ATP DIARY

Silvia Bächli, Ana Mendieta, Nazgol Ansarinia | Galleria Raffella Cortese

Nella mostra dedicata ad Anna Mendieta sono presentati una serie di disegni il libro di litografie Duetto Pietre Foglie, realizzati durante il suo soggiorno romano, tra il 1983 e il 1985 e un taccuino di schizzi del 1981. La ricerca...

Nella mostra dedicata ad Anna Mendieta sono presentati una serie di disegni il libro di litografie Duetto Pietre Foglie, realizzati durante il suo soggiorno romano, tra il 1983 e il 1985 e un taccuino di schizzi del 1981. La ricerca dell’artista cubana – ma naturalizzata americana, trasferitasi ancora ragazzina negli Stati Uniti come rifugiata due anni dopo la rivoluzione castrista – inizialmente influenzata dalla Body Art, è legata alla performance e all’attivismo sociale ma, dopo il ritorno a Cuba nel 1980, si rivolge alla natura – su cui convergono suggestioni della Land Art – e alla cultura d’origine. In questi lavori recupera l’inscindibile legame con la terra e, in quanto donna generatrice e partecipe della forza cosmica, con il ciclo vitale. Mendieta lascia impronte del proprio corpo sul terreno, quasi un rito magico con valenze propiziatorie di comunione con la natura e di appropriazione rituale dell’ambiente. Sono silueta, profili che diventano un mantra segnico trasposto in sculture – realizzate per lo più con materiali effimeri come foglie, pietre, piume, sabbia – e disegni: stilizzazioni del corpo che ricordano forme organiche ma anche profili delle divinità femminili primitive dei culti antichi afro-cubani e della santeria. Nel suo lavoro dell’ultimo periodo la relazione con la natura riveste un ruolo fondamentale così come quella con la cultura di appartenenza, finalmente recuperata, che ripropone il tema dell’emigrazione e dell’integrazione. La morte precoce, in circostanze misteriose nel 1985, lascia un’eredità che a distanza di anni risulta ancora attuale.

Il rapporto con il proprio paese d’origine e le sue contraddizioni è al centro anche della ricerca di Nazgol Ansarinia. L’artista riflette su problemi e contraddizioni della vita in Iran, con una decisa valenza critica e sociale risolta in lavori di grande raffinatezza formale che riprendono, in chiave attuale, alcuni stilemi della tradizione artistica locale come i pattern geometrici delle decorazioni murali o dei tappeti. In mostra alcuni collage della serie Reflection/Refraction in cui la seduzione dell’armonia, del ritmo e della simmetria grafica percepibili a un primo sguardo, attirano l’attenzione verso le figure frammentate e sdoppiate – come se fossero viste attraverso uno specchio – in cui sono riconoscibili riferimenti alla realtà iraniana. La distorsione dell’immagine non è casuale, sottolinea infatti il potere mistificante della comunicazione dominante. Insieme ai collage, una scultura della serie Pillars: una grande colonna sezionata rivela, al suo interno, delle iscrizioni che riportano alcuni articoli della Costituzione iraniana spostando l’attenzione sulla condizione socio-economica del paese. L’interesse per le forme dell’architettura, come linguaggio del potere, è evidente anche in Membrane, mappatura in 3D di un muro rimasto dopo la demolizione di uno stabile che, come un intonaco strappato, testimonia l’azione di ricostruzione urbana di Teheran che apre scenari di gentrificazione e riorganizzazione abitativa, sfruttamento del lavoro e del suolo.

Silvia Bächli, svizzera, lavora in direzione opposta, concentrandosi sullo specifico pittorico. L’artista porta avanti una coerente indagine sulle possibilità e i limiti della linearità, studiando le possibilità del rapporto segno-superficie. Un alfabeto segnico non narrativo fatto di direzioni e incroci, stesure più o meno dense di colore che si affiancano o sovrappongono l’una all’altra. Una pratica che descrive analiticamente il suo farsi e rimanda alla stagione concettuale, ma con una sensibilità cromatica delicata, femminile nell’uso del gouache e del pastello su carta nelle recenti opere qui esposte. Questa serie nasce da una suggestione letteraria: il titolo della mostra It [in originale Det] riprende quello della raccolta poetica della scrittrice e poetessa danese Inger Christensen, da cui l’artista trae spesso ispirazione per i suoi lavori, entrambe attratte dalla ricerca di una purezza e rigore formale.

Le mostre sono visitabili fino all’11 marzo.

Galleria Raffaella Cortese

Ana Mendieta,   Galleria Raffaella Cortese,   via Stradella 1,   Milano Courtesy: Galleria Raffaella Cortese,   Milano and Estate of Ana Mendieta Photo: Lorenzo Palmieri
Ana Mendieta, Galleria Raffaella Cortese, via Stradella 1, Milano Courtesy: Galleria Raffaella Cortese, Milano and Estate of Ana Mendieta Photo: Lorenzo Palmieri
Nazgol Ansarinia,   Paper trail,   Galleria Raffaella Cortese,   via Stradella 4,   Milano Courtesy: the Artist and Galleria Raffaella Cortese,   Milano Photo: Lorenzo Palmieri
Nazgol Ansarinia, Paper trail, Galleria Raffaella Cortese, via Stradella 4, Milano Courtesy: the Artist and Galleria Raffaella Cortese, Milano Photo: Lorenzo Palmieri
Silvia Bächli,   Avanti. Diventa,   Galleria Raffaella Cortese,   via Stradella 7,   Milano Courtesy: the Artist and Galleria Raffaella Cortese,   Milano Photo: Lorenzo Palmieri
Silvia Bächli, Avanti. Diventa, Galleria Raffaella Cortese, via Stradella 7, Milano Courtesy: the Artist and Galleria Raffaella Cortese, Milano Photo: Lorenzo Palmieri
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