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Casting the Castle, pratiche performative di attraversamento del castello

[nemus_slider id=”76572″]  — Casting the Castle è il titolo del doppio progetto curato da Saverio Verini negli spazi della Fondazione Civitella Ranieri che, a partire dal 1995, ospita una residenza per artisti visivi, compositori e scrittori all’interno dello splendido Castello Ranieri, situato su una collina a metà strada fra Perugia e Città di Castello. La […]

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Casting the Castle è il titolo del doppio progetto curato da Saverio Verini negli spazi della Fondazione Civitella Ranieri che, a partire dal 1995, ospita una residenza per artisti visivi, compositori e scrittori all’interno dello splendido Castello Ranieri, situato su una collina a metà strada fra Perugia e Città di Castello.
La peculiarità del programma che negli anni ha ospitato, anche simultaneamente, alcuni tra i più influenti artisti del nostro tempo, è l’assenza di qualunque obbligo di produzione. Nonostante questo molti dei soggetti invitati hanno scelto di realizzare e donare opere alla Fondazione, andando lentamente a costruire una collezione prestigiosa e multiforme.
Casting the Caste risponde proprio alla volontà di restituire allo sguardo e alla percezione del pubblico questo piccolo patrimonio di opere, offrendo al contempo un’esperienza di attraversamento del luogo che ne ha ispirato e permesso la produzione. Ecco allora che disseminate con cura fra i giardini e le sale del castello appaiono, tra le altre, opere di Guilherme Neumann, Carl D’Alvia, Ernesto Ballesteros, Mark Dion, Taus Makhacheva, William Kentridge e Dan Perjovschi.
Tale processo di attraversamento del castello trova il suo raddoppiamento in una curiosa performance di Roberto Fassone dal titolo Una di queste storie è vera. L’artista assumendo l’identità di Glotto Fortebraccio, un immaginario assistente coordinatore del programma di residenza, e vestendone i panni con tanto di cappello, maglietta e cartellina portadocumenti, accompagna il pubblico in una visita guidata del castello e dei suoi giardini. Fassone distribuisce un biglietto da visita recante da un lato i recapiti di Glotto Fortebraccio e dall’altro i titoli delle tredici storie raccontate nel corso della performance; come dichiarato esplicitamente solo una di esse è interamente vera. Che si tratti della statua di Ruggero Cane, capitano di ventura e importante membro della casata Civitella Ranieri, la cui testa mozzata da un fulmine ritraeva proprio le fattezze di un cane, oppure del racconto secondo il quale il castello, poiché abitato dai giganti, fosse un tempo tra i più alti d’Europa, non ci è dato sapere quale di esse sia vera.

Civitella Ranieri 2018
Civitella Ranieri 2018
Carl D'Alvia Senza titolo 2009 - Civitella Ranieri 2018
Carl D’Alvia Senza titolo 2009 – Civitella Ranieri 2018

L’artista racconta e descrive con l’impeccabile professionalità di una guida certificata, istituendo un rapporto incredibilmente produttivo e divertente tra un regime di realtà e uno speculare regime di finzione – facendo non a caso di Andy Kaufman uno dei riferimenti fondamentali di tale pratica performativa. Con l’avanzare della visita e il progressivo sovrapporsi delle storie l’azione inizia a caricarsi di elementi vagamente surreali, stranianti o grotteschi, come la breve epifania di un trampoliere o quella di Jeff, un distinto signore della zona, che appare nella biblioteca quale silenziosa presenza fantasma oppure come una voce fuoricampo che, gridando “bugiardo”, sottolinea il registro fittizio dell’intera narrazione.
La performance riesce a intrattenere e divertire il pubblico facendo ricorso a strumenti incredibilmente semplici e anti-spettacolari: la voce e il corpo dell’artista, un vecchio stereo, un telo colorato, e così via. Forse il motivo di maggior interesse dell’azione risiede proprio nella sua capacità di interagire con un ampio spettro di emozioni, affetti e reazioni del pubblico: il senso di fiducia, indotto dalla profonda confidenza e credibilità di Fassone, così come una speculare coscienza della natura fittizia dell’intero racconto; il divertimento unito al senso di sottile imbarazzo che sorge quando, giunti in una sala contenente un grande albero genealogico, l’artista riproduce e balla un frammento di Family Tree dei Kings Of Leon; o ancora la paradossale condivisione di un segreto, azione con con la quale si conclude la performance quando Fassone, individuato un membro del pubblico degno di fiducia, dona una busta contenente “il segreto del giardino segreto” a patto che esso non venga condiviso con il resto dei componenti del gruppo.

Mark Dion A collection of artifacts 1996 - Civitella Ranieri 2018
Mark Dion A collection of artifacts 1996 – Civitella Ranieri 2018
Roberto Fassone, Una di queste storie è vera (Castello di Civitella Ranieri), 2018 - performance © Marco Giugliarelli for Civitella Ranieri Foundation
Roberto Fassone, Una di queste storie è vera (Castello di Civitella Ranieri), 2018 – performance © Marco Giugliarelli for Civitella Ranieri Foundation
Roberto Fassone, Una di queste storie è vera (Castello di Civitella Ranieri), 2018 - performance © Marco Giugliarelli for Civitella Ranieri Foundation
Roberto Fassone, Una di queste storie è vera (Castello di Civitella Ranieri), 2018 – performance © Marco Giugliarelli for Civitella Ranieri Foundation