ATP DIARY

Diana Anselmo – Je vous aime | Fondazione Sandretto Re Rebaudengo

Alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino ha inaugurato Je vous aime, prima mostra personale di Diana Anselmo, artista, attivista e performer Sordo. La mostra a cura di Bernardo Follini costituisce il nuovo capitolo di più ampio progetto avviato nel 2023 con l’omonima lecture-performance che verrà attivata il prossimo 4 maggio in Fondazione in occasione […]

Alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino ha inaugurato Je vous aime, prima mostra personale di Diana Anselmo, artista, attivista e performer Sordo. La mostra a cura di Bernardo Follini costituisce il nuovo capitolo di più ampio progetto avviato nel 2023 con l’omonima lecture-performance che verrà attivata il prossimo 4 maggio in Fondazione in occasione di EXPOSED Torino Foto Festival. Visitabile fino al 13 ottobre. 
Per chi frequenta le mostre, il silenzio è un elemento familiare. Eppure questa volta la prima sala di via Modane è avvolta da una tranquillità decisamente insolita. Molti assistono alla spiegazione di Diana Anselmo, distogliendo lo sguardo solo un secondo per salutare qualche vecchio amico da una parte all’altra della sala. Per la gran parte del pubblico Sordo presente in mostra il silenzio è semplicemente parte di un’esperienza comune che in questa occasione include tutti i presenti. Il canale principale della comunicazione consiste nel corpo e nella sua capacità di scrittura, ed è lì che si soffermano gli sguardi di tutti, sul volto e le mani di Diana Anselmo che disegnano veloci nello spazio, assecondando l’entusiasmo e la concitazione del racconto. Alcuni comprendono la lingua LIS, gli altri ne approfittano per interpretare le immagini che si materializzano per aria nell’attesa di ricevere la traduzione orale.
Nato come esito di una ricerca storica sviluppata in differenti archivi in collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema e a Parigi con l’Institut National des Jeunes Sourds e l’Istituto Italiano di Cultura a Parigi, il progetto espositivo esplora la relazione tra il pre-cinema e la storia di oppressione della comunità Sorda. A partire dal 1880, quando a Milano si riunì un congresso internazionale per stabilire il futuro dell’educazione delle persone Sorde: in quella sede si sancì il primato del sistema oralista e, al grido della sentenza “Viva la parola pura”, si abolirono le lingue dei segni nelle scuole d’europa. In questo quadro storico, nel 1891, a quattro anni dalla première dei fratelli Lumière, Georges Demenÿ realizzò Je Vous Aime, la prima proiezione cronofotografica di sempre. Commissionata dal principale promotore de Le Laboratoire de la Parole – di fatto, un laboratorio dove si sperimentava la “correzione” della sordità direttamente sui corpi dei pazienti – l’opera di Demenÿ era destinata ad addestrare le bambine e i bambini sordi a leggere il labiale e imparare a parlare. 
La storia dell’educazione nelle politiche abiliste del XIX secolo ritorna inequivocabilmente nei lavori di Diana Anselmo, che indagano come le tecnologie di rappresentazione e le pratiche di controllo dei corpi siano da sempre dispositivi condizionati e condizionanti. Attivando una sorta di dialogo trans-storico con l’opera di Demenÿ, Anselmo mostra come l’affermazione del potere abilista e audista si sia compiuto nel segno della costruzione del concetto di “disabilità”. Ma a prescindere dai documenti, sembra evidente che l’obiettivo dell’artista sia quello di dare corpo a un sentimento condiviso materializzando il fantasma di un fenomeno che perdura ancora oggi. 
Attraverso il suo lavoro, Anselmo vuole rendere evidente il carattere egemonico e surrettizio del verbo parlato e, insieme, la possibilità di reinventarlo attraverso il coinvolgimento diretto del corpo non normato e il complesso di segni codificati del LIS.
Se questo concetto si introduce all’ingresso con i quattro monocromi neri dove i segni LIS incisi su carta carbone, tradotti “l’arte Sorda è sempre politica” e “la rabbia Sorda è sempre politica”, assumono un significato intercambiabile, è all’interno della sala che trova piena definizione, attraverso la lettura critica delle testimonianze di medici e educatori.

Il lavoro che Anselmo ha prodotto per lo spazio di Fondazione Sandretto mescola fonti documentarie, immagini d’archivio e articoli di cronaca, insieme a disegni e due opere video che problematizzano l’esperimento di Demenÿ attraverso una sovrascrittura narrativa in visual sign. Le due proiezioni sono inserite in un contenitore che, nell’inscenare l’allestimento museale, con i suoi dispositivi e teche espositive, rielabora il modello espositivo di stampo positivista. Il risultato è una ricostruzione anti-storica degli eventi che, partendo da un’indagine sulle matrici documentali, ne ribalta i risultati ufficiali.

Sebbene il video originale di Demenÿ non sia direttamente visibile in sala, il suo spettro viene evocato nell’interpretazione di Anselmo e Daniel Bongioanni, che con la loro partitura di segni decostruiscono il significato di quelle tre parole, “io vi amo”, per tradurre la loro iniziale ambiguità emotiva da intima a intimidatoria.
Entrambe le opere video si concentrano sul valore espressivo del segno e del gesto, come strumenti attivi in un rapporto di mutuo scambio e supporto alla comunicazione. Anselmo ha desiderato spiegarci nel dettaglio il contenuto delle due opere video che sono inserite all’interno del programma di Exposed.

Il primo video, suddiviso in tre capitoli in cui l’arcata drammaturgica segue il percorso di liberazione della persona sorda dalla prigione terapeutica”. Il soggetto è calato in un contesto clinico fuori dal tempo, dove i due personaggi, medico e paziente, si intrattengono in una lezione dove la bocca appare come principale veicolo di insegnamento, in un rapporto ambivalente fatto di scambio e violenza reciproci. L’uso della lingua LIS coinvolge tutto il corpo, in una sintesi tra segno e gesto che sconfina nel linguaggio del teatro o del cinema muto. 

“Dal primo al secondo atto, il tradizionale esercizio logopedico in cui il medico alterna le proprie mani nella bocca del paziente e viceversa, per mostrare la corretta postura della lingua, si trasforma in una lotta a colpi di arti marziali. Uno scambio fisico inizialmente finalizzato all’educazione, si trasforma in uno spettacolo di cannibalismo, in cui i due protagonisti finiscono col mangiarsi le mani a vicenda”

La seconda proiezione entra più direttamente in dialogo con l’originale opera di Demenÿ, per esasperarne l’impostazione e il contenuto in chiave caricaturale. “La tecnologia del fonoscopio imponeva di illuminare da vicino il volto della persona ritratta, per poter registrare un’immagine nitida. Nella proiezione originale infatti il volto di Demenÿ, accecato dalla luce dello strumento, è paralizzato in una smorfia che ne altera la fisionomia. Ho trovato tutta questa scena talmente raccapricciante e grottesca! Tutto questo per insegnare ai bambini a ripetere tre frasi a pappagallo. Ho voluto restituire al pubblico quella che ai miei occhi appare come una terribile pagliacciata.” Nel video l’artista, comicamente travestito nei panni di un uomo dell’Ottocento, converte il segno LIS per “vi amo”, nell’imitazione del gesto di un burattinaio che muove i fili di una marionetta invisibile.
In un momento in cui all’arte appare difficile fuggire dalla norma, in cui anche le alterità vengono normate per accomodare il gusto dominante, la mostra di Diana Anselmo pone il corpo non conforme al centro di un discorso politico, che evita sentimentalismi ed estetizzazioni. Je vous aime non è solo una mostra su e per la comunità Sorda, ma un progetto artistico corale e militante, che non concede spazio a dubbi o edulcorazioni.

La mostra, insieme a What the Owl Knows di The Otolith Group, fa parte della proposta di Fondazione Sandretto Re Rebaudengo per il programma di EXPOSED Torino Foto Festival. In questa cornice, il 4 maggio alle ore 16:30 verrà presentata l’omonima lecture/performance di Diana Anselmo negli spazi della Fondazione in Via Modane 16.  

Je Vous Aime una performance per gli udenti @MelitiSara