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Figlio di gazza: l’arte come appropriazione nella mostra di Giuseppe De Mattia

Visitare la mostra di Giuseppe De Mattia significa predisporsi all’avventura, osservare, ascoltare e adottare simultaneamente diverse posture, corrispondenti ad altrettanti ruoli o identità.Entrando nella galleria, in effetti, si ha la sensazione di essere allo stesso tempo ospiti, intrusi e complici dell’animale che sembra averne preso possesso: una gazza ladra, guida e alter ego dell’artista. Non bisogna […]

Giuseppe De Mattia, Figlio di gazza, 2023, exhibition view, Matèria, Roma. Courtesy the artist and Matèria, Roma. Photo by Roberto Apa
Giuseppe De Mattia, Figlio di gazza, 2023, exhibition view, Matèria, Roma. Monologo, 2023, Stampa ai sali d’argento su carta baritata, argilla_gelatin silver print on baryta paper, clay, 35,3×44,2 cm. Courtesy Matèria, Roma. Photo by Roberto Apa

Visitare la mostra di Giuseppe De Mattia significa predisporsi all’avventura, osservare, ascoltare e adottare simultaneamente diverse posture, corrispondenti ad altrettanti ruoli o identità.Entrando nella galleria, in effetti, si ha la sensazione di essere allo stesso tempo ospiti, intrusi e complici dell’animale che sembra averne preso possesso: una gazza ladra, guida e alter ego dell’artista. 
Non bisogna necessariamente accorgersi della scultura poggiata su un ramo prossimo alla (fittizia) parete di fondo, per accertarsi della sua presenza: il plico di fogli di sala, poggiati a terra e a poca distanza dall’ingresso, si fa efficace testimonianza del suo passaggio attraverso piccoli escrementi realizzati in ceramica, che insudiciano e dissacrano il contesto espositivo e con esso, forse, la critica d’arte che ne legittima l’esistenza.
La galleria Matèria si trasforma in un habitat, una tana per la gazza, ma anche in luogo d’elezione per l’artista, chiara manifestazione di una modalità di ricerca e prelevamento, materiale come teorico, comune a entrambi. La dimensione espositiva si apre così a quella esplorativa, soprattutto mediante una serie di scelte relative alla creazione e all’installazione delle opere, come la differenza di scala che le contraddistingue o la loro disposizione nello spazio, che costringono lo spettatore alla prossimità, alla distanza, alla cautela o alla diretta interazione con esse. 
Basti guardare alla serie Trespolo, veri e propri rami posizionati a un’altezza considerevole rispetto al pubblico; oppure a quella intitolata Baracchette e semenzelle, in cui una struttura realizzata con finta lamiera metallica, simile al materiale di fortuna adoperato per riparare le costruzioni fatiscenti in campagna, impedisce la visione delle immagini contenute al suo interno. 
Ci si muove in una sorta di strana wunderkammer, composta di oggetti più o meno di valore, che pendono dall’alto o che ci chiedono di essere scovati, come in una caccia al tesoro, riattivando l’indole curiosa propria del bambino. 

Giuseppe De Mattia, Figlio di gazza, 2023, exhibition view, Matèria, Roma. Courtesy the artist and Matèria, Roma. Photo by Roberto Apa
Giuseppe De Mattia, Figlio di gazza, 2023, exhibition view, Matèria, Roma. Courtesy the artist and Matèria, Roma. Photo by Roberto Apa

La matrice infantile e autobiografica, d’altronde, sembra permeare l’intera mostra: lo stesso uccello è dichiaratamente una guida per l’artista, un animale totemico che ne definisce i comportamenti e a cui il titolo dell’esposizione attribuisce persino un potere generativo. De Mattia è appunto Figlio di gazza, perché mosso da un’analoga spinta all’accumulo, all’appropriazione e al furto. Come ogni artista, che archivia e rielabora idee e immagini mai del tutto originali, ma anche come il sé del passato, all’avvio della sua carriera, quando alla ricerca si accompagnava la necessità di rivendere i piccoli tesori trovati per sopravvivere.  A celebrare in maniera quasi tragicomica questa pratica, significativa soprattutto per il proseguimento della sua attività come artista, la grande installazione che conclude la mostra e che scherma la parte finale della galleria.
Intitolata Ex voto, l’opera corrisponde a un vero e proprio ambiente, composto da una grande parete rossa di lamiera, uguale alle altre presenti in mostra, e da una serie di immagini votive realizzate a sbalzo, che riproducono alcuni degli oggetti di valore acquistati e poi rivenduti da De Mattia: un accendino Zippo, souvenir della guerra in Vietnam, una foto scattata da Luigi Ghirri a una biografia per immagini di Sigmund Freud, un Rolex e un paio di Levi’s del 1951. 
Nel piccolo santuario costituito dai cimeli riprodotti in metallo, la presenza della gazza si materializza sotto forma di registrazione audio che è anche manifesto programmatico della mostra. Nel racconto, letto da una voce femminile, emergono in effetti tutte le tematiche poste a fondamento di quest’ultima, dalle riflessioni di carattere autobiografico a quelle più prettamente speculative, relative ai concetti di originalità, furto e competitività in ambito artistico. 
È sufficiente riportare alcuni estratti del testo per comprendere a pieno la posizione dell’artista rispetto alla sua professione e, conseguentemente, alla scelta di costituire un’analogia con il comportamento ‘furfantesco’ della gazza: «Salto da una parte all’altra ingorda di luccichii, come te, alla fine. Cosa credi di cercare, cosa credi di trovare? Dopotutto fai l’artista, rubi un po’ di qua e un po’ di là, qualcuno te lo avrà già detto, ti sarai anche offeso. Bravo fesso!».

Giuseppe De Mattia, Monologo, 2023, stampa ai sali d’argento su carta baritata, 24×30 cm. Courtesy the artist and Matèria, Roma
Giuseppe De Mattia, Figlio di gazza, 2023, exhibition view, Matèria, Roma. Courtesy the artist and Matèria, Roma. Photo by Roberto Apa
Giuseppe De Mattia, Figlio di gazza, 2023, exhibition view, Matèria, Roma. Courtesy the artist and Matèria, Roma. Photo by Roberto Apa