Perchè incontrarsi, condividere uno spazio e delle idee quando oramai possiamo fare tutto rigorosamente all’interno di una dimensione virtuale? La pandemia, che lentamente cerchiamo di lasciarci alle spalle, continua a modificare, forse in bene, i nostri modi di agire e proponendo, ancora oggi, delle soluzioni ibride da indagare.
Cloud è il nome dell’operazione pensata da Marco Vitale che, in questa prima edizione intitolata «Cluod. Online traces offline and vicerversa», coinvolge tre artisti pugliesi con caratteristiche e linguaggi differenti come: Matteo Gravante (Poggiardo, 1994), Marcello Nitti (Taranto, 1988) e Fabrizio Riccardi (Corato, 1993), i quali lavorando tra loro e in completo anonimato propongo all’interno di questo spazio di archiviazione immagini e sketch, utilizzati insieme a vecchie e nuove opere (2018-2021), per raccontare l’attuale mostra.
Come in un episodio di Black Mirror ancora una volta lo spazio virtuale invade e altera il processo e le possibilità di relazione degli esseri umani, in poche parole in questo progetto risuona l’eterna parabola tra la tecnologia e il suo rapporto con l’uomo, ma in che modo la tecnologia ci rende più umani?! Dunque se la tecnica è l’essenza dell’uomo, parte di quel processo creativo viene sintetizzato attraverso un’operazione di “rappresentazione” della realtà, voluta nel progetto di Marco Vitale come momento fondamentale di aggregazione ed espressione di un’azione bilaterale che coniuga sia la funzione artistica che quella curatoriale.
Le opere degli artisti in mostra, in particolare quelle di Nitti e Riccardi, si muovono in quel solco celebrato da Schopenhauer dove la realtà, osservata dall’uomo, assume una netta deformazione fisica e narrativa, mentre l’intervento di Gravante diversamente dall’attenzione grafica e filo simbolista- primitiva dei due, ripone una visione materica e oggettuale legata al dato antropologico e storico che riporta al presente, e quindi alla realtà e alla “presentazione”, l’intero discorso dal quale siamo partiti.