
Testo di Barbara Ruperti —
“Che “aspetto” hanno la società, la politica e la storia? Dove e in quale modo i parametri su cui poggiano le nostre comunità si manifestano negli ambienti scrupolosamente progettati della quotidianità?” (dal comunicato stampa della mostra)
Con queste domande si apre la mostra personale di Andreas Fogarasi (Vienna, 1977) da Quartz Studio, a Torino. 1978 è il capitolo inedito della serie Nine Buildings, Stripped, che a partire dal 2019 ha condotto l’artista ad affrontare i processi di metamorfosi urbana di diverse città europee. Il nuovo progetto è frutto di una residenza research-based organizzata dallo spazio indipendente sito in via Giulia di Barolo e dedicata alla città di Torino.
La pratica di Andreas Fogarasi opera nell’intersezione tra arte, design, architettura e realtà sociale, prevedendo un confronto diretto con il territorio con il fine di restituire un ritratto materiale delle evoluzioni politiche, economiche, culturali e sociali che lo governano.
Il suo lavoro indaga il concetto di paesaggio urbano come struttura costruita e, per questo, espressione fisica di decisioni amministrative ed evoluzioni sociali. Alla base della ricerca c’è un’esplorazione approfondita e sincronica delle superfici e dei processi che plasmano la città, l’aspetto dei suoi edifici, le funzioni e i valori che essi trasmettono agli abitanti.
Nel farlo, l’artista si muove attraverso il paesaggio con la cautela di un archeologo per raccogliere e interpretare le testimonianze visibili della civiltà che lo ha vissuto. Un approccio che si traduce, il più delle volte, nella profanazione di luoghi abbandonati e nell’appropriazione di “tesori”, frammenti residuali, tracce del passato e di un presente in continuo mutamento.
Questo tipo di analisi ha portato l’artista a sviluppare Nine Buildings, Stripped, una serie ongoing in cui sperimentazione e ricerca sul campo si sposano, di volta in volta, con la specificità dell’ambiente urbano dove va a interagire. L’interesse di Fogarasi si concentra sulle architetture iconiche, che definiscono il carattere di un quartiere o che hanno grande presenza pubblica. Solitamente edifici abbattuti oppure in via di riconversione, da cui “ritaglia” intere sezioni e le rielabora creando dei ritratti astratti delle specifiche condizioni urbane da cui provengono. Le sue sculture si presentano sotto forma di “material packages”, ovvero impacchettamenti di materiali accostati e sovrapposti attraverso un preciso sistema di riordino estetico che ne mette in dialogo le qualità tattili e visive.
In questo senso, l’azione di “spogliamento” a cui allude il titolo, evoca un duplice intervento dell’artista sull’edificio originale: una prima fase di sottrazione e prelievo di frammenti, che costituiscono la sua testimonianza fisica, e, in secondo luogo, la decostruzione e l’esposizione dei diversi strati che si nascondono sotto il suo involucro visibile. In questo modo, spogliando l’edificio della sua “pelle”, l’intervento di Fogarasi fa emergere i segni delle trasformazioni urbane più o meno violente che si nascondono sotto la superficie.
Un procedimento che potrebbe ricordare, in negativo, quello dei carotaggi anarchitettonici di Gordon Matta-Clark, dove però il riordino estetico è parte fondamentale della messa in forma dell’opera finale.
Per la mostra di Quartz Studio Fogarasi ha realizzato cinque sculture a parete, parte della serie sopra citata. Ciò che è emerso dalla ricerca di Fogarasi sul paesaggio urbano di Torino sono degli imballaggi di varie forme e dimensioni, che racchiudono al loro interno diversi strati di materiali trovati, sigillati con fascette metalliche e fissati a parete. Sculture che nell’esito formale rievocano le geometrie della Minimal Art, ma anche oggetti totemici tribali che sembrano sprigionare un’intensa carica di energia.
All’ingresso dello spazio, sulla parete di fondo, si trova una scultura verticale dalla forte presenza magnetica, simile a un misterioso monolite. Si tratta di una trave appartenente alla Cavallerizza Reale, edificio storico non lontano da via Giulia di Barolo che nel 2019 è stato colpito da un incendio doloso che ha distrutto parte della copertura superiore. L’oggetto carbonizzato di un nero intenso sembra irradiare dalla sua superficie tutta la potenza del fuoco che l’ha generato. L’opera, specificatamente dedicata a questo luogo che originariamente ospitava le stalle del re, vuole farsi testimone della sua storia, per evocare i continui processi di distruzione, abbandono e rigenerazione che l’hanno interessato negli anni.
Come spesso accade nelle opere di Fogarasi, la “forma” non solo diventa, così, risultato estetico del processo, ma racchiude tutta una serie di significati simbolici e implicazioni storico-politiche che i materiali portano con sé nella loro composizione e nella loro storia.
Sulle pareti laterali, altre quattro installazioni composte da piastrelle decorate, un reticolo di ferro, una finestra industriale dal vetro retinato appartenente alle Officine Grandi Motori, un’anta di legno, il sedile di un tram e altri materiali provenienti da appartamenti privati, tra cui un’antica carta da parati ceduta all’artista dal noto restauratore torinese Antonio Rava. Le superfici, che appaiono singolarmente come semplici pezzi di scarto, diventano tra le mani di Fogarasi dei tableaux dal forte fascino estetico, che rievocano negli equilibri cromatici e nella linearità delle forme tanta pittura del passato, dalle griglie di Agnes Martin alle opere di altri esponenti della Minimal Art e dell’Espressionismo astratto.
L’ultima opera in mostra è una fotografia del Centro Congressi Regione Piemonte situato su Corso Stati Uniti, originariamente Istituto Federale di Credito Agrario per il Piemonte e la Liguria, costruito su progetto dell’architetto Amedeo Albertini nel 1973. Inizialmente incluso nella ricognizione di Fogarasi, l’edificio è stato abbattuto nel 2022, proprio in concomitanza con l’arrivo dell’artista, per fare spazio a un condominio di lusso. La fotografia, del formato dello smartphone con cui è stata scattata, espone le macerie dell’edificio e rappresenta il suo ultimo e unico ritratto. Sarà disponibile come edizione a supporto dello spazio no profit Quartz Studio.