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Buds: le forme del rinnovamento nella pittura di Marta Mancini

Chiunque sia dedito alla scrittura avrà senza dubbio sperimentato la cosiddetta “sindrome da pagina bianca”: un improvviso senso di spaesamento e impotenza derivato dall’infinito potenziale espressivo racchiuso nel foglio ancora vergine. In un breve articolo di Massimo Recalcati, pubblicato sulle pagine de La Repubblica e confluito nel libro I tabù del mondo, lo psicanalista sottolinea come […]

Marta Mancini, Buds, 2022, exhibition view, Matèria, Roma. Courtesy Matèria, Roma. Foto Roberto Apa #01
Marta Mancini, Senza titolo, 2022. Courtesy the artist and Matèria, Roma – Photo Sebastiano Luciano

Chiunque sia dedito alla scrittura avrà senza dubbio sperimentato la cosiddetta “sindrome da pagina bianca”: un improvviso senso di spaesamento e impotenza derivato dall’infinito potenziale espressivo racchiuso nel foglio ancora vergine. In un breve articolo di Massimo Recalcati, pubblicato sulle pagine de La Repubblica e confluito nel libro I tabù del mondo, lo psicanalista sottolinea come il fenomeno sia distintivo non solo della pratica scrittoria ma anche di quella pittorica: affrontare la pagina bianca equivale a fronteggiare il vuoto della tela e, più in generale, a rispondere a un’urgenza creativa che, formalizzatasi, sarà inevitabilmente oggetto del nostro e dell’altrui giudizio. 
Conversando con Marta Mancini in occasione di Buds, la sua seconda personale alla galleria Matèria di Roma, ho avuto modo di rilevare quanto il suo approccio alla pittura risulti affine al processo, estremamente riflessivo, della scrittura. È confortante sentirla affermare che l’assenza di un’idea (o se si vuole di un piano) non sia una ragione sufficiente per sottrarsi alla sfida. 
Il suo lavoro in effetti procede per tentativi, errori e aggiustamenti, il processo di creazione non è mai a priori, dipende piuttosto da una reazione alla creazione stessa ed è una continua ritrattazione linguistica, che spesso implica l’azzeramento e la ripartenza. Non stupisce dunque che le opere esposte in galleria si allontanino tanto dai suoi Blob e che il titolo della mostra alluda al bocciolo, un fiore in procinto di schiudersi, come a voler evocare l’idea di una genesi o di un rinnovamento.  Nonostante si tratti ancora di astrazione, nei nuovi lavori sembra di poter rilevare una formalizzazione che lascia intravvedere il germe della figurazione. 

Marta Mancini, Buds, 2022, exhibition view, Matèria, Roma. Courtesy Matèria, Roma. Foto Roberto Apa
Marta Mancini, Buds, 2022, exhibition view, Matèria, Roma. Courtesy Matèria, Roma. Foto Roberto Apa

Il formato è ridotto, le campiture squillanti, il colore riempie la superficie della tela e il fondo non è più elemento preponderante nella lettura del quadro. La prospettiva siderale caratteristica delle serie precedenti è qui abbandonata nel tentativo di “inquadrare” la realtà, comunque filtrata dalla sensibilità dell’artista. 
Il tratto, più ripetitivo, esprime l’esigenza di sganciarsi dall’eccessiva riflessività che limita il gesto per acquisire uno stile che in un certo senso ricorda la maniera fanciullesca di stendere il colore; la dimensione del quadro, allo stesso modo, diventa metafora di una misura più umana, che osserva con maggiore concretezza.
Per Marta Mancini l’adozione del linguaggio astratto ha sempre corrisposto a una sorta di isolamento, causato dall’impossibilità di definire chiaramente quanto rappresentato: in questo senso Buds si pone come una nuova linea guida, un percorso che riscopre una tecnica e un formato già sperimentati dall’artista (si vedano i due disegni esposti in mostra, risalenti al 2013) per concedersi levità nella creazione.
Non è un caso che il loro recupero coincida temporalmente con l’isolamento della pandemia: le sovrastrutture concettuali che accompagnano la speculazione artistica risultano improvvisamente incongrue, o quantomeno poco aderenti, alle necessità e alle urgenze del periodo. 
Riavvicinandosi a un metodo di lavoro che è sì ponderato, ma anche più immediato, Marta Mancini dichiara la sua vicinanza al mondo, la volontà di accorciare le distanze e procedere all’articolazione di un linguaggio che, pur radicato nel colore e nella forma, sembra rinunciare a una certa meticolosità per riconquistare libertà espressiva e purezza del gesto.  

Marta Mancini, Buds, 2022, exhibition view, Matèria, Roma. Courtesy Matèria, Roma. Foto Roberto Apa
Marta Mancini, Buds, 2022, exhibition view, Matèria, Roma. Courtesy Matèria, Roma. Foto Roberto Apa
Marta Mancini, Senza titolo, 2021. Courtesy the artist and Matèria, Roma – Photo Sebastiano Luciano
Marta Mancini, Senza titolo, 2013. Courtesy the artist and Matèria, Roma – Photo Roberto Apa