, con una propria rara cancellatura che i fortunati visitatori della mostra alla Trapezio Gallery possono ammirare. Insomma, “un artista tra i più misteriosi e controversi del ‘900”, peraltro pluricentenario, dato che non è indicata alcuna data di morte. Il gallerista, in giacca e cravatta, parla entusiasticamente della mostra agli avventori e non deve essersi accorto di aver lasciato il proprio telefono su un tavolo; sbirciando tra le notifiche, si intravedono messaggi di Patrizia Sandretto Re Rebaudengo e Hans Ulrich Obrist, che esprimono interesse verso le opere. In verità, come si può intuire, è tutto un grande calembour, la meta-opera dissacrante e ironica di un deus ex machina, il quadruplice alter ego Andrea Magnani (1983), con il supporto del curatore Giovanni Rendina. La messa in scena è, in definitiva, una riflessione intorno alla gamma di pratiche performative che gli operatori del settore, a cominciare dagli artisti, devono mettere in campo per comunicare al prossimo la propria storia pregressa e le proprie modalità espressive; testi di presentazione e specchietti biografici, che, facendo da corollario all’opera e ai suoi intrinseci valori formali, contribuiscono a costruirne il “senso”. I proprietari degli spazi espositivi, anche di quelli più indipendenti, ricorrono alle stesse modalità artificiose per finalità economiche, per posizionarsi a livello politico oppure per favorire la storicizzazione dei fenomeni artistici di loro competenza. Dopotutto, come scrive Rendina nel lato B del foglio di sala, dove è svelato sornionamente l’inganno, anche l’artista più autonomo costruisce il proprio sé “attraverso modalità artistiche che non sono altro che una maniera, una prassi, un gesto normale come timbrare il cartellino”. L’unico modo per sfuggire a questa dinamica, che ruota attorno a processi di “apparente politicizzazione” e “autoesotizzazione”, è quello della farsa: una volta congedato il “gallerista”, una volta spenti il telefono e le luci, la performance è compiuta e l’artista (con i suoi alter ego) ha già adempiuto sovversivamente a tutto ciò che era implicitamente tenuto a fare.

Andrea Magnani, Trapezio Gallery presenta Lo Sguardo Fuori (Trapezio Gallery present The Outside Gaze), 2024, exhibition view at Gelateria Sogni di Ghiaccio | Photo: Andrea Piffari
Andrea Magnani, Trapezio Gallery presenta Lo Sguardo Fuori (Trapezio Gallery present The Outside Gaze), 2024, exhibition view at Gelateria Sogni di Ghiaccio | Photo: Andrea Piffari
Andrea Magnani, Letizia Distante, Sulla nave per la Sardegna due uomini brindano all’alba, 1994, 2024. Chromogenic print, artist frame. 18,4 x 12 cm (photo), 40 x 60 cm (frame).
Andrea Magnani, SHUT THE FUCK UP AND WORK, 2024. Laminated wood, plastic, digital print on paper, uv print on mobile phone cover, mobile phone. 120 x 53 x 77 cm.