“Adoro Boston, mi piace Miami; credo che Washington sia vivibile; ma Los Angeles è Los Angeles. Non puoi compararla a Parigi o a Londra o a Roma, o ancora a Shanghai. Puoi far emergere interessanti differenze con quelle città, certo, e Los Angeles risulta persino in difetto; ma Los Angeles è comunque Los Angeles.” (da BLDGBLOG di Geo Manaugh)
A Roma, vicino alla Stazione Termini, le stanze di un appartamento dai soffitti affrescati ospitano la mostra “Say ahh…” una collettiva tutta “West coast”, visitabile fino al 23 febbraio. Disegni, stampe, installazioni, neon e sculture invadono di scritte e colori intensi le pareti di Indipendenza, uno degli spazi espositivi più inconsueti e imprevedibili della scena artistica romana.
La mostra, curata da Marta Fontolan, espone le opere di Larry Johnson, Sister Corita Kent e Adam Stamp, tre artisti a confronto che ambiscono a riscrivere la Pop art in chiave “L.A.”.
Attraverso le sensibilità di tre generazioni, come se fossimo nella quintessenza di Los Angeles, la mostra propone uno spaccato della recente cultura californiana, fatta di codici visivi che si nutrono del linguaggio della comunicazione popolare e commerciale, figli dell’estetica pop, ma non solo.
Se pensiamo alla serigrafia la mente corre immediatamente ad Andy Warhol, ma sarebbe opportuno citare anche la meno celebre Sister Corita Kent, suora, insegnante e artista attiva a Los Angeles negli anni Sessanta e Settanta. Fu proprio Sister Kent a influenzare la ricerca di Larry Johnson, classe 1959, a cui l’Hammer Museum dedicò una notevole retrospettiva una decina d’anni fa. I lavori di Johnson nascono da un immaginario personale e utilizzano frammenti di testi provenienti dal contesto pubblicitario, industriale e popolare. È uno stile fatto di riappropriazioni, riscritture e ripetizioni, che guarda anche all’universo dell’illustrazione e del graphic design, senza mai prendersi troppo sul serio.
Una patina superficiale, di leggerezza che, a qualche anno di distanza, porterà fino al trentenne Adam Stamp, il più giovane degli artisti proposti in mostra, per anni assistente di Johnson. Stamp ha realizzato per l’occasione alcuni lavori site-specific, frutto di un periodo di residenza nella città della “dolce vita”. In cappellini da turista, asciugamani d’hotel e corrimano dorati, sovrapponendo segni ed esperienze, il culto americano si fonde così con il mito e la storia italiana più recente.
“Say Ahh…” è un percorso mimetico in cui lo spazio, nel susseguirsi delle sale, diventa elemento di raccordo per le opere, quasi come se ci trovassimo in una sontuosa cornice neoclassica per tante fotografie di una stessa famiglia, scattate a qualche anno di distanza l’una dall’altra.
In una delle ultime stanze un neon verde a intermittenza non esige risposte, ma pronuncia la sua complice sentenza: Live and Die, Live and Die.
Say Ahh…
a cura di Marta Fontolan
Fino al 23 febbraio 2019
Indipendenza