Ho conosciuto Claudio nel 2000 mentre stava lavorando al progetto Sun WU-Kung – gruppo di sperimentazione audiovisuale fondato insieme a Painè Cuadrelli nel 1999, aperto successivamente ad altre collaborazioni e attivo fino al 2002 – una delle esperienze di punta precorritrici del vjing in Italia. Da allora ho sempre seguito il suo lavoro: videoartista, vj, performer, regista graphic designer: la personalità e l’ampio raggio di interessi di Sinatti hanno sempre reso impossibile classificarlo sotto un’etichetta univoca. Era un esploratore che sconfinava regolarmente gli ambiti disciplinari, nutrendosi di scambi e operando sempre in territori di confine tra la videoarte, l’entertaiment, il cinema sperimentale – d’animazione e non – incrociato con la musica. Nel suo curriculum numerose esperienze: vj e fondatore di Sun Wu-Kung, regista di videoclip per – tra gli altri – Casino Royale, Articolo 31, Jestofunk, Painè, La Famiglia, 99 Posse, Montefiori Cocktail. Numerose le sue collaborazioni tra cui ricordiamo con Ludovico Einaudi, Riccardo Arena, Fennesz, Motus, Kinkaleri, solo per citarne alcuni.
Una creatività in espansione che ha regalato molto, anche in termini di disponibilità, apertura, partecipazione e sostegno ai più giovani. A fianco ai live media, Sinatti già dal 2000 lavorava con il video in termini di maggiore autonomia, a partire dal bellissimo Gardening – firmato sotto lo pseudonimo di CROP insieme con Sergio Messina, che ne ha composto la musica – una videoinstallazione sonora che rappresenta un paesaggio artificiale, realizzato mixando le immagini fisse di diversi panorami che si fondono senza soluzione di continuità in un territorio immaginario che si trasforma morfologicamente sotto nostri occhi dalla montagna al mare, a cui corrisponde, come una eco, la complessa elaborazione sonora. O anche A Shaved Mint (2007) un collage visivo che ricompone in un insieme inedito e antinarrativo i frame del celebre film Nevada Smith girato nel 1966 da Henry Hathaway e ancora Canzone di sabbia, di carattere autobiografico, videoanimazione 3D musicata da Lagash (Marlene Kuntz). Insieme a questi video, nella mostra al Museo del Novecento è presentata un’inedita selezione di ventisette fotografie datate tra 2012 e il 2013. Sono immagini delle città che Claudio ha visitato in quest’arco di tempo, realizzate con la tecnica dello slit-scan: si tratta di riprese in movimento con un’esposizione prolungata, elaborate digitalmente. Qui la fotografia diventa una ricerca autonoma, che sembra voler fermare nella bidimensionalità lo svolgimento dell’immagine elettronica nel tempo, in una virtuale unità di visione.
Ma queste fotografie, che portano nei titoli il luogo, la data e l’ora della loro creazione, non hanno un’intenzione descrittiva – le città sono di fatto quasi irriconoscibili se non nei dettagli di alcuni scatti – ma bensì di condivisione empatica. Tempo e spazio che si condensano in un’immagine attraverso impressioni sfuggenti, legate al vissuto personale, all’idea del transito e del passaggio, a ricordi volubili come un panorama visto fuori dal finestrino di un treno o di una macchina in corsa. È una sorta di diario che Claudio che ha voluto regalarci, insieme all’eredità creativa dei suoi lavori, ma è anche la metafora che ha scelto per raccontare la sua concezione della vita e della sua transitorietà.
Claudio Sinatti — SLITSCAPE
Museo del Novecento, Milano — Fino al 4 settembre 2016
