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Il volto nascosto della rete: “The Bots” di Eva e Franco Mattes | La Quadriennale di Roma

Recentemente, più o meno la scorsa estate, si è diffusa la notizia della presunta introduzione di richieste d’aiuto nelle etichette cucite sui capi di una nota catena di fast fashion. Tra le istruzioni per il lavaggio, gli operai dell’azienda in questione avrebbero inserito brevi riferimenti relativi alle proprie condizioni di lavoro, con la speranza di […]

Eva & Franco Mattes,  Veduta dell’installazione di The Bots (2020) Museo di Roma, Palazzo Braschi, 20 gennaio – 12 marzo 2023 Courtesy Fondazione La Quadriennale di Roma, foto Carlo Romano

Recentemente, più o meno la scorsa estate, si è diffusa la notizia della presunta introduzione di richieste d’aiuto nelle etichette cucite sui capi di una nota catena di fast fashion. Tra le istruzioni per il lavaggio, gli operai dell’azienda in questione avrebbero inserito brevi riferimenti relativi alle proprie condizioni di lavoro, con la speranza di raggiungere e consapevolizzare i consumatori. 
Che si tratti di realtà o finzione poco importa, quel che è interessante è l’idea di sfruttare il sistema produttivo globalizzato per rivelarne le dinamiche e tentare di denunciarne le storture. 
In un certo senso nel progetto The Bots, esposto a Palazzo Braschi, Eva e Franco Mattes sembrano adottare lo stesso tipo di strategia: agiscono tra le pieghe del web per illustrarne le aberrazioni, ricorrendo agli stessi linguaggi delle piattaforme che studiano e a cui si ispirano. In questo modo più che raschiare la patina che le ricopre, riuscendo solo a scalfirne la facciata, vi penetrano come una sonda che limita i danni in superficie per insinuarsi e colpire in profondità.
In The Bots una serie di attori si cimenta in makeup tutorials che alternano consigli di bellezza alle testimonianze raccolte tra i moderatori di Facebook. A intervallare le istruzioni, quasi come interferenze su una linea telefonica, sono discorsi che riguardano tecnologia, normative, violenza e salute mentale, esperienze di persone (non macchine) assunte per garantire il rispetto delle linee guida del sito. 
Così mentre i protagonisti dei video sono impegnati a truccarsi, veniamo a conoscenza delle inquietanti dinamiche del social network, della violenza e dell’odio che i dipendenti sono chiamati sì a segnalare, ma anche a subire, presumibilmente per affinare le capacità degli algoritmi di svolgere lo stesso compito. 
In quest’ottica l’apparente placidità dei volti e del tono di voce corrisponde sì al vano tentativo di restituire l’immagine di una rete pacificata, priva di contrasti, una sorta di arcadia virtuale, ma può anche intendersi come primo sintomo di una sensibilità fiaccata, di una freddezza robotica che tradisce la graduale perdita di umanità.

Eva & Franco Mattes,  Veduta dell’installazione di The Bots (2020) Museo di Roma, Palazzo Braschi, 20 gennaio – 12 marzo 2023 Courtesy Fondazione La Quadriennale di Roma, foto Carlo Romano

Il ricorso allo stile del tutorial sembra poi giustificarsi tanto con il semplice desiderio di emularne l’estetica quanto con la volontà di simulare un escamotage utilizzato su internet per eludere la censura: se infatti le immagini trasmesse risultano conformi alle condizioni di utilizzo della piattaforma social, è più semplice sfuggire al controllo dell’inquisizione telematica e veicolare messaggi altrimenti oscurati. 
La contraddizione generata dalla discordanza tra immagine e contenuto sonoro, così come lo straniamento provocato da quest’ultimo, vengono ulteriormente amplificati dalla formalizzazione del progetto, perfettamente in linea con il gusto delle gallerie e dei musei di arte contemporanea: a prima vista, in effetti, le due grandi strutture posizionate nel candido spazio espositivo, simili a figure emergenti dal fondo di una tela, paiono semplici componenti di un paesaggio minimalista, elementi di una composizione che si limita a ritmare lo spazio e direzionare il visitatore. Superato l’ingresso però, la percezione organica, quasi pittorica, dell’ambiente risulta disturbata dalle voci e le immagini provenienti dagli schermi. 
Perduta la propria autonomia estetica, le sagome nere finiscono per somigliare a barricate erette a protezione dei monitor, come fossero banchi accatastati durante un’occupazione. E in qualche maniera lo sono, dal momento che si tratta di scrivanie uguali a quelle utilizzate negli uffici dei moderatori Facebook berlinesi. 
Con il loro utilizzo Eva e Franco Mattes esplicitano nuovamente la volontà di ricorrere ai linguaggi e alle forme caratteristiche dei sistemi che intendono contestare. E ancora una volta, con una semplicità quasi disarmante, ci dimostrano tutti i limiti di una società globalizzata, di una comunicazione apparentemente libera e di una tecnologia che a tutti gli effetti replica e riverbera la violenza e la sopraffazione del mondo reale.

Paesaggio
Eva & Franco Mattes

da una riflessione di Nadim Samman, curatore al KW Institute for Contemporary Art di Berlino
20 gennaio – 12 marzo 2023
Quadriennale di Roma, Palazzo Braschi

Eva&Franco Mattes Ritratto, Milano, 2021 Photo by Nicola Biscaro