ATP DIARY

444 giorni ad Arles: il progetto di Luca Reffo a Spazio Choisi, Lugano

“Quell’albero che Van Gogh dipinse appena piantato nell’ottobre 1888 è diventato il testimone vivente della sua presenza ad Arles e centro attorno al quale ho sviluppato la mia indagine sui 444 giorni vissuti lì” Il neonato Spazio Choisi sembra essere...

Veduta dell’installazione a Spazio Choisi, Lugano. Courtesy Depart pour l’Images, Francesca Todde e Luca Reffo

“Quell’albero che Van Gogh dipinse appena piantato nell’ottobre 1888 è diventato il testimone vivente della sua presenza ad Arles e centro attorno al quale ho sviluppato la mia indagine sui 444 giorni vissuti lì”

Il neonato Spazio Choisi sembra essere un’ottima scusa per una gita al di là del confine. Nato nel 2019, ha sede a Lugano, città che da tempo – senz’altro a partire dall’apertura del museo LAC, nel 2015 –  si conferma perno culturale nel Ticino. È in questo contesto che sorge Spazio Choisi, una nuova project room aperta ad ospiti internazionali, siano artisti o editori, dedicata all’approfondimento di pratiche ben precise: l’editoria d’arte e la fotografia contemporanea. 

Qui, fino al 21 luglio, sarà visitabile “444 / Celestial Means of Locomotion”, un progetto espositivo creato appositamente per questo contesto, che si propone come piattaforma di sperimentazione e di ibridazione tra differenti linguaggi e pratiche espositive. “444” raccoglie infatti all’interno dello spazio espositivo, attraverso una selezione di opere, la pubblicazione Celestial Means of Locomotion dell’artista Luca Reffo, unendo quindi fotografia, pitture, disegno ed editoria. 
Il progetto ruota intorno ad un arco di tempo ben definito di 444 giorni, l’intervallo di tempo in cui Arles e il territorio circostante sono state trasformate da Van Gogh in uno studio a cielo aperto, con le straordinarie conseguenze che hanno influenzato il nostro immaginario e la cultura visiva contemporanea.

Seguono alcune domande a Giulia Brivio, curatrice del progetto insieme a Luca Reffo, artista e co-fondatore della casa editrice indipendente Depart Pour L’Image, che si è occupata della pubblicazione.
La redazione di ATPdiary li ha intervistati per scoprire meglio di cosa parla “444 / Celestial Means of Locomotion”, individuandone i tratti distintivi e riflettendo su quali sono le sue peculiarità e potenzialità, comprendendo cosa significhi esporre un libro d’artista in un contesto spaziale, e quale sarà il percorso del project space.

Veduta dell’installazione a Spazio Choisi, Lugano. Courtesy Depart pour l’Images, Francesca Todde e Luca Reffo
Veduta dell’installazione a Spazio Choisi, Lugano. Courtesy Depart pour l’Images, Francesca Todde e Luca Reffo

Irene Sofia Comi: Mi rivolgo a te Luca, parlerei in prima battuta di Celestial Means of Locomotion, una pubblicazione realizzata in collaborazione con Depart Pour L’Image. Essa ruota intorno a una struttura narrativa ben precisa e, tramite la rilettura di elementi reali e simbolici, dialoga a distanza con le lettere di Van Gogh, mettendo “in relazione la dimensione evocativa dell’immagine con quella introspettiva e visionaria”. In che modo? Ti va di raccontarmi concretamente, sfogliando le pagine, cosa vediamo?

Luca Reffo: “Celestial Means of Locomotion” è un primo capitolo del progetto “444” e proviene da “Latitude 0 to 3” una ricerca intorno all’identità del paesaggio. Il progetto è nato una notte di qualche anno fa sul ponte di Triquetaille mentre il mistral scuoteva un grande platano sul Rodano. Quell’albero che Van Gogh dipinse appena piantato nell’ottobre 1888 è diventato il testimone vivente della sua presenza ad Arles e centro attorno al quale ho sviluppato la mia indagine sui 444 giorni vissuti lì.
Il libro è una rilettura per immagini della molteplicità degli elementi biografici, poetici e territoriali: l’immagine attraverso associazioni e analogie ha il duplice ruolo di interprete delle parole e di rappresentazione delle sue possibili forme essenziali. Attraverso la successione di Polaroids e dipinti il libro vuole essere un’avventura visiva capace di eccedere contenuto e senso per amplificare equivalenze e accorciare le distanze, cioè stringere legami, tra la visione e la vivezza dell’immagine interiore. 
Mi piace pensare che sfogliando il libro, la possibilità che ogni albero visto controluce possa essere immaginato come un cielo stellato, non rimandi esclusivamente al collegamento testuale dalle lettere tra la sfera terrena con quella ultraterrena ma apra a differenti modelli interpretativi utili a riflettere e ripensare il nostro rapporto con l’immagine.

ISC: ‘444’ è il titolo del progetto in cui si inserisce la pubblicazione, una vera e propria “book-installation”. Come avete deciso di raccogliere in uno spazio ‘ambientale’ un libro d’artista?

Giulia Brivio: I libri sono come spazi dove si entra e ci si lascia guidare dall’immaginazione o dalla narrazione. Le copertine sono come porte e finestre, le pagine come pareti o piastrelle o travi che reggono il soffitto. Trasformare un libro in un’installazione ambientale permette di accedere a questi spazi fisicamente oltre che mentalmente, innescando una lettura attraverso i propri occhi, le proprie esperienze passate, la propria sensibilità.

LR: Prima della pubblicazione con Giulia avevamo guardato insieme il lavoro in fieri e ragionato sulle sue declinazioni possibili. La messa in opera della mostra quindi è venuta naturalmente anche perché entrambe abbiamo immaginato di trasformare lo spazio espositivo di Choisi, un interno, in un esterno, un paesaggio. Per il set-up ho cercato di frammentare, tagliare e riunire gli elementi di Celestial Means of Locomotion per restituire la sensazione del libro piuttosto che del progetto 444 e provato a dare un peso maggiore al contrasto tra iterazioni, simmetrie e la dolcezza dei colori.

Veduta dell’installazione a Spazio Choisi, Lugano. Courtesy Depart pour l’Images, Francesca Todde e Luca Reffo

ISC: Trovo molto interessante il fatto che abbiate deciso di mettere in mostra in un certo senso il processo creativo, presentando la costruzione e la realizzazione del libro d’artista, come se alcune pagine diventassero veri e propri pop-up tridimensionali. Questo ‘sguardo’ sull’editoria è specifico di ‘444’ o sarà una costante di questo project space dedicato ad artisti-editori?

GB: Il 16 aprile 2019, Spazio Choisi nasce esattamente con questo scopo: mostrare il processo creativo che precede il confezionamento finale di un libro d’artista. Ci si trova sempre di fronte al “fatto compiuto”, al libro pronto per essere sfogliato, appoggiato sul tavolo di una fiera o sugli scaffali di una libreria. Ci siamo chieste come poter dare o ridare visibilità all’universo di ricerche, prove, diramazioni, pratiche artistiche e avventure che portano all’emozionante giorno della stampa. Come editori abbiamo il privilegio di partecipare alle fasi di ideazione, editing e produzioni del libro d’artista e vorremmo offrire lo stesso privilegio ai lettori. La risposta è stata, quindi, di creare uno spazio in grado di ospitare queste dimensioni visionarie nascoste e di renderle pubbliche, percorribili, leggibili tridimensionalmente.
Lo Spazio vuole essere un punto di convergenza di traiettorie creative specifiche dell’editoria; non solo grazie a book-installations, ma documentando idee e suggestioni generate dal libro, mettendo in scena gli immaginari che sono confluiti nella pubblicazione o che daranno vita a nuovi progetti editoriali.

LR: Quando si monta fisicamente un libro, al di là della sua impaginazione, è bello poterne immaginare variazioni e differenti soluzioni. Il processo creativo o la possibilità di una sua emersione in una pubblicazione, a differenza di una esposizione, pur essendo alla base del lavoro deve piegarsi al rigore del metodo, pena l’inefficacia dell’insieme. 
La mostra è pensata al contrario, dal libro all’esposizione e non viceversa, e immaginata come estensione del libro o se vogliamo come l’occasione concessa al libro di sognare di diventare una mostra.

ISC: Un’ultima domanda riguardo Spazio Choisi. Quale relazione esiste tra il project space, la libreria e la casa editrice: le loro attività sono collegate o si tratta di uno spazio completamente autonomo nella sua programmazione?

GB: Le attività sono strettamente connesse e allo stesso tempo indipendenti nella programmazione. Ciò che le lega, oltre alla sede al primo piano di via Pelli 13, a Lugano, è la De Pietri – Artphilein Foundation. La fondazione, diretta da Caterina De Pietri, da anni promuove la cultura del libro d’artista in ogni sua forma e sostiene artisti-editori e fotografi internazionali. La libreria Choisi, la project room e la casa editrice Artphilein Editions, hanno una caratteristica comune: una forte dinamicità e tendenza al viaggio, sia reale (per fiere e mostre in Europa) che immaginario, attraverso le proprie pubblicazioni spesso dedicate a terre lontane o confini e orizzonti da osservare da punti di vista diversi.

ISC: Davvero tantissime attività in sinergia tra loro. Ci sono novità all’orizzonte?

GB: Sì, effettivamente ci sarebbe un’anticipazione da fare. A confermare la passione della De Pietri – Artphilein Foundation per l’esplorazione del mondo editoriale e fotografico, una nuova apertura prevista per ottobre 2019: Artphilein Library, una biblioteca di photo books accessibile al pubblico gratuitamente, accanto allo spazio espositivo e alla libreria.

Veduta dell’installazione a Spazio Choisi, Lugano. Courtesy Depart pour l’Images, Francesca Todde e Luca Reffo
Veduta dell’installazione a Spazio Choisi, Lugano. Courtesy Depart pour l’Images, Francesca Todde e Luca Reffo