Lo studio, inteso come dimensione fisica ma anche creativa è al centro dell’indagine della mostra Studio visit. Pratiche e pensieri intorno a dieci studi d’artista nelle sale della Collezione Maramotti dedicate alle mostre temporanee. Un progetto collettivo che raccoglie i contributi di dieci artisti già inclusi nella Collezione – Andy Cross, Benjamin Degen, Matthew Day Jackson, Mark Manders, Enoc Perez, Luisa Rabbia, Daniel Rich, Tom Sachs, TARWUK (Bruno Pogačnik Tremow e Ivana Vukšić), Barry X Ball – per dare forma al concetto di studio d’artista, spazio fisico e luogo mentale, che a causa della pandemia (e delle sue conseguenze sul mondo dell’arte e del suo sistema) è stato talvolta nido, tana, e talvolta unico spazio di incontro ed espressione pubblica per gli artisti e il mondo dell’arte.
Ad accogliere il pubblico è Sineddoche, l’opera di Claudio Parmiggiani riflessione dell’arte sull’arte nella quale il contenuto è esposto come immagine del contenitore. Il risultato è una forma di archivio del presente nel quale gli echi di tecniche tradizionali delle opere di Benjamin Degen e Luisa Rabbia coesistono con l’interesse per l’architettura icononica e processi che intrecciano fotografia e pittura di Enoc Perez e Daniel Rich. A differenza degli altri, la traslazione dello studio di Rich assume negli spazi della Maramotti una spazialità interamente verticale, proprio come gli edifici e le architetture delle sue pitture.
Lo studio d’artista si mostra nella sua complessità e nella sua forma mutevole negli allestimenti di Barry X Ball e Tom Sachs che mettono qui in luce la dimensione laboratoriale e collaborativa dello spazio di creazione. Da una parte lo studio di X Ball, qui riproposto tramite video, fotografie e una scultura mai esposta prima in Collezione, documenta i processi tecnologici innovativi e i passaggi manuali tradizionali utilizzati per trasportar nel contemporaneo forme e materiali preziosi derivati dalla statuaria classica; dall’altra quello di Sachs assume qui la forma multimediale del video per immerge lo spettatore in una dimostrazione pratica del decalogo delle regole – ferree – a cui assistenti e visitatori del suo studio devono attenersi.
Sono riflesso di un interesse per i processi di trasformazione e i suoi stati nel tempo gli studi di Mark Manders, qui presente con l’estesa IRoom (Installation Room) e una serie di disegni in prestito dal Belgio, e di TARWUK i cui corpi dissezionati pronti alla rigenerazione e alla rinascita della Pattern Room trovano qui spazio sotto forma di scultura, fotografie e disegni come tracce di un percorso itinerante attraverso diversi studi di New York. E infine Matthew Day Jackson e Andy Cross. Entrambi muovendosi tra pittura, scultura e installazione mettono in luce una critica a temi legati alla storia, alla cultura, alla società e alla politica americana.
Luogo di produzione e di creazione, bottega o factory, lo studio d’artista viene mostrato proprio attraverso le sue parti per evocare una sorta di ritratto dell’artista, della sua immaginazione e dei suoi processi creativi. Ancora una volta è una parte per il tutto.