ENTR~ACTE – Galleria Renata Fabbri, Milano | Intervista a Chiara Guidi

"Entr’acte si struttura come un assurdo e stravagante balletto di personaggi e situazioni grottesche, in cui il rutilare di immagini, assieme al montaggio ludico e sperimentale, vogliono stimolare e indurre la libera associazione di idee e sensazioni estetiche."
17 Maggio 2021
Entr~Acte, 2021, installation view. Da sinistra a destra: Giacomo Montanelli, “Notte dei tempi”; Jimmy Milani, “Nato per fuggire”; Ambra Castagnetti, “BALALAIKA”; Ludovica Anversa, “Abbracciando la tua ombra le mie ossa si inarcavano come fiori (I)”, Fotografia di Andrea Cenetiempo
Giacomo Montanelli, “Notte dei tempi”, 2021, dettaglio. Fotografia di Andrea Cenetiempo

ENTR~ACTE è la collettiva di giovanissimi artisti curata dalla galleria Renata Fabbri, con il contributo critico di Chiara Guidi, dove: « la coralità delle opere in mostra – per la maggior parte inedite e pensate in dialogo con il luogo nel quale si inseriscono – conferma il desiderio della galleria di sostenere i molteplici linguaggi dell’arte contemporanea, aprendosi al confronto con giovani artisti e ponendosi come luogo di sperimentazione e osservazione delle esigenze contemporanee.» (Estratto da comunicato stampa della mostra)
In mostra sono presenti le opere di:  Ludovica Anversa, Federico Cantale, Ambra Castagnetti, Francesco Maluta, Andrea Martinucci, Jimmy Milani, Giacomo Montanelli, Ludovico Orombelli, Francesco Pacelli, Ottavia Plazza e  Adelisa Selimbašić.

Alcune domande a Chiara Guidi —

Simona Squadrito: Il progetto curatoriale di ENTR~ACTE si ispira, come bene spieghi nel testo critico, all’omonimo film dadaista di René Clair.  Questa citazione è un espediente curatoriale per facilitare la selezione delle opere, oppure grazie a questa suggestione, questo “non-sense concettuale”,  vuoi suggerirci qualcosa di più profondo ? 

Chiara Guidi:  Come hai visto nella sua stesura scritta, ho sostituito l’apostrofo, con il grafema della tilde, proprio per differenziare dall’omonimo film dada, pur rendendogli un esplicito omaggio, rivolgendosi soprattutto all’esprit de Picabia ovvero, al sua senso di improvvisazione pre lettrista da “sabato sera da Chez Maxime: perché nell’improvvisazione da intermezzo, c’è la trama in  filigrana di questa collettiva. Erik Satie, in “Quaderno di un Mammifero” aveva ben annodato questa istantanea ispirazione di Picabia. Il suggerimento è piccolo ma è manifesto, e risiede proprio questa dichiarata radice storica. 

S.S: Nel tuo testo insisti molto su fatto che le opere in mostra “non si frequentano nelle assonanze” e “non si appartengono”. Eppure tra alcune di queste, le assonanze anche formali  e il gioco di rimandi è molto forte. Mi riferisco nello specifico a Nato per fuggire di Jymmi Milani, Notte dei tempi di Giacomo Montanelli e il gruppo scultoreo Secondo tentativo di immersione o la piscina di Federico Cantale. Non trovi che sia così? 

C.G: Si, si ho insistito su questa mancanze di “assonanze” perché oltre ad essere così, desideravo che Satie e, Picabia, si trovassero a loro agio nell’essere stati chiamati a supportare questo progetto. Oltre al fatto che è una mia precisa pratica di questi anni, quella di lavorare su questo principio che costringe a scardinare quelle linee di comuni denominatori che appannano ogni radicalità. Ovviamente la tua osservazione è molto corretta. Infatti Jimmy Milani, Giacomo Montanelli,  Federico Cantale sono un piccolo caso, un caso a parte perché è voluto e, istituito dalla loro stessa frequentazione. Da studenti, ma soprattutto da autentici cospiratori shandysti, hanno fatto il giuramento: “NOI PER SEMPRE”, con la foto testamento di loro tre seduti in sella dello scooter nelle vie di Milano al tramonto, quindi il loro è un legame da fratellanza artistica, pur cavalcando fedelmente la stessa sella, restano linguisticamente dissonanti.  

Adelisa Selimbasic, “Le Bagnanti” , 2021, Fotografia di Andrea Cenetiempo
Ambra Castagnetti, “BALALAIKA”, 2021. Fotografia di Andrea Cenetiempo
Entr~Acte, 2021, installation view. Da sinistra a destra: Andrea Martinucci, “Turbomondi (tentativo di presa)”, Francesco Maluta, “Non chi comincia ma quel che persevera”, 2021; Francesco Pacelli, “I wonder who you were when you weren’t there”, 2019. Fotografia di Andrea Cenetiempo

S.S: Si fa strada nel mondo della pittura la giovanissima Adelisa Selimbašić, attualmente in residenza in Via Farini. Ad accogliere il visitatore della mostra è proprio il suo grande dipinto  Le Bagnanti, che vagamente ricorda le atmosfere di Alex Katz, di alcuni dipinti di Peter Doing e della prospettive fotografiche evidente simile a quelle usate da Luc Tuymans. Qual è la tua lettura della pittura di Adelisa Selimbašić? 

C.G: Le Bagnanti di Adelisa, sono iconograficamente un soggetto della grande pittura che da Courbet, a Renoir, da Monet a Cezanne che ne ha realizzato un intero ciclo, da Picasso a Braque, da Matisse e Moore, hanno portato il nudo en plein air, esaltando l’innovativa plasticità del corpo femminile che finalmente “respira” concertandosi con gli altri, tingendosi delle nuove palette, affrancando così un determinante capitolo nuovo dell’arte moderna. E, questa scelta del grande formato che ha fatto Adelisa per questo tema, la ritengo una dichiarata affermazione dell’importanza del tema che ha affrontato. La pittura che tu sensibilmente hai  ben focalizzato nelle atmosfere evocative,  io trovo la lettura della sua pittura nel progetto espositivo di Palazzo Grassi, Luc Tuymas “La Pelle”. Infatti le pose libere dei soggetti di Adelisa, vivono di quella luce che le pose assunte dai soggetti, esaltano le cromie dei corpi,  una grande letture epidermica delle differenze, per ritrattistiche inedite.

S.S:  Notte dei tempi di Giacomo Montanelli è l’opera che mi ha più sorpresa. Si tratta di un lavoro inedito e formalmente diverso dalla ricerca a cui siamo abituati quando pensiamo alla pratica di Montanelli. Il mio punto di vista rispetto a questo lavoro, che trovo intimo e poetico,  è decisamente  positivo. Potresti raccontarmi qualcosa di più su quest’opera?

C.G:  Notte dei tempi è un semplice plinto, un basamento che oltre ad essere un display diventa contenitore, proprio come un comodino che vicino a noi, la notte, è sempre pronto a sostenere qualcosa che ci può tornare utile a custodire qualcosa di prezioso. Le forme che contiene, sono rivisitazioni di conchiglie dell’epoca di Pilocene che Giacomo ha trovato vicino alla sua casa, fossili che ha ridisegnato ripensando a un passato. Sono divenuti nuovi design di fossili, assieme al tappo della bic, ancora pronti a contenere un futuro. La forma accoglie atti narrativi, ma non aggiunge niente alla strutture. Notte dei tempi è qualcosa di molto antico e, contemporaneamente è attuale, una forma che ospita nuove forme.

S.S: Tra tutti gli artisti in mostra, mi sembra che la ricerca formalmente più matura sia quella di Federico Cantale, che espone in questa mostra un gruppo scultoreo: una grande luna seducente e un piccolo sole che tramonta. Cosa puoi dirmi sulla poetica di Cantale e soprattutto su quest’opera? 

C.G: Federico Cantale con questo suo piccolo monumento dell’attimo, attimo dedicato agli amanti, con questo gruppo di elementi, dove mi piace risponderti con dei semplici  # per cercare di definirne la sua ricerca. #ilprogettodellasculturaimplode, #labellezzanasceinprovincia, #metafisicoquotidano, #ognilavorohaduepuntiperunalinea, #sex,  #superficiplayboy 

S.S: Una cosa che mi ha parecchio incuriosita, leggendo il foglio di sala della mostra  è una breve e insolita citazione: “A Bifo” di Chiara Guidi. Mi potresti spiegare il perché di questa citazione che sembra una dedica al filosofo bolognese? Che collegamento vi è tra Bifo e  ENTR~ACTE?

C.G: Mi fa particolarmente piacere sapere che ti ha colpito la mia dedica “ A Bifo”, e, ti ringrazio Simona, perché è non solo una dedica al filosofo di cui sento l’assenza, ma proprio per ricordare e, perseverare nel suo libro testamento: Con gli occhi della Tigre, dove io ho ritrovato una linea guida per tracciare un valido principio selettivo. La validità della filosofia oggi deve possedere il vitale, l’epica, l’eroica e il sentimentale, dove per creare bisogna imparare, e che svela l’importanza di rinnovare la creazione. In questa mostra ho cercato di rintracciare opere che avessero “gli occhi della tigre” ovvero che avessero proprietà uniche e che “riscaldano, che appassionano, che agiscano da richiamo, che illuminano la notte”.

Simona Squadrito: ENTR~ACTE è la prima mostra che curi dopo parecchio tempo. Cosa ti ha motivato ad organizzarla? 

C.G: Le urgenze pandemiche si sono fatte strette e, le opere di questo periodo impongono visibilità immediate, non solo per gli artisti, ma anche per noi perché sollecitano le energie e, sprigionano quell’intensità che ci riallinea alla velocità dell’istante che avevamo congelato.

Ottavia Plazza. Ferguson nel quadro, 2021, olio su tela, 180 x 130 cm. Fotografia di Andrea Cenetiempo
Entr~Acte, 2021 installation view. Davanti: Federico Cantale, “Secondo tentativo di immersione o la piscina”; Andrea Martinucci, Turbomondi (balletto su Sonata n. 6 Vivace), 2020. Fotografia di Andrea Cenetiempo
Entr~Acte, 2021, installation view. Da sinistra a destra: Andrea Martinucci, “Turbomondi (tentativo di presa)”, 2020; Ludovica Anversa, “Abbracciando la tua ombra le mie ossa si inarcavano come fiori (I)”, 2020. Fotografia di Andrea Cenetiempo
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