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ARCHIVIO CENTRALE FIES – online l’Archivio di Centrale Fies

“Archivio Centrale Fies è una piattaforma che riunisce virtualmente i materiali documentari e video, fotografici e cartacei relativi alle fasi della storia dell’edificio della Centrale idroelettrica di Fies e della sua riconversione in centro di ricerca per le pratiche performative; i visual, le grafiche e le pubblicazioni di 40 anni di attività; le immagini e […]

2010 – Pathosformel, La prima periferia – ph Paolo Rapalino courtesy Centrale Fies

Archivio Centrale Fies è una piattaforma che riunisce virtualmente i materiali documentari e video, fotografici e cartacei relativi alle fasi della storia dell’edificio della Centrale idroelettrica di Fies e della sua riconversione in centro di ricerca per le pratiche performative; i visual, le grafiche e le pubblicazioni di 40 anni di attività; le immagini e i documenti di Drodesera un festival storico conosciuto in Italia e all’estero, nato a Dro nel 1981 e stabilitosi presso Centrale Fies nel 2000; le interviste, le performance complete, e la documentazione di un progetto decennale come Live Works, che vede risiedere ogni anno a Fies giovani artiste e artisti provenienti da tutto il mondo per frequentare programmi di formazione e per produrre opere originali; i video e le video interviste delle residenze artistiche.” 

Valeria Marchi: Per iniziare mi piacerebbe fare un po’ di storia di Drodesera, ripartendo dalla prima edizione dello storico festival delle arti performative del 1981. Dino Sommadossi e Barbara Boninsegna sono i fondatori di questo programma culturale innovativo dedicato ai linguaggi performativi e lo hanno visto cambiare moltissimo dal 1981 a oggi: a partire dallo spostamento della location – dalle strade e dai cortili di Dro alla sede della Centrale Idroelettrica di Fies – per continuare poi con i cambiamenti che la pratica performativa ha vissuto negli ultimi quarant’anni, mutando forme e contenuti. 
Dino, riesci a delineare gli aspetti di cambiamento più evidenti del festival in questi quarant’anni di vita? Ricordi le edizioni del festival che hanno stabilito dei punti di svolta importanti – se non addirittura fondamentali – nella storia di Centrale Fies?

Dino Sommadossi: Il festival è sempre stato un’antenna sensibile sulla ricerca, sulle nuove formazioni artistiche, sulle necessità degli art workers. Dunque i cambiamenti più forti sono avvenuti sempre all’interno di un processo di dialogo fluido e continuo, senza strappi interni ma con grandi evidenze esteriori.
Così il festival è passato dal teatro di strada alla performance art, facendo conoscere ai suoi pubblici i primissimi esperimenti del teatro danza, della danza architettura, o la nascita del teatro civile, facendosi sempre matrice di questi generi artistici, e mai mero ripetitore. 
Il compito del festival è stato sempre quello di mettere davanti a un pubblico anche la sperimentazione più fragile, permettendo al mondo delle arti performative di sperimentare non solo le pratiche artistiche, ma anche quelle produttive o di rete. Non è un caso che nasca a Centrale Fies e dal festival il primo progetto di cura e studio a lungo termine -e senza obbligo di produzione- di una serie di formazioni artistiche appena nate (Fies Factory, primi anni 2000) ma già ventaglio del possibile, e seme di quella che sarebbe stata poi la scena artistica contemporanea italiana. All’interno vi erano già sia formazioni teatrali con singoli artisti visivi, che iniziavano a misurarsi con la performance live. Questa fluidità e questa capacità di essere antenna ha preso forma anche a seconda dei progetti e dei luoghi abitati e agiti dal progetto culturale: entrare ad occupare la centrale di Fies e trasformarla in un luogo completamente dedicato alla cura e allo sviluppo del performativo ha certamente dato origine a forme differenti da quelle agite nei cortili e nelle piazze dei primi anni, ma senza perdere mai il senso più grande del tutto: dare spazio alla ricerca, in ogni forma possibile. 

Francesca Venezia è la collaboratrice che si è occupata fin dall’inizio del lavoro di archiviazione dei materiali: come hai operato? Che materiale avete conservato e deciso di rendere consultabile nell’archivio? Quali sono state le fasi di preparazione, scelta e conversione su digitale? Mi interessa anche approfondire le difficoltà tecniche e operative che avete avuto, oltre che i criteri di ordinamento dei documenti. Ti immagino un po’ come un’archeologa del presente o del recente passato che ricostruisce pezzi di una storia molto sfaccettata.

Francesca Venezia: Le fasi iniziali del lavoro si sono concentrate sulla consultazione del materiale che era stato conservato suddividendolo in prima battuta per anni, agendo quindi in modo cronologico. Successivamente incrociando il materiale cartaceo, ovvero i libretti del festival o le locandine, con il materiale fotografico, la catalogazione ha fatto un passo in avanti. Il criterio per organizzare e catalogare il materiale è stato completato decidendo di attribuire al file in oggetto anche un luogo di riferimento, quello in cui la performance andava in scena, e il nome del fotografo. Con queste cinque voci abbiamo creato una stringa di lettura universale per tutto il nostro materiale così da catalogarla più facilmente, e renderla anche omogenea in vista della compilazione digitale della piattaforma. 
Il materiale conservato si compone per i primi vent’anni principalmente di fotografie, con qualche eccezionale estratto video, per poi proseguire dagli anni duemila fino ad oggi con una documentazione più nutrita, restituendo non solo fotografie ma anche video totali delle performance, e contenuti extra, interviste, pubblicazioni, backstage. 
La scelta è stata quella di rendere il materiale il più possibile consultabile e fruibile, ovviamente andando incontro a delle sfide molto pratiche e tecniche come quelle della conversione dei file. Scegliere di integrare il materiale già conservato con quello che ancora si trovava su supporti obsoleti per le tecnologie odierne ha sancito il punto di incontro tra il passato e il presente. Abbiamo quindi deciso di avvalerci degli autori che avevano creato quei materiali e delle tecnologie odierne per non perdere un pezzo così fondamentale di storia. Mini-dvd e diapositive hanno quindi vestito nuovi panni presentandosi come formati .mp4 e .jpeg per unirsi ai file di più recente creazione nati già sotto forma digitale. L’intera digitalizzazione e catalogazione del materiale ha seguito questo iter molto pratico, ricco però di storia, questo è uno dei motivi fondamentali che ci ha spinto a non perdere nulla e a voler restituire quanto più possibile ai nostri pubblici e futuri utenti della piattaforma digitale. 

2019 – Alumni Live Works vol.7 – ph Roberta Segata courtesy Centrale Fies
2021 – Madison Bycroft, Uncommitted barnacle – ph Roberta Segata courtesy Centrale Fies

Valeria Marchi: Come è nata, Dino, l’idea di costruire un archivio di Centrale Fies e delle sue svariate attività? Vorrei che ci raccontassi quando e come si è sviluppata l’idea del progetto. La documentazione raccolta è variegata: va dalla storia dell’edificio della centrale alla riconversione a centro di ricerca per arrivare a Live Works, la piattaforma del performativo. Come ti aspetti che si sviluppi d’ora in poi l’archivio? Immagino che i lavori di catalogazione non siano ancora terminati…

Dino Sommadossi: Nasco professionalmente come bibliotecario, e negli anni ’90 ho avviato un progetto di recupero e messa online del patrimonio fotografico privato dei cittadini e delle cittadine del paese di Dro (TN), in Trentino Alto Adige, per non perderne la storia della sua comunità. 
Anche a Centrale Fies, e partendo dal festival, abbiamo da sempre posto particolare attenzione sul salvaguardare, organizzare e rendere fruibile l’enorme patrimonio di documenti video e fotografici.
Il primo collettore di questo materiale è stato il progetto B-Fies, a cura di Crushsite, che permetteva in tempo reale -e già dagli anni ’90- di condividere col pubblico online dirette streaming degli spettacoli, ma anche backstage, video interviste e materiale extra creato ad hoc per ogni edizione. Nello staff di questo progetto fotografi e videomaker come Alessandro Sala, Roberta Segata, Lino Greco e Paolo Rapalino il cui lavoro è andato interamente a confluire nell’archivio. 
In un‘epoca dove i social media sono stati pensati per condividere il qui e ora o per narrare in tempo reale su piattaforme che si sono trasformate in vere e proprie piazze virtuali internazionali, curare l’archivio è stata una scelta importante. 

L’archivio mette a disposizione di chiunque la possibilità di consultare online la maggior parte del materiale disponibile che raccoglie 40 anni di un lungo progetto culturale dedicato alle arti performative. Inoltre sarà possibile fare richiesta per poter accedere ai video documentativi completi di più di 100 performance della piattaforma di Live Works, progetto che da 10 anni sostiene e produce artiste e artisti provenienti da tutto il mondo, con nomi come Alok Vaid Menon, Madison Bycroft, Roberto Fassone, Anne Lise Le Gac, Giovanni Morbin e tutti gli alumni della “Free School of Performance”. Quello di Centrale Fies è a tutti gli effetti un archivio vivo e in continua ridefinizione. Durante l’anno verrano creati dei gruppi studio coinvolgendo Università, Accademie, Docenti, Curatori e curatrici, aratiti, per risemantizzare con tag specifiche il materiale, attingendo anche da campi come la filosofia politica, l’arte e la sociologia assieme a chi domina queste materie attraverso la ricerca e lo studio e l’applicazione sul campo. 

VM: Francesca, ci spieghi in breve le modalità di fruizione online dei materiali e i criteri di organizzazione che avete adottato per la creazione della piattaforma digitale? 

Francesca Venezia: I materiali sulla piattaforma digitale sono tutti fruibili partendo da una homepage, in cui troviamo due menù che permettono due diversi tipi di navigazione. Quello superiore consente la porta d’accesso in primo luogo alle due macro-categorie presenti nel nostro archivio, cioè le fotografie e i video documentativi, per poi proseguire alla scoperta della rigenerazione industriale dell’edificio con inserti dal passato e testimonianze delle prime performance all’esterno e all’interno degli spazi di Centrale Fies. Da questo menù si possono consultare tutti i visual e le grafiche che sono state create per tutte le edizioni del festival e per i progetti collaterali, affiancate dai contenuti extra: la vera peculiarità di questo grande archivio. Qui è possibile trovare tutte le interviste fatte agli artisti e le artiste nel corso dei quarant’anni, le pubblicazioni di Centrale Fies, i trailer dei festival e tutti i progetti spin-off lanciati in questo lungo periodo. 

Interagendo tramite il menù sottostante invece, la ricerca può essere filtrata incrociando quattro categorie, nonché punti cardine dell’archivio ovvero l’anno, gli artisti e le artiste, il format e il progetto di appartenenza, in cui sono incasellate le performance che hanno fatto la storia di Centrale Fies. Il filtro a tendina format racchiude il processo di ri-semantizzazione condotto sul progetto decennale di Live Works, dando una chiave di lettura in costante aggiornamento che propone stimoli sempre nuovi per una fruizione ogni volta diversa. Il traguardo raggiunto con Live Works verrà esteso a tutti i progetti presenti, questo è uno degli obiettivi che ci poniamo per rendere concretamente il nostro archivio vivo e in continuo divenire. 


Archivio Centrale Fies
Dino Sommadossi, Direttore Responsabile Archivio Centrale Fies
Francesca Venezia, Coordinamento, catalogazione e digitalizzazione Archivio Centrale Fies
Virginia Sommadossi, Elisa Di Liberato, concept, curatela e risemantizzazione Archivio Centrale Fies

L’Archivio Centrale Fies è stato realizzato con il contributo di Fondazione Caritro e Cassa Rurale Alto Garda, in collaborazione con HDE Hydro Dolomiti Energia, Provincia Autonoma di Trento e Comune di Dro (TN).

Standards – workshop, Centrale Fies – ph Roberta Segata courtesy Centrale Fies
Foto Rapalino
Centrale Fies – Ph Alessandro Sala