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Atlante Temporaneo. Cartografie del sé nell’arte di oggi | Fondazione Imago Mundi

Treviso diventa il centro di tre mostre temporanee dedicate alla mappa e ai suoi significati. Mappare significa identificare dei confini ma allo stesso tempo interpretare il mondo – fisico e psicologico – secondo il nostro personale punto di vista. Fondazione Benetton e Fondazione Imago Mundi presentano Treviso Contemporanea, un progetto volto a spalancare le porte […]

Rochelle Goldberg – Crediti fotografici/Credits: Marco Pavan
Ibrahim Mahama Annual Report Series I, 2021 Report, collage di stampa litografica su scrivania di legno © l’artista. Photo © White Cube (Todd-White Art Photography)

Treviso diventa il centro di tre mostre temporanee dedicate alla mappa e ai suoi significati. Mappare significa identificare dei confini ma allo stesso tempo interpretare il mondo – fisico e psicologico – secondo il nostro personale punto di vista. Fondazione Benetton e Fondazione Imago Mundi presentano Treviso Contemporanea, un progetto volto a spalancare le porte dell’arte contemporanea in città, inserendosi in tre spazi espositivi storici ma rinnovati nelle loro vesti: Ca’ Scarpa, sede della mostra dedicata alla cartografia, dal titolo Mind the Map; la chiesa di San Teonisto, con l’installazione d’arte aborigena Terra Incognita, a cura di D. Harding; le Gallerie delle Prigioni con Atlante Temporaneo. Cartografie del sé nell’arte di oggi, a cura di Alfredo Cramerotti. 

Atlante Temporaneo, allestita fino al 29 maggio 2022, è una mostra che esplora il concetto di mappa nell’infinita varietà dei suoi significati. La collettiva ospita infatti una selezione di lavori di quattordici artisti emergenti ed affermati, provenienti da tutto il mondo. La varietà – generazionale, mediale, di ricerca e di esperienze – identifica il cuore dell’esposizione, in un percorso estremamente articolato, una sorta di labirinto all’interno delle piccole celle carcerarie. Lavori inediti e site-specific definiscono l’allestimento, frutto di una riflessione che comincia dal sé per giungere alla realtà: non una mappa geografica dunque, ma una mappa interiore, personalissima e psicologica è ciò che emerge dalle opere degli artisti coinvolti. 

Il tema dell’identità, del genere e della discriminazione razziale si declina in varie forme. Enam Gbewonyo (1980, Londra) e Sanford Biggers (1970, Los Angeles) indagano, attraverso l’uso del tessuto, l’identità black: Gbewonyo servendosi di tessuti sintetici e calze lacerate, simbolo di femminilità e oppressione e Biggers attraverso la trapunta, composta di piccoli quadratini di tessuto che, presi singolarmente, raccontano un episodio ma che uniti insieme narrano una storia complessa e articolata, fatta di violenza ed emarginazione.

Seymour Chwast Coitus Topographicus, 1980 Stampa digitale su carta da parati, Design e illustrazione di Seymour Chwast, Liz Gutowski, assistente. Courtesy l’artista Crediti fotografici/Credits: Marco Pavan
James Lewis Dusk Slug III, 2021 Legno, benda di gesso, cemento, vetro, whisky, strisce luminose, argilla, pittura acrilica Courtesy l’artista e Galerie Hubert Winter – Crediti fotografici/Credits: Marco Pavan
Paul Maheke Du ciel, à travers le monde, jusqu’aux enfers (III), 2020 Cubo di vetro 3D inciso al laser, rame e ottone ossidato, catene in ottone nero e oro, orologio a pendolo in ottone scatole di rame Courtesy l’artista e galerie sultana, Paris

Ed è la stessa violenza sociale che esplode nei lavori di grande formato, colorati e brillanti di Otobong Nkanga: opere che ci colpiscono e ci attraggono come calamite ma che denunciano con forza come il capitalismo e la società globalizzata producano delle merci che ci fanno sì sognare, ma che sono il frutto di uno sfruttamento continuo, ambientale e umano.
La mappa, nella sua forma più canonica, esce dal foglio e si materializza concretamente  in due installazioni a pavimento: la prima, ad opera di Jeremy Deller, ricostruisce un diagramma di flusso che unisce la storia dell’era Thatcher alla musica acid house e delle brass band; la seconda riproduce un disegno anatomico, il Coitus Topographicus – ad opera di Seymour Chwast – che ha nella forma l’aspetto di una qualsiasi mappa ma che di fatto esplora l’anatomia della sessualità, in una chiave ironica e senza censure.
Degna di nota la selezione di opere di Kiki Smith – alcune calcografie e due piccoli oggetti in bronzo – che nella loro apparente semplicità mostrano la vulnerabilità della condizione umana, generando una vera e propria “cosmografia contemporanea”. 
Ciò che noi leggiamo in una rappresentazione – afferma il curatore Alfredo Cramerotti – (cartografica o artistica) dipende, in fin dei conti, non dalla sua verosimiglianza rispetto al soggetto rappresentato, ma dai metodi e dalle regole che adottiamo per la sua lettura. Atlante temporaneo è un tentativo visivo, spaziale e sonoro di identificare quel confine effimero tra questi due estremi”. 

Atlante Temporaneo. Cartografie del sé nell’arte di oggi
A cura di Alfredo Cramerotti
Organizzata da Fondazione Imago Mundi
Gallerie delle Prigioni
Piazza del Duomo 20, 31100 Treviso 
Fino al 29 maggio 2022

Il programma completo di Treviso Contemporanea è disponibile al sito trevisocontemporanea.it 

Enam Gbewonyo The Ascension of the Nude, 2021 Collant bruciati usati, filo di cotone su telaio piramidale in legno di tulipano fatto a mano Courtesy l’artista
Matt Mullican Untitled (Centered Overall Chart), 2021 Pastello a olio su tela Courtesy l’artista e MASSIMODECARLO Crediti fotografici/Credits: Marco Pavan
Kiki Smith Accomplice, 2017 Bronzo placcato in oro Courtesy l’artista e Timothy Taylor